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Notizie biografiche :Sono nato il 13.12.1944 a San Cataldo in provincia di Caltanissetta, ma, per più di dieci generazioni, sono originario di Meana di Susa ( To ) . I miei genitori hanno avuto con Roma lunghi contatti, specialmente mia madre che abitava insieme agli zii in via della Longara e mi parlava sempre di Roma e, forse per questo, ho amato questa città che è divenuta la mia città ideale sino a sposarne l’idioma che è pittoresco ed espressivo. Ho letto Belli, Trilussa e Pascarella ed il loro modo di esprimersi nel dialetto che tanto amo. Sono un perito minerario, ho studiato sino al terzo anno di ingegneria al Politecnico di Torino, ho fatto tanti lavori e, alla fine, libero dagli impegni ho potuto iniziare a scrivere per dire , finalmente, tutte quelle cose che mi sono portato dentro per tanto tempo e che continuamente pressavano perché io le scrivessi. Ad uno scrittore fu chiesto dove si voleva trovare quando sarebbe arrivata la fine del mondo, lui rispose in Inghilterra, perché lì le cose accadono cento anni dopo; ovviamente la sua era una scelta interessata, io invece vorrei stare a Roma dove si vive sempre l’oggi criticando magari il presente ed il passato, ma guardando con fiducia al futuro. Ieri ci appartiene, oggi lo viviamo il domani : ???.Cordialmente Vittorio BandaProfessoressa Bartolone ha detto: ER VERME MATTO Tutti sappiamo che Roma è una città che incanta sia chi la visita per la prima volta sia chi crede di conoscerla bene. Lo straniero che vede Roma, ripartendo porterà con sé il ricordo incancellabile della maestosità dei monumenti e dei palazzi, sentirà a lungo la scia del profumo di una cucina genuina dai sapori forti come l’abbraccio ideale che lo ha accolto con la spontaneità tipica dei romani, non potrà ignorare di aver percepito quel senso di vertigine meravigliata per aver attraversato secoli di storia semplicemente passeggiando sotto la luna, durante le notti insonni di amori nostalgici o eterni come la città che lo ha ospitato. Chi a Roma abita o si reca spesso, malgrado il predominio della quotidiana fretta degli affari e del lavoro e l’irritazione per le lunghe attese di autobus che non arrivano mai o per la metropolitana che invece arriva, ma è talmente colma di gente e di vari e variegati odori che ti impediscono di prenderla, chi insomma Roma la vive non può fare a meno ogni giorno, ogni volta di sentirsi immerso in un’atmosfera vivace che lo rende partecipe e non estraneo alla vita che fluisce intorno. E c’è poi chi, come Vittorio Banda, Roma la scopre in maniera inaspettata ad ogni incrocio, ad ogni nuovo angolo che si svela nel posto in cui, il giorno prima, non avevi fatto caso che ci fosse e la città manifesta i suoi molteplici volti così, in un momento particolare della tua giornata, della tua stessa vita e ti sorprendi a sentirne la voce, le tante voci dall’inflessione dialettale che colorano la battuta ironica e tagliente, sempre pronta a colpire come uno schiaffo per farti invece sorridere con spensieratezza. Vittorio si rivela, attraverso la città, ai lettori come uomo maturo assorbito da Roma come solo può esserlo un uomo innamorato di una donna affascinante e misteriosa che ha preso per mano il suo cuore per guidarlo, come un ragazzo, lungo percorsi sconosciuti su cui scoprire una parte di sé riflessa nei volti di chi sembra aspettarlo per raccontargli la propria e la sua storia. Parlando la lingua di questa gente Vittorio ritrae questi volti di Roma, visi dai tratti marcati e decisi che conservano inalterata la fierezza degli antichi uomini di governo, in un tempo che non sembra della storia, ma del mito e fu invece realtà, sguardi in cui trovi il lampo furbo dell’uomo della strada custode di un’arcana saggezza di cui è stato maestro il poeta Orazio (p.43 “Er vecchio”). Questo vecchio con gli occhi di fanciullo ci ammonisce a frenare la corsa affannosa verso un “dove” non ben precisato che potrebbe, alla fine, rivelarsi nullificante ed è già certamente alienante perché non ti permette di assaporare l’età della vita che stai vivendo nell’hic et nunc di un carpe diem ormai quasi sconosciuto alla modernità. Già, la modernità, l’ormai padrona assoluta e perfino indiscussa dell’uomo che, un tempo non troppo lontano, ha lottato per la libertà di pensiero e di parola e non si è ancora accorto della subdola forma di schiavitù degli status symbol imposti da invadenti consigli per gli acquisti e da un telefonino indiscreto (p.66 “Er telefonino”). A Roma, però, Vittorio scopre che c’è ancora posto per il buon senso, quello semplice e schietto di sora Checca e sora Bice che conversano sul libero amore o quello dei personaggi fiabeschi che furono di Trilussa così come di Fedro con cui ciascuno di noi, lettore adulto che ritorna un po’ bambino, ha imparato ad assaporare il frutto maturo dell’ammonimento morale, con quel retrogusto un po’ amaro che sa di rassegnata consapevolezza della realtà (p.50 “Affetti”). E’ un po’ pessimista il nostro Vittorio di cui siamo diventati taciti compagni di viaggio leggendo i suoi versi? Forse sì o forse è nostalgica rievocazione di un periodo in cui era molto più facile comunicare e non prevaleva quel “parlare der nulla diventato normale”, ma è solo un pensiero che attraversa la mente mentre l’attenzione è nuovamente catturata da un’altra scena di vita quotidiana che esige praticità per la promessa di un voto durante l’ardua fatica della campagna elettorale del politico “de li discorsi alla camera tanto belli” che cerca porta a porta le preferenze. Ma c’è anche un’umanità muta, che piange lacrime invisibili o è capace di gesti d’amore grandi che restano quasi sconosciuti, ma non per questo hanno meno valore, proprio perché l’amore non fa scalpore e continua ad essere, malgrado tutto e a dispetto di tutti coloro che non sanno più crederci, il motore che muove questa umanità “tutta impazzita perché non ha più rispetto della vita” (p.39 “L’amore”). Di Roma resta certamente impresso il ritratto realizzato da Goethe, una città in cui lo scrittore dice di aver vissuto “in uno stato di chiarità e di pace di cui, da tempo, non aveva più idea. Ogni giorno un nuovo oggetto degno di nota, ogni giorno immagini vive, grandi, peregrine e un tutto ch'è vissuto a lungo nel pensiero e nel sogno, ma che l’immaginazione non bastava mai ad afferrare”, ma i colori di Roma sono ora anche nella tavolozza che Vittorio ha con sé mentre prosegue per la sua passeggiata: il libro finisce, ma la strada continua e su essa, ormai, ci siamo anche noi che non osiamo “quasi confessare” a noi stessi “la meta…e solo quando passai sotto Porta del Popolo seppi per certo che Roma era mia” (Goethe, Viaggio in Italia).

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Teatro,musica, letteratura,poesia,cinema, satira.

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SWEETLY  parole per una canzone di Vittorio Banda Copyright 2008 Sweetly, love, you want to touch, as the reef is lapped by the sea. I want to do it with great tenderness you feel the love with a...
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..>..>..>..>..>NOSTALGIA Property as a stone kissed by the current Turn our thoughts to you my sweet beloved. Light water of life takes me bitter And the sunlight turns your memory. Tenero is pau...
Posted by vittorio on Wed, 30 Jan 2008 06:08:00 PST