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Enrico Berlinguer (Sassari, 25 maggio 1922 – Padova, 11 giugno 1984), segretario generale del Partito Comunista Italiano dal 1972 fino alla morte.
Giovane anarchico, nel 1937, a soli 15 anni, prese contatti con gli anti-fascisti sardi nella prospettiva, poi non verificatasi, di una ribellione su base regionale contro il fascismo. Profondo ammiratore di Marx, Berlinguer si iscrisse al PCI. Partecipò alla Resistenza partigiana tra le "Brigate Garibaldi" e fu fra i protagonisti di un moto antifascista esploso nella sua città natale.
Dopo alcuni mesi di detenzione il padre lo portò a Salerno, luogo in cui la famiglia reale ed il governo di Badoglio avevano preso rifugio dopo l'armistizio fra l'Italia e gli alleati. Nella città campana il padre gli presentò Palmiro Togliatti, che era stato suo compagno di scuola e che era all'epoca la personalita più importante del PCI. Berlinguer fece una buona impressione a Togliatti, che nell'immediato lo rinviò in Sardegna per perfezionare la sua preparazione politica; dopo il suo trasferimento a Milano lo fece entrare, giovanissimo, nel comitato centrale del partito.
Togliatti lo volle poi con sé anche a Roma: nel 1949 fu nominato segretario della federazione dei giovani comunisti (FGCI), carica che avrebbe mantenuto sino al 1956 e l'anno successivo Berlinguer divenne il segretario della Federazione mondiale della Gioventù Democratica, l'associazione internazionale dei giovani marxisti.Eletto per la prima volta deputato nel 1968, per il collegio elettorale di Roma, si fece portavoce della corrente progressista e popolare del partito. Nominato, nel corso del XII congresso, vice-segretario nazionale guidò nel 1969 una delegazione del partito ai lavori della conferenza internazionale dei partiti comunisti che si tenne a Mosca; in tale occasione, trovandosi in disaccordo con la linea sovietica (fonte massima degli indirizzi dell'internazionale comunista), a sorpresa rifiutò di sottoscrivere la relazione finale.
La presa di posizione, inattesa quanto "scandalosa", fu memorabile: tenne il discorso decisamente più critico in assoluto fra quelli che mai leader comunisti abbiano tenuto a Mosca rinfacciando a Leonid Breznev che l'invasione sovietica della Cecoslovacchia (che definì espressivamente la "tragedia di Praga") aveva solo evidenziato le radicali divergenze affioranti nel movimento comunista su temi fondamentali come la sovranità nazionale, la democrazia socialista e la libertà di cultura.
Raggiunta prima del previsto a causa dei disagi medici patiti da Longo, che dovette prima delegare e poi definitivamente "abdicare" (nel 1972), la sua segreteria fu caratterizzata da un lato dal tentativo di collaborare con tutte le forze democratiche italiane nella prospettiva di realizzare riforme sociali ed economiche che considerava indispensabili, dall'altro dalla convinzione della necessità di rappresentare un nuovo comunismo indipendente dall'URSS(chiamato "eurocomunismo").
Berlinguer scrisse per "Rinascita" tre famosi articoli intitolati "Riflessioni sull'Italia", "Dopo i fatti del Cile" e "Dopo il golpe del Cile", in cui sviluppava alcuni temi che abbozzavano la proposta del "compromesso storico" come possibile soluzione preventiva dinanzi alla deriva istituzionale che lasciava paventare possibili soluzioni di stile sud-americano.Fu nel 1976 che il PCI berlingueriano varcava il suo Rubicone e muoveva incontro al famosissimo strappo, la rottura politica con il PCUS (il partito comunista sovietico): in occasione di un congresso a Mosca, dinanzi a 5.000 attoniti delegati provenienti da tutto il mondo, Berlinguer parlò in aperto contrasto con le posizioni "ufficiali" di "sistema pluralistico" e descrisse l'intenzione del PCI di costruire un socialismo "che riteniamo necessario e possibile solo in Italia".
Nelle elezioni politiche del 20 giugno 1976 il PCI ottenne da solo il 34,4% dei voti e 227 seggi alla Camera dei Deputati e il 33,8% dei suffragi con 116 seggi al Senato della Repubblica: la differenza rispetto ai voti ottenuti dalla DC era di pochi punti percentuali, molti di meno rispetto alle precedenti votazioni, avvicinando il PCI ad una quota di elettorato che poteva eventualmente ambire anche alla maggioranza relativa.Forte delle posizioni acquisite in patria, il PCI intensificò le sue attività internazionali. L'invocato progetto per un eurocomunismo prese corpo a Madrid l'anno successivo, durante un incontro con Santiago Carrillo, leader dei comunisti di Spagna, e Georges Marchais, condottiero di quelli di Francia. I tre esponenti, parzialmente seguiti da omologhi leader di altri paesi, sostennero la necessità di affrancamento dal costante controllo sovietico, in favore della libera ricerca delle vie più opportune, paese per paese, per costruire il socialismo e il comunismo; corollario di questa istanza grosso modo autonomista, era il valore positivo attribuito al rispetto per le libertà religiose e di cultura.Se l'Italia repubblicana era stata ornata di un ingente quantitativo di scandali di corruttela e malversazione, molti dei quali degni di attenzione giudiziaria, il PCI restava nitido quanto a correttezza di gestione politica. Questa fedina penale pulita consentì a Berlinguer di lanciare una campagna moralizzatrice che puntava il dito contro il cattivo uso (e spesso l'abuso) della cosa pubblica. La questione morale divenne un principio centrale dei comunisti italiani.In seguito ai gravissimi fatti di terrorismo, alle stragi e alle prospettive eversive neofasciste, il PCI di Berlinguer decise di tentare la via del compromesso storico per un'alleanza con tutte le forze democratiche del paese al fine di evitare una degenerazione istituzionale e ogni tentativo golpista o eversivo. La mattina del 16 marzo, giorno previsto per la presentazione parlamentare di un governo di unità nazionale, Moro fu rapito (e sarebbe poi stato ucciso) dalle Brigate Rosse. Berlinguer intuì immediatamente la "calcolata determinazione" di un attacco che pareva studiato per mandare a pallino tutto il lavoro occorso per raggiungere la solidarietà nazionale e propose di concedere a questo pur non accetto governo la fiducia nel più breve tempo possibile, per potergli assicurare pienezza di funzioni in un momento cruciale della democrazia italiana. La fiducia fu dunque data, ma non senza che Berlinguer precisasse per bene che l'espediente di Andreotti, che suonava di repentina modifica unilaterale di accordi lungamente elaborati, era stato soltanto "superato dagli eventi", la questione non era in realtà affatto chiusa, solo rinviata. Se Moro non fosse stato rapito, il PCI avrebbe dato battaglia ad Andreotti, ma "sia pure faticosamente e in modo non pienamente adeguato alla situazione", gli fu risparmiato.
Dopo il tragico epilogo della vicenda di Moro, l'unico effetto di rilievo sulla DC parvero le dimissioni di Cossiga, che era ministro dell'interno. Il PCI restava fuori della maggioranza.Dopo una legislatura da parlamentare europeo (eletto nel 1979 per le liste del PCI), in vista delle successive elezioni del 1984 Berlinguer si recò a Padova il 7 giugno, dove effettuò un appassionato comizio. Poco dopo aver pronunciato la frase: "Compagni, proseguite il vostro lavoro casa per casa, strada per strada" venne colpito da un ictus e crollò, pallido e stremato, sul palco di Piazza della Frutta. Le persone che lo stavano ascoltando lo trasportarono prima in albergo e poi in ospedale, ma i soccorsi furono vani: un comunicato datato 11 giugno del sovrintendente sanitario affermò che il politico sardo era venuto a mancare alle 12:45.L'emozione suscitata dalla sua scomparsa contribuì al successo elettorale del PCI, che a sorpresa ed in quell'unica occasione, nelle consultazioni continentali, divenne il primo partito italiano con il 33,3% dei voti contro il 33% ottenuto dalla Democrazia cristiana. Con Berlinguer il PCI nel 1976 ha toccato il massimo storico del 34,4%. Milioni di persone parteciparono al suo funerale che, in numero di partecipanti, è stato il più imponente in tutta la storia d'Italia.