Milly (Carla Mignone; Alessandria 1905 - Milano 1980), cantante-attrice. Il padre se ne va di casa, lasciandola a cinque anni con la madre, un fratello (Totò) e una sorella (Mitì) con i quali, dopo aver fatto la cassiera al Fiandra e aver debuttato come cantante nello stesso teatro, forma un trio da avanspettacolo (Mitì balla e Totò suona): un inizio durissimo, ma che la porta in pochi anni al Trianon di Torino, applauditissima. È poi con Odoardo Spadaro, Isa Bluette, i De Filippo, Umberto Melnati, con la Compagnia dei fratelli Schwarz nelle riviste Wunderbar , Al Cavallino bianco e in Broadway con Camillo Pilotto, Mitì e Totò. Arriva all'Excelsior di Milano e diventa la soubrette della compagnia Za Bum, regista Mario Mattoli che poi sposerà Mitì. Con Mattoli gira il film Tempo massimo , con De Sica Amo te sola e Idillio (1948). Intanto era stata in Francia e negli Usa, dove a New York (al Blue Angel) i cronisti narrano di corbeilles che le portano, celati fra i gladioli, gioielli favolosi; mitici anche gli amori (Pavese, Soldati), fra i quali spicca Umberto di Savoia. Il suo nome evoca i grandi successi al Lirico di Milano, con in testa Stramilano esseti-errea-emmei-ellea-enneo ; ed ecco, nell'Italia che rinasce dal grigiore del dopoguerra, la consacrazione intellettuale al Piccolo Teatro nell' Opera da tre soldi di Brecht. M. è un'inimitabile Jenny delle Spelonche; la sua figura, i suoi gesti controllati da quel demiurgo che è Strehler ne fanno un'attrice-diva indimenticabile, sensibilissima, piena di charme, mentre dalla sua voce passa tutto un mondo di ricordi e di suggestioni. Aiutata dal regista Filippo Crivelli e dal pianista Roberto Negri, diventa la star di Milanin Milanon e di recital trionfali. Nel 1965 è a Studio Uno con Mina, Panelli e le Kessler, in un repertorio di canzoni della sua giovinezza che piace ai vecchi e ammalia i giovani. Perfezionista, riservata, minuta, con una grinta di ferro, in chiffon nero, femminilmente sobrio, passa da L'istruttoria di Peter Weiss al Piccolo Teatro (regista Puecher, 1966-67) a L'amore e la guerra , un recital di poesie e canzoni in coppia con Achille Millo; è al Derby milanese e a Berlino (1979: settanta canzoni in circa due ore di spettacolo, sempre con i fedelissimi Crivelli e Negri). L'ultimo suo recital è a Palermo, il 3 agosto 1980; l'aspetta un impegno per Berlino il 9 settembre, ma presentita e inevitabile arriva la morte nella notte fra il 22 e il 23 settembre.“Certe volte, a forza di sentire che la civiltà occidentale è in gioco, da salvare, sacra, vien voglia di mandarla al diavoloâ€. Mark Twain poteva dirlo. Noi diciamo solo che a volte, a forza di sentire parlare viene in testa una gran confusione, non si sa bene cosa sia questa civiltà nel cui nome tutti sentenziano, approfittano ciurmano e non pagano il dazio. Poi una sera si va ad ascoltare la cantante Milly che ignora tutto dei sacri valori, ci si va a passare due ore di svago, per ascoltare qualche bel motivo di oggi e di ieri, del nostro e degli altri Paesi “occidentaliâ€, e magari proprio così si capisce per quale somma di civiltà siano filtrati i gesti, il gusto, la misura di questa squisita cantante. La civiltà di Milly: piccola com’è, spiega la grande civiltà meglio di tanti discorsi complicati. Così scrisse Giorgio Bocca dopo aver visto Milly al Teatro Gerolamo di Milano, nel novembre del 1963. E queste sue parole, non dettate dall’occasione, valgono meglio di ogni presentazione a definire la ragione della fortuna di Milly, il limite della sua presenza alla ribalta del cabaret italiano degli anni sessanta. Una lezione di civiltà che nasce da una lunga consuetudine con il mondo dello spettacolo vissuto dal di dentro, come mestiere e fatica, come esperienza squisitamente professionale. Milly iniziò infatti la sua carriera negli anni venti e nel decennio seguente si affermò come una delle vedette più fortunate e complete. Il culmine della popolarità lo raggiunse interpretando l’operetta “al Cavallino Biancoâ€, messa in scena da Schwarz. Subito dopo partecipò ad alcuni film con Vittorio De Sica (Tempo massimo, Amo solo te). Nel ’36 volle tentare la difficile strada del cabaret e andò a Parigi, allo Sheherazade di Parigi passò al Rainbow Room e al Blue Angel di Broadway: Milly rimase negli Stati Uniti per più di dieci anni. Al suo ritorno in Italia partecipò ad una rivista organizzata da Remigio Paone, “Quo vadis?â€, ma chi la rivelò nella sua forza epica naturale fu Grigio Strehler quando la chiamò per “L’opera da tre soldi†di Brecht e Weill, a interpretare il ruolo di Jenny delle Spelonche, ruolo che già aveva reso famosa, nel 1928, Lotte Lenya. L’impressione che suscitò fu profonda: dopo d’allora Milly non fece più nulla. Il teatro italiano, specializzato nel lanciare talenti mediocri, continuò ad ignorare l’unica vera voce “internazionale†di cantante italiana. Vinta finalmente quella sorta di umiltà dolorosa che l’aveva chiusa in se stessa, Milly si lasciò convincere e preparò il suo primo “spettacolo di canzoniâ€, al Teatro Gerolamo, nel novembre 1963. Il successo fu eccezionale! Filippo Crivelli
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