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Member Since: 3/18/2008
Band Members: BOLLANI/FARINACCIO/MARTORELLA/RIONDINO
Influences: BOLLANI CONFESSA: I BIS A RICHIESTA LI HO COPIATI DA VICTOR BORGE
Un estratto dal libro di Bollani/Farinaccio/Martorella/BollaniSe uno da piccolo vuole essere un cantante e impara tutte le canzoni a memoria, ma da grande si ritrova a fare il pianista, l’anima, in fondo, può essere solo una: quella del pianista di piano bar."Dentro dentro, sotto sotto, forse sì. Non tanto per il gusto musicale, quanto per l’idea, quella di voler cercare di conoscere un sacco di canzoni, anche pezzi jazz, naturalmente. Il piano bar è un po’ l’antenato di quello che faccio nei bis, il gioco dei medley nel quale il pubblico, urlando dalla platea, mi richiede delle canzoni: capita che mi chiedano quei tre o quattro standard di jazz, ‘Round Midnight, Summertime, Take Five, e io li suono, non c’è problema; ma capita anche che mi richiedano tutt’altro: dalla sigla di Heidi e dei Puffi, a Vattene Amore di Amedeo Minghi e Mietta. In tutti i casi l’importante è che mi ricordi la melodia, perché nelle canzoni, generalmente, una volta che ricordo la melodia ricordo anche gli accordi, oppure, se non le ricordo, le armonie sono tanto semplici che posso ricavarle di conseguenza. Se, al contrario, mi richiedono un pezzo in cui la cosa più importante sono gli accordi, diventa tutto più difficile, anche per me che ho studiato armonia, che sono diplomato eccetera eccetera... Anche quando faccio i soli vado dietro alla melodia e anche quando improvviso. Cioè, la verità è che, essendo di base un tentato cantante, o meglio, un tentativo di cantante, sono più portato ad andare in quella direzione e a quanto pare anche il piano bar funziona così. Niente orecchio assoluto, niente memoria prodigiosa. Da bravo ascoltatore totale il segreto è semplicemente quello di ricordare la melodia di un pezzo. Se ho sentito un brano, solitamente posso risuonarlo. Se non l’ho sentito, no, ma basta che qualcuno me ne faccia un cenno. Una volta, per esempio, a Montreal, nel bel mezzo del bis con i pezzi a richiesta, una voce tra il pubblico mi ha urlato il nome di un canto popolare canadese. Non lo conoscevo, ovviamente, allora gli ho detto, non lo conosco, me lo fai per favore? e nel buio si è sentito un violino. È stato curiosissimo: la persona che mi aveva richiesto il brano era un musicista, aveva con sé il violino e, nel buio totale, ha preso a suonare. Il pubblico è esploso in una risata; io, a mia volta, ho risuonato il brano. Poi lui è venuto a presentarsi, gli ho detto grazie, perché il brano non lo conoscevo davvero, e lui mi fa: sì l’avevo capito, perciò te l’ho suonato.
Aneddoti a parte, è tutto frutto di tanto esercizio. Da sempre sono abituato a cercare di capire che cosa succede in quello che ascolto. Ascolto un disco e cerco di riprodurlo, tutto qua. Questo non significa che nella vita io abbia riprodotto tutto e che nei medley che faccio a fine concerto possa suonare qualsiasi cosa. Finché si tratta di Heidi e di Maledetta Primavera della Goggi va bene... d’altronde il bello è tutto là : suonare, al termine di un concerto jazz, cose inimmaginabili, cose folli, mescolarle insieme e soprattutto farlo in presa diretta, sotto gli occhi e le orecchie del pubblico che è direttamente coinvolto nella scelta. L’idea, o la colpa, non è mia però: è spudoratamente copiata da Victor Borge, un pianista classico, danese, scomparso da pochi anni. Negli anni ’50 si trasferì in America e a Broadway s’inventò un one man show incredibile nel quale, vestito di tutto punto, elegantissimo, faceva delle cose improbabili e buffe, giocando a fare il finto pianista classico completamente stralunato. Qualche anno fa mi è capitato di ascoltare un suo disco in cui lui, in inglese, diceva: adesso vediamo che brani mi avete richiesto questa sera. Rispetto a me, lui faceva scrivere al pubblico, all’inizio del concerto, il titolo del brano richiesto su dei bigliettini che poi a un certo punto venivano sorteggiati per comporre il medley. Devo riconoscere che a lui capitavano cose un tantino più nobili e complicate di quelle che capitano a me: l’Improvviso n° 2 di Schubert, Sogno d’amore di Liszt, Per Elisa... La sua era una cosa molto più classicheggiante, io invece l’ho trasformata in un gioco, la uso per andare in un’altra direzione, per stravolgere le canzoni, per fare, alla fine, quello che voglio. In Italia non lo conosce quasi nessuno, Borge, ma in Danimarca, e anche in America, è popolarissimo, soprattutto ultimamente. Non a caso quando suono in Danimarca, con Bodilsen e Lund, la cosa dei brani a richiesta non la faccio mai... mi scoprirebbero subito! Nonostante la eviti, però, devo ammettere che lassù c’è sempre qualche giornalista che scrive che c’è in me qualcosa di Victor Borge. E in effetti lui ha avuto indubbiamente un ascendente su di me; la differenza è che Borge, nonostante fosse anche un eccellente pianista, è diventato famoso soprattutto come comico, e questo è esattamente quello che io non vorrei mai che accadesse a me. Lui parlava inglese, ma con un forte accento danese che piaceva moltissimo, e soprattutto divertiva. Ogni volta che si rendeva conto che il pubblico rideva per il suo accento, lui, serissimo, rispondeva: hey, it’s your language! I’m trying to use it, cioè: che cavolo ridete? è la vostra lingua! che era il suo modo di prendere a sua volta in giro il pubblico.".
Sounds Like: A STEFANO BOLLANI CHE PARLA DI STEFANO BOLLANI; A DAVID RIONDINO CHE PRESENTA UN LIBRO CHE PARLA DI STEFANO BOLLANI; A VINCENZO MARTORELLA CHE SCRIVE DI STEFANO BOLLANI; A VALENTINA FARINACCIO CHE PARLA CON STEFANO BOLLANI...
Record Label: Luciano Vanni Editore
Type of Label: None