Quasi tre anni fa non me la passavo molto bene, potrei anzi dire che quello era un periodo decisamente buio della mia vita. Una sera, di ritorno da un viaggio in basilicata dove non ero mai stato, mi sono seduto davanti al pc, ho aperto un nuovo documento e, a caratteri abbastanza grandi, con il neretto inserito, ho scritto ZENIT. Volevo raccontare una storia.
Per sei mesi non ho praticamente fatto altro che raccontare quella storia, ci pensavo di continuo, scrivevo pagine e poi le buttavo, prendevo appunti quando ero in giro, tornavo a casa per fissare un’idea, ero sempre con la testa fissa su quella storia, ovunque fossi, qualunque cosa facessi. Mi ritrovavo a pensare per i miei personaggi, a chiedermi cosa avessero pensato loro se fossero stati con me in un momento particolare, me li coccolavo in testa e decidevo delle loro vite più o meno come faccio normalmente con le persone vere. Non volevo scrivere la parola fine mai, perché mi sembrava incompleto sempre , ma anche perché stavo benissimo li dentro. Da quando Zenit è nato l’ho letto circa una cinquantina di volte, posso citare a memoria ogni riga, conosco il seguito di un paragrafo dopo le prime due parole. Zenit è un figlio che mi ha fatto coraggio, che ho cresciuto da solo sulle scrivanie di editori che mi sembravano usciti da un sogno, negli occhi attenti di osservatori giudicanti che lo hanno tenuto tra le mani, insieme a qualcuno di voi, alla mia famiglia, nei corridoi della rai, come in squallidi ufficietti per un briciolo di speranza sempre accesa. Zenit mi ha dato la forza, me l’ha tolta, mi ha fatto sentire un genio, un imbecille, una persona triste ed un esaltato, mi ha fatto spogliare nudo, dormire al freddo, aprirmi come mai. E’ stato la cosa più seria che abbia fatto in vita mia, quella in cui mi sono impegnato di più, nella quale, e visto il soggetto è davvero raro, non ho mai smesso di credere. Ora ve lo consegno, fatene quello che volete, in fondo, è vostro quanto mio.
Mi chiamo Roberto Pietrucci, ho ventisei anni, e scrivo. Per la cronaca, sono anche dottore in sociologia, ma non c'e nulla di serio in questo state tranquilli Sono serissimo invece nel fare il videomaker con il mio socio Simone nella nostra “The Ucci’sâ€, casa di produzione indipendente con la quale abbiamo realizzato molti bei lavori con artisti italiani quali “I Ratti della Sabina†, Eugenio Bennato, Andrea Ra , etc. Vivo, lavoro e studio a Roma, la città in cui sono nato e che non cambierei con nessun'altra. Non so quanto sia talentuoso ne quanto in realtà quello che faccio riesca a scavare nei cervelli altrui , ma la mia ambizione è sostanzialmente proprio questa. Il riuscire nella maniera più semplice possibile a ricreare pezzi di realtà inquadrandoli di volta in volta con un obbiettivo diverso, puntato in direzioni che potrebbero nella vita di tutti i giorni essere del tutto ignorate. So per certo quello che non mi piace, tipo le forzature, il tecnicismo ostentato e tutto ciò che non riesca a creare sempre un empatia intellettuale tra il testo e chi lo legge. Una scrittura visiva in cui si possa riuscire a far sentire persino la musica è una chimera che inseguo con tenacia, pur essendo cosciente che il valore non possa risiedere mai solo nel auto compiacimento sterile. Molte sono le forme d'arte che si contendono il nostro sentire, le rispetto tutte, e rispetto chiunque sia capace di riunire insieme tanti vissuti per assemblarli in un'unica fittizia verità narrativa, per questo più autentica di tutte quelle reali.La strada è lunga ma sono per strada.“Essere poeta non è una mia ambizione è la mia maniera di star solo†F.Pessoa