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Alessandro Nelson

About Me

CON UNA STRADA DI MEMORIA DAVANTI
Alessandro Nelson Garofalo
NAPOLI,Venerdi 16 giugno 1999
Parto sempre di venerdi.Mi piace l’aria di questo giorno,sembra sempre che stia nascendo qualcosa dalle macerie di quel che è stato.E sento odore di buono,di appena nato,che mi spinge a spostarmi. In effetti quello che nel viaggio mi interessa di più non è il luogo che andrò a visitare,ma il fatto in sé di spostamento.E’ nel momento stesso dello spostamento che sento il motore del mio cervello mettersi in azione alla ricerca di qualcosa di smarrito,nel sospetto insistente che da qualche parte deve pur continuare ad esistere.E per riuscire nella ricerca di qualcosa di cosi prezioso è sempre meglio lasciarsi guidare dall’istinto di Venere,che sarà sempre più comprensiva di Marte o Giove se All’inizio non troverò niente.E all’inizio di un viaggio non trovi quasi mai niente,raccogli solo dati.Per questo è di venerdi che parto,come quel 16 giugno del 99’,da Napoli,da dove è sempre difficile partire,all’Habana,da dove non si ritorna quasi mai veramente. A Napoli ci sono nato,e per convincermi a lasciarla anche per un breve periodo di tempo mi ci sono Dovuto abituare con un lavoro di autoipnosi.Perchè c’è una forza centripeta nel mare di Napoli che spinge a trattenersi.Non è come gli altri mari,generosi e lusinghieri nei confronti del viaggiatore,promettendogli l’illusione di nuovi porti,amori,fortuna.Il mare di Napoli ti sussurra in dialetto ogni giorno che più belli di lui non ce ne sono,che non sarà grande la fortuna che troverai,ed alla fine riesce quasi a convincerti.E’ un lavoro scorretto che un mare non dovrebbe fare mai,e alla cui forza bisogna sottrarsi ribellandosi.Oppure spiegandoglielo dolcemente,in dialetto anche tu,cosi che capisca,perché poi una volta partito avrai bisogno ancora di lui. All’Habana c’ero già stato molte volte,ma mai per cercare una donna che mi aveva lasciato. Questa volta si.Mi aveva lasciato ed era tornata a casa,a Cuba. Cercare Anelis è stata una delle cose più difficili che mi sia mai messo a fare nella vita.Perchè Anelis è di Guantamo e la gente di quelle parti sa che cos’è la libertà.Perchè non ce l’ha. E la sfrutta in tutti i modi possibili ogni volta che ne sente l’odore,se la divora troppo presto ogni volta e quando il piatto finisce si dispiace sempre un po’.Ma mentre la consuma non si accorge che sta per finire. Arrivai all’Habana e Venere mi aveva già regalato sei ore in più del suo giorno.Lo sapevo,Venere è generosa.All’aeroporto noleggiai la macchina che mi avrebbe accompagnato per tutta la settimana,e per sentirmi meno solo ne scelsi una piuttosto piccola.La porsche non ce l’avevano.Ci fosse stata ne avrei noleggiata una vecchissima,di quelle che fanno rumore come se avessero la tosse dei fumatori accaniti.Bella e vecchia come l’Habana,fumatrice come una cubana Di 80 anni.Come Martha,la mia padrona di casa sul Malecòn.Il lungomare dell’Habana.Lo zio decaduto di quello di Napoli.A lui devi parlare in cubano,stretto accento occidentale,ma per il resto non fa altro che ripeterti di andare via.Verso porti più floridi dove il rum costa caro ma almeno puoi sceglierne la marca.Appena Martha mi vide si illuminò nello sguardo: -?Mi hijo que tal?- ?Que haces aqui?- In pratica Martha è mia madre. E si prende cura di me anche se non ne ho bisogno,come solo le madri possono fare. Le spiegai con rammarico che non potevo trattenermi e che ero in viaggio per cercare Anelis. Le domandai se l’avesse vista.Lei sapeva già tutto,come solo una madre può,e si intristi nello sguardo per gli occhi appannati di un leggero dolore. -Me dijeron que alguien la encontrò en la Habana la semana pasada.Se fue para la enteriora- Il cubano dell’Habana con l’espressione Enteriora intende dire il resto del paese che non sia L’Habana.Letteralmente significa le viscere.Il cubano quindi ha una visione del proprio paese Come se fosse un corpo.L’Havana è la testa,e il resto il del corpo è verso oriente.Io dovevo scivolare via sulle spalle con una piccola macchina che non era una Porsche per cercare una donna che probabilmente era già sulle dita dei piedi.E venerdi era già scivolato via,prima di me,precedendomi sulle spalle dell’intero corpo del tempo.L’HABANA,Sabato 17 giugno 1999Avevo dormito pochissimo,E Martha mi svegliò col suo caffè,Il cubita.Il miglior caffè che abbia bevuto nel mondo dopo quello italiano.In macchina percorrevo le strade rotte dell’Habana ripensando a quello che la mamma cubana mi aveva detto mentre raccoglievo le mie cose.Mi aveva visto cambiato.Non riconosceva nei gesti quel che in me aveva trovato quando ci eravamo conosciuti,6 anni prima.Mi trovava smarrito,senza la fantasia che l’aveva prima incuriosita,poi insospettita,e che aveva finito col farla innamorare di questo figlio non suo.Cosa stavo cercando allora? Qual’era la cosa più importante da trovare? Anelis o cosa? Attraversai le strade dell’Habana sbagliando ripetutamente le corsie,probabilmente per una non manifesta volontà di non abbandonarla realmente.Quella città ha una forza decadente che è devastante,lasciva,e che ti penetra soave sotto la pelle distratta.Lasciarsi sedurre dall’Habana,durante le fasi del tramonto,è una delle cose più pericolose che una persona possa mettersi a fare nella vita.Bisognerebbe legarsi a un albero con gli occhi bendati,come Ulisse.E come Ulisse ignorare queste sirene e trovare la strada giusta per l’Autopista.Che ti porterà a Cienfuegos,e poi a Trinidad ,a Santiago De Cuba e.. ,Si Dios quiere,O Inshalla come direbbero in Pakistan,a Guantanamo.Dove sempre col consenso di Dio ci sarà Anelis,bella com’è,ad aspettarmi mentre da una festa con una gara di tiro con L’arco,tiro veloce uno a testa e chi centra il bersaglio se la prende per tutta la vita.Io contro i Guantanameri.Gente di Libertà.Ossi duri. Sull’Autopista che porta verso le viscere ci trovi di tutto.Tecnicamente è un autostrada,ma questo è un concetto occidentale che li diventa puramente teorico.Doppio senso di circolazione costante,carretti trainati da cavalli-asini che trasportano sorridenti contadini che salutano sollevando il sombrero,ventitori di frutta,formaggio,collane d’aglio di cui ne basterebbe una ad annientare una generazione intera di Vampiri,e giocatori di Domino ai bordi della strada.In genere io compro un mango.O una Guayaba,amarissimo frutto tropicale che mi ostino a mangiare probabilmente per un retaggio di cultura cattolica,al fine di espiare le mie colpe dimenticate.E lo divido in sosta mentre chiedo di assistere ad una partita di domino.Mi affascina il modo di giocare che hanno i cubani.Sembrano bambini.Non hanno stile nella sconfitta.Non hanno la cultura della sconfitta.Del resto la rivoluzione l’hanno vinta,vaffanculo!Almeno questo. Anche Quel sabato mi avvicinai al tavolino del domino offrendo in cambio la mia Guayaba fresca. Il leader del gruppo,Fidelito,mi fece cenno di benvenuto porgendomi un chilometrico sigaro contadino,e un gocco di rum sfuso di botte.Il sigaro si deve bagnare nel rum prima di essere acceso,e questo nel resto del mondo lo conoscono in pochi.Gli altri tre partecipanti avevano dei soprannomi che mi servivano per capirne le caratteristiche senza nessuno sforzo.C’era “El Loco”:Il matto,El Gordito:Il grassone e El Taccagno:L’avaro.Tipica tipologia di partecipanti ad un incontro di domino il sabato pomeriggio sull’autostrada.Non ho mai capito come si gioca in realtà,perché sono troppo concentrato a registrare le reazioni emotive dei partecipanti.Il Cubano convinto di avere in mano un pezzo decisivo ai fini della vittoria lo tira sul tavolo con un forza decisa che scuote di umiliazione la psicologia dell’avversario.Mi ricorda il modo di mettere la carta sul tavolino che hanno a Napoli gli anziani che giocano nei giardinetti.In quel rumore di frusta che assume la carta quando incontra il tavolo c’è il riscatto di tutta una serie di sofferenze.C’è la ribellione alla vecchiaia,alla sconfitta,alla pensione che non basta,al Napoli che perde con l’Avellino. Fidelito tirò con decisione il suo 6 e El loco incominciò a dare prova del motivo del suo soprannome.Per spiegarla in Italiano incominciò ad Accusare Fidelito di avere più fortuna di Gastone,di essere più antipatico di Sgarbi e di essere anche un uomo molto cattivo.Più cattivo di Bush padre e figlio assommati in una sola persona. -Y tu muyer una noche la pasò conmigo- E una volta sono stato con tua moglie. Fidelito mi guardò come per chiedere conferma del fatto che queste parole fossero reali,ed io mi tracannai il rum un po’ spaventato. Poi si girò verso el Taccagno,che soavemente,come solo un cubano può fare,disse -Con mi tambien- Anche con me. Io mi alzai e salutai il grassone,l’unico che continuava a mangiare la guayaba senza prestare attenzione alla vicenda. E saltai in macchina.Andavo a Cienfuegos.MANCHESTER,Domenica 13 marzo 1995A cuba era sempre sabato,nel 1999 ed io stavo percorrendo l’Autopista,per la prima volta da solo, ascoltando la musica dei miei cubani preferiti.Ibrahim Ferrer,Compay segundo,I buena Vista. E in quel momento ripensai al mio incontro con Anelis,a quanto mi era sembrato facile e naturale il nostro incontro e a tutte le complicazioni che sono nate di li a poco e che hanno contraddistinto il nostro rapporto.Incomiciai un viaggio nel viaggio.Un giro veloce nella memoria. E li capìì che era inutile fare tanto sforzo per dimostrare a me stesso di essere cambiato,di non essere più una canaglia.Io sono cattivo.Una volta,per esempio,non le ho fatto un regalo.Ero da due settimane e qualche giorno in viaggio per i paesi britannici e lei non era con me. In ogni città più o meno importante mi sentivo fortemente attratto dalle videoteche.La mia stralunata presenza Era stata registrata dalle telecamere di almeno venti negozi pieni film perfettamente ordinati,videogiochi,poster di calciatori ,patatine e stronzate varie,ma non avevo mai noleggiato o tantomeno comprato una sola delle cose che avevo visto.Probabilmente mi piaceva scoprire per la prima volta che molte delle pellicole mi erano state care avessero dei titoli completamente diversi da quelli che conoscevo,significati diversi,a volte addirittura contrari..mi piaceva ma mi sentivo ingannato:non puoi darmi dei titoli differenti,mi porti su una strada sbagliata,mi fai credere cose che non esistono..e se lo scopro poi mi sento ingannato ed entro in tutte le videoteche che vedo per capire se ci sono nuovi tradimenti,burlose manipolazioni,con quali spiritose menzogne sei stato capace di raggelarmi ancora.Mi soffermavo spesso su:When Harry met Sally” Che io conoscevo come “Harry ti presento Sally”. L’avevamo visto insieme,Anelis ed io,e a lei era piaciuto cosi tanto che di li a poco imparò ogni battuta a memoria.In italiano.A me piace molto quando fa cosi,quando parla italiano con quell’accento sgraziato ma musicale dell’Oriente cubano.Mangiandosi le finali delle parole. Il problema è che in quei giorni e solo allora scoprivo che i due disgraziati(Harry e Sally voglio dire) si erano conosciuti autonomamente,tu non avevi presentato Sally a nessuno,tantomeno a al povero Harry che ha sudato,lavato e rimesso sempre da solo le camicie che comprava per conquistarla!Tu Sally non la conosci nemmeno,vai a vedere..quante menzogne. Non glielo comprai.Non volevo si sentisse come me:stupita,tradita,insoddisfatta..si trattava pur sempre del suo film,ed ho preferito che continuasse a ricordarlo cosi com’era..maledetto te! Decisi di comprarle una borsa indiana.Lo feci.Subito dopo cercai un telefono per comunicarglielo. Successivamente alla ricerca spasmodica,piegata e incartocciata di tutte le monetine necessarie ad una chiamata dignitosa composi il numero.Il suo telefono era spento.A pochi passi dalla cabina una zingarella mi chiedeva di comprarle un fiore.Lo barattai con la borsa.I petali della rosa li conservo ancora nel quaderno da viaggio che portavo con me.Il giorno dopo le comprai un top di seta cinese nero ricamato di fiori gialli.Quando ci rincontrammo glielo regalai.Eravamo contenti.Io lo ero per il fatto di rivederla.Aveva una gonna corta con le calze autoreggenti.Mi emozionava molto il modo di fare che aveva,non mi permetteva di toccarle le gambe nude al di sopra del reggente,ma ogni volta che disubbidivo,a intervalli di tempo piuttosto regolari,e con una aria sempre meno goliardica e più dichiaratamente erotica,lei sorrideva.C’è stato un tempo in cui Anelis mi piaceva molto,ed ogni volta preferivo una parte diversa del corpo.Nessun punto in realtà mi sembrava vistosamente attraente rispetto ad altri,,non la faccia,le ascelle,o le braccia. Tutto mi piaceva cosi,assemblato insieme.Il seno, la pancia,le gambe,gli occhi perfettamente indispensabili l’uno all’altra senza il bisogno di cercare altrove.Il tutto innaffiato da lontano con un Odore che sulla pelle ha solo lei.L’ho cercato in molte strade,ho aspettato stagioni,ho camminato di lato,unico di una fila indiana,orientando l’olfatto e gli occhi in tutte le direzioni..non l’ho mai trovato.E’ un odore di nuovo,di appena nato.Non ho mai odorato un camoscio ma credo che sia l’odore che hanno i camosci.Appena nati.Ce l’ha solo lei.Quella notte che le regalai qualcosa di cinese da indossare al petto sarei rimasto tutta la vita a leccarle le mutande di nero raso.Sono proprio cattivo.. C’eravamo già lasciati altre volte,prima del 99’,e dopo tre mesi in cui non la trovavo da nessuna parte smisi di cercarla.Questa mania della libertà della gente di Guantanamo..Per il periodo in cui mi era stata lontana avevo immaginato tutti i giorni i suoi movimenti,per quali strade avanzasse il passo lascivo e ondeggiante,quali i motivi che la invitassero a ridere..la sua voce.L’ultima volta che L’avevo vista mi disse che non le interessava più niente di quello che volevo io,ma lo fece in modo cosi dolce che l’unica cosa che volevo era soltanto che continuasse a parlare.In realtà non credo che si possa parlare di amore tra me e lei.Non è propriamente amore quell’odio che si sente quando gli occhi non si riconoscono più.E noi ci siamo odiati con grande eleganza,abbiamo visto qualità che ritenevamo appartenenti solo a noi stessi,e questo al di là della presa di coscienza di non essere naufragati in completa solitudine,alla fine spinge all’odio.In quel modo perdevamo unicità,e cercavamo in modo nemmeno troppo consapevole di abbandonarci continuamente.Io ci riuscii perché incontrai una donna.Non aveva grandi qualità e non c’era nessun rischio di odiarla.Era bellissima.A me piaceva poco.Al tempo non me ne accorgevo ma era una presenza ornamentaleDecorava la mia forzata solitudine con i riflessi finti dei suoi capelli biondi.Non so se Anelis lo venne mai a sapere.Io non lo dissi mai e negli archivi ufficiali della nostra storia non c’è dialogo che la menzioni.Ben presto riusii a liberarmene non senza qualche piccolo affanno.E tornai a fare da solo le cose che facevo con Anelis.Di giorno andavo nei posti dove la portavo se avevo qualcosa da farmi perdonare e bevevo disgustose varianti spiritose di coca cola per espiare le mie colpe.Roba da americani di dodici anni. Di notte ero il cliente ossessivo dei pub più sofisticati della città e bevevo fortissime birre al triplo malto che mi rendevano prima stupido e poi aggressivo.Interpretavo la stupidità per goliardia e la violenza per vitalità.Una notte ero fermo al primo stadio,mentre osservavo al bancone la disposizione gerarchica dei bicchieri alti,medi e piccoli che facevano a spallate dietro il barman e mi arrivò dalla porta all’udito un saluto rivolto all’uomo..la sua voce..e la risposta..il nome di un'altra. Diventai ben presto aggressivo e vomitai al mio fianco recriminazioni sull’arbitraggio di una partita di calcio.Aspirai l’ultimo goccio di birra ed andai ad uccidermi.CIENFUEGOS,Lunedì 19 giugno 1999Ci sono tanti modi di morire.Io ho scelto l’amore.Ho scelto per vanità,si capisce,ma anche per altruismo.Mi piace quando una persona è travolta dall’amore,i suoi lineamenti diventano meno netti,le parole sono suoni indecifrabili,che superano la soglia dolore di Hertz,è come essere baciati da un angelo,sentire il soffio che accarezza le labbra,sfuttare il prestito delle sue ali.C’è chi si spaventa,e a me piace quando una persona è spaventata dall’amore.E’ una paura curiosa,un dolore piacevole e lo sfondo degli occhi diventa tutto bianco.Le vene non si sentono più perché sono tiratissime:I tendini si ritirano per il flusso più forte di sangue da far passare altrove.Nel cervello può navigarci un veliero e le braccia sono schiave che ubbidiscono ad ogni suo impulso.E’ molto vanitoso scegliere di morire cosi. A Cienfuegos conosco meno persone che all’Habana,e ad essere sincero è un posto che non mi piace.E’ molto pulito,e già questo stona con l’anima di un’innamorato errante in cerca di caos da riordinare.Ma conosco Geronimo,e questo mi basta per fermarmi li.Lui è un uomo simpatico e vitale,profumato,e quasi commovente nella sua gentile accoglienza.A Cuba non conosco case più belle di quella di Geronimo.Sul suo divano stile coloniale e sotto il getto di un portentoso ventilatore si mostra fiero della foto delle sue due figlie che lavorano in televisione.In Italia le chiameremmo “Vallette” ma lui dice semplicemente che sono ballerine di un quiz televisivo. In cortile ha un maiale,e lo porta a spasso per la città col collare come se fosse un cane.Ogni anno lo chiama sempre allo stesso modo,e cioè Carlito,ma a me sembra diverso.Mi regala sempre un po’ di prosciutto prima che vada via ed io sospetto che si tratti del Carlito dello scorso anno.Bah,ad ogni modo Carlito è buono e peggio per me che ho il fondato sospetto di reincarnarmi in un maiale. Geronimo mi farebbe a pezzetti e mi regalerebbe a qualsiasi viaggiatore di passaggio e cosi via.. Sul lungomare di Cienfuegos,che si chiama Malecon pure lui ma è molto meno bello di quello dell’Habana,quel lunedì incontrai Lazzaro,un jinetero del luogo che mi disse di aver visto Anelis Qualche giorno prima. -Estaba con un aleman,companero,lo siento mucho.- Era con un tedesco,queste le parole sue che mi rimbombavano nella testa nel mio cammino tra Cienfuegos e Trinidad,il posto più bello del mondo.TRINIDAD,Martedì 20 giugno 1999Se Anelis stava tornando a Guantanamo,come credevo,che motivo avrebbe avuto di fermarsi a Cienfuegos in compagnia di un turista?Tedesco per giunta..E che lingua parlavano?E chi li ha presentati?E perché? Gelosia.Andavo avanti nei sospetti come tentativi lamentosi di scoprire la verità,come la labile scelta di un bambino indeciso in un negozio di giocattoli.Questo o quello?Falso o Vero?Anelis o no?Andavo avanti come un giocatore senza soldi,un seduttore abbandonato,dispiaciuto della conquista cosi dolorosa.Gelosia,vecchia,stupida,scomoda gelosia di tante altre ed ora di lei,quante volte mi avevi già attirato,quante mi avevi convinto col tuo tono rauco e pedante,vecchia stupida che ti nutri del sangue buono che ho e lo scambi con l’incerto veleno che dispensi..non ti avevo blindata per sempre?E quel Casanova che si aggirava tra le strade del mondo con lo sguardo dritto e languido e l’incedere solido era solo una maschera?E quale triste carnevale avrebbe accolto un unico,inconsapevole partecipante,con la ragione del poi ridicolo e solo.. Non sono mai riuscito a nascondermi per bene.Già da bambino credevo che il posto più intelligente per farlo fosse quello più facile da scoprire,il più sospettato.Piuttosto dignitoso per un piccolo uomo credere di intuire qualcosa sulla psicologia del simile,ma non funzionava mai.Mi scoprivano sempre per prima e questo faceva si che non mi piacesse molto giocarci.Quando divento geloso e cerco di nasconderlo non ci riesco.Vomito parole e pezzi di stomaco.Brutta vecchia cattiva che hai il potere di scambiare il sangue buono che ho con un incerto veleno bianco che non voglio sapere nemmeno dove lo prendi,perché ti divertivi ancora con me? Già sapevo cosa fosse un attacco d’asma.In questi casi mi salvo con l’esperienza. L’asma non è affatto una malattia,è uno stato mentale.Non dico mai di soffrirne,soffrire d’asma non significa proprio nulla.E’ come soffrire d’amore quando non c’è nessuno da amare.E’piuttosto come aver bisogno di qualcosa che hai dimenticato in una stanza chiusa a chiave da un detentore del mazzo scomparso.Dov’eri finita amore mio? L’ospedale di Trinidad è molto pulito e ben fornito.Queste sono cose che tendono a rassicurare un viaggiatore con una crisi d’asma che ha dimenticato il cortisone a casa. Una volta guarito andai a fumare un ottima sigaretta al mentolo a Plaza Mayor.La piazza di Trinidad.La più bella piazza del posto più bello che c’è.Trinidad è fatta di pietre.Pietre colorate dappertutto.Rosa,gialle,azzurre.Per terra, di lato, fuori e dentro ad ogni cosa.Per le strade c’è sempre musica suonata dal vivo che proviene da qualche casa della Musica,luoghi di intrattenimento tipicamente cubani.E c’è sempre qualcuno che danza.Un uomo,una donna,una nonna grassa,una piccola bambina.Tutti danzano e muovono anche i corpi più elefantiaci come se fossero delle farfalle appena nate.Sono cose che tendono a rassicurare un reduce da un attacco d’asma che ha appena finito una sigaretta al mentolo.Andai al mare,mi stesi sulla sabbia bianca con i vestiti,e aspettai che il mare venisse a toccarmi.E magari a dirmi qualcosa,in napoletano.”Te l’avevo detto io”..Pensavo a Santiago,al fatto che a Santiago non importa da quanto tempo sei partito.Sei sembre lontano da dove dovrai arrivare.Santiago non arriva mai.SANTIAGO DE CUBA,mercoledì 21 giugno 1999Probabilmente si può sempre sperare in qualcosa di meglio,di più bianco.Io per esempio,voglio un cinema solo per me ed un bacio,un solo bacio sulla bocca da te.Non voglio perdermi in un paese che non conosco,non voglio comprare oggetti domestici per fare meno freddo il bagnoNon voglio fare il bagno.Non voglio ricevere lettere scritte dai dattilografi.Non voglio ricevere i complimenti degli inutili.Ogni tanto voglio un si,questo è vero,ma che sia dei miei simili oppure tuo,cosi potremmo andare finalmente a Venezia dove non voglio prendere la gondola.Voglio andare a vedere come soffiano nel vetro e se provo a soffiarti dentro io possa mai tu diventare un cavallo.O un fiore.O un piccolo albero.E se vendendoti posso farci tre soldi o almeno mezza amicizia ,cosi che posso prendere la barca per tornare a terra.Oppure scegliere un destino diverso e parlare al demone del mare. Ma tutto questo non lo posso volere.Devo scegliere.Devo scegliere tra il fiore,il cavallo,la barca o il mare,e poi appoggiarmi di fianco ad un albero.Voglio scrivere sulla corteccia la storia di Nelson ed Anelis, che tanto me la ricordo tutta perché la so.Come conosco la distanza che passa tra l’inizio del ponte e me,le parole che ho detto di giorno ed i valzer al buio che dedico a te,il sonno che ho in tasca di giorno ed i pantaloni che metto se piove,che ti piacciono tanto..Li voglio mettere anche stanotte,per vedere quanto vale una superstizione.Voglio soffiare un bacio al gatto nero che abita sotto casa mia per vedere se c’è bisogno di occhi cosi grandi per guardare negli occhi Dio.Senza stancarsi.Voglio proprio vedere.. Queste parole le sognai la notte prima di lasciare Trinidad. In macchina cercai di ricostruirle ma avevo sempre il sospetto di dimenticare qualcosa.Di dover ancora cercare.Sempre alle prese col banale problema dell’identità?Cos’è che ci manca tanto quando perdiamo una persona che amavamo?Ci manca davvero lei,le sue risate,i suoi modi di dire,la sua noia della domenica pomeriggio,la rabbia se lasciamo un po’ di sapone sui piatti lasciati li ad asciugare,oppure è ben più importante il pezzo che manca,che non troviamo più? Riguarda noi,il nostro modo di essere quando eravamo con lei,il pezzo di noi che abbiamo perso per sempre perché poi a pensarci non saremo mai più cosi.Non lo saremo con le persone che verranno,perché ci spingeranno a gesti diversi,ragionamenti diversi,altri modi di dire e forse anche nuovi detersivi. Fino a Santiago partendo da Trinidad si passa per Ciego De Avila,Las Tunas,Camaguey e Granma. Detta cosi sembra facile ma si tratta di un viaggio molto stancante.Innanzitutto perché l’Autopista non c’è più,e si è passati su una strada stretta e poco asfaltata che si chiama “Carrettera Central”, e poi perché i venditori del nulla si sono moltiplicati.Ed alcuni sono disposti a farsi investire pur di riuscire a venderti una fetta di formaggio.Un formaggio senza alcun sapore.Un formaggio che sa di vento e di mancanza di tutto.Latticino giallissimo che sa di bianco.Il contrario del Martini Bianco.Che è detto bianco ma è chiaramente giallo.E poi capisci quando lo bevi che è invece bianco che lo senti scendere in gola. Quando si arriva a Santiago De Cuba ci si sente cosi stanchi che non si riesce nemmeno a prender sonno. Io ho un dovere ogni volta che arrivo in città..Andare a casa di Cesar Bustamante.Un ingegnere elettronico che vorrebbe avere la Porsche e che si accontenta della Lada. E il bello è che se la parcheggia in salotto.Ha una leggera salitina fronte strada di fianco alla libreria dove di notte la sua Lada riposa.Ha un divano rosso dove parliamo di sport,un patio coloniale dove Mettiamo ad asciugare i vestiti lavati ed una cucina dove prepariamo il pesce.Sua moglie si chiama Enma Perez,ed è una stregona.Anzi,tecnicamente è una santera.La santeria è la religione ufficiosa di Cuba,ma senza ombra di dubbio la più diffusa.E’ nata prima dei cubani,la santeria.I conquistadores spagnoli in quanto ferventi cattolici obbligarono gli schiavi deportati dall’Africa,che poi erano le braccia trainanti delle loro navi,a convertirsi al cattolicesimo rinunciando ai riti pagani cui erano devoti.Loro finsero di farlo e cominciarono a chiamare gli dei con i nomi dei santi spagnoli.Quindi oggi nella santeria,che è un miscuglio di elementi afrocristiani,la dea della guerra è Changò ma è anche Santa Barbara.E cosi via.Ognuno di noi è figlio di un Dio a cui deve regalare ogni settimana qualcosa in segno di dedizione.Ed ogni santo ha i suoi gusti.Io sono figlio di San Lazzaro,e a san Lazzaro si regala il Rum.Altri preferiscono torte,dolci,riso,fagioli,ma san Lazzaro beve il Rum.Ognuno ha i suoi vizi.La cosa impressionante è che Enma Perez del primo momento che mi ha visto mi ha descritto in che luogo vivevo,intendo dire l’ampiezza delle stanze,la loro sistemazione e come erano fatte fisicamente le persone con cui dividevo l’appartamento.Ed ha previsto molte cose.Tra cui nomi di donne che mi sarebbero piaciute,cambiamenti di lavoro inaspettati ed anche un piccolo incidente stradale.Quel giorno che ero tornato a casa sua sul cammino per Guantanamo lei Mi disse: -que no te vajas buscando mas.Todo esta aqui- Non cercare più.E’ tutto qui dentro.E mi accarezzò il petto.GUANTANAMO,22 giugno 1999A Guantanamo c’è poco da fare,e se non fosse Cuba ci starebbe bene la neve.Credo anche di aver sognato una fantastica nevicata a Guantanamo,immaginando le facce stupite di quei giocherelloni dei cubani d’Oriente.Avevo un indirizzo con me,nell’unica tasca dei miei jeans americani.Mentre mangiavo un panino si avvicinò un ragazzo. -?De donde vienes amigo?- -De Italia,chico- Avevo curiosità di sapere dov’era la base militare N.A.T.O .e gli chiesi dove fossero gli americani. -Aqui no estan los Norte-Americanos,amigo.Conosco solo un americano y es un jugador de baseball- -Non ci sono americani qui.Ne conosco solo uno ed è un tipo che gioca a baseball-. Possibile,pensavo,che la gente non fosse a conoscenza della presenza della base?Dei militari? Della violazione dei diritti umani,sia cubani che americani? Mi guardai un po’ intorno e pensai alla televisione ed all’informazione cubana in generale. E’ possibile,pensai. E gli chiesi di dirmi se conosceva l’indirizzo che avevo nella tasca. -SI,lo conosco- -Sube,vamos-dissi io.E cioè Sali ed accompagnami. -?Como te llamas? -Me llamo Nelson-. -Como yo!- E scoppiammo a ridere per un minuto tirando fuori tutti i documenti possibili che potessero confermare, testimoniare la cosa.Io tirai fuori la patente,il passaporto,la tessera di un locale di Napoli ed anche quella del blockbuster,oddio! Lui la carta d’identità e quella che gli da diritto ad un gelato gratis una volta a settimana. L’assurdità consisteva nel fatto che non c’era bisogno di nessuna conferma.La verità si tocca con le dita,è ben più materiale di quanto si immagini. Non avevo più paura,d’un tratto.Fantasticando su quel momento pensavo che ne avrei avuta tanta,che sarei stato sul punto di tornare indietro.E invece no.Volevo avanzare e trovare il coraggio di andarci a parlare anche se fosse per l’ultima volta.E dire “Addio,io ti ho amato,sono venuto qui per dirtelo e adesso me ne vado perché il tedesco non lo so parlare e rimarrei zitto tutta la sera”. E poi andare con Nelson a cercare gli americani. Fu il ragazzo a bussare la porta con le mani. Aprì una signora piuttosto affaticata, che mi guardò e mi riconobbe,immagino da una fotografia. -Que haces Aqui,italiano?- -El italiano Anelis,El Italiano esta aqui!- E gridò verso le scale che portavano ad un improbabile piano di sopra. Intanto sulla parete vidi un bersaglio per freccette,e lo vide anche Nelson. Nell’attesa raccolse una freccetta e tirò,colpendo esattamente il centro del cerchio più piccolo del bersaglio.Mai sfidare gente di Guantanamo,pensai.Ossi duri.Nemmeno chiesi la rivincita e lasciai che la porta mi si chiudesse alle spalle. E continuai il mio viaggio.

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