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UN PO DI SLANG BOLOGNESE
-Bagaglio (anche “zavaglioâ€):
sostantivo che può indicare indifferentemente qualsiasi oggetto
(o persona) con accezione negativa. Definisce sinteticamente la
condizione di attrezzo inutile il cui unico attributo è quello di possedere un peso
senza, nonostante tutto, svolgere correttamente la propria funzione.
“Cos’è quel bagaglio lì?†domanderà con aria di superiorità il giovine
felsineo additando il vecchio cellulare dell’amico dalle dimensioni di una cabina telefonica.Batedo:
letteralmente equivalente alla locuzione “una gran quantità diâ€.
Il termine, pur nella sua sinteticità estrema, esprime con disarmante
successo l’immagine onomatopeica del tamburellare incessante di qualcosa
che si abbatte senza concedere tregua alcuna.
“Ho preso un batedo d’acqua!†esclamerà correttamente l’ignaro cicloturista appena
rincasatofradicio dopo l’ennesima bizza metereologica di queste mezze
stagioni ritornate prepotentemente di moda.Bazza:
intrallazzo, conoscenza tattica volta all’ottenimento di un bene senza
sottostare al regolare andamento di un’azione (saltare le code, sconti
all’atto dell’acquisto, botta di culo nel trovare l’ultimo pezzo di un
capo d’abbigliamento ad un prezzo stracciato ecc.).
Bona lè:
basta. Locuzione sintetica ma esaustiva per sancire il termine di
qualsiasi attività o discussione. “bona lè! non ne voglio mezza!â€
affermerà perentoria la fanciulla-bene all’incipiente quarantasettesimo
tentativo di “intomellamento†ad opera del maldestro maraglio di turno.
Vedi anche: “rigaâ€.
Bulbo:
capelli. Il bolognese veramente giovane affermerà al suo amico
scapigliato: “con questo vento hai un bulbo che non s’affronta!â€
CÃ rtola:
tipo giusto, molto fico, di un’altra (vedi). Se si “ha la cà rtolaâ€
significa che si possiedono tutte le caratteristiche necessarie
per fare colpo sull’universo femminile.
Cassa:
o meglio “essere in cassaâ€. Definisce lo stato comatoso conseguente ad
abuso di sostanze alcooliche e depone a grande sfavore del soggetto in
quanto assolutamente incapace di intendere e di volere. Es.: “mi sono
preso una cassa assurda!†esclamerà il morigerato fanciullo la giornata
susseguente ad una bravata con gli amicici.
Ciocà ta:
rimprovero, cazziatone. Più correttamente “cioccà taâ€, in cui la doppia “câ€
viene immolata senza troppi rimorsi sull’altare della corretta pronuncia felsinea.
“Ho preso una ciocà ta pazzesca†asserirà correttamente lo studente ripreso e
ridicolizzato di fronte alla platea di compagni di corso dal prof che lo ha “sgamatoâ€
mentre copiava la soluzione del problema di Analisi 2 dalla fotocopia ridotta e
filigranata del “Matricioni - Fortiâ€Dare la molla:
mollare, scaricare. Utilizzato principalmente nel senso di liberarsi
della persona con cui si era soliti accompagnarsi. Alla domanda “dove l’hai messa la morosa?â€
il giovane bolognese che vorrà distinguersi per eleganza e modernità risponderà convenientemente “cioé, le ho dato la molla, mi aveva troppo zagnato i maroni!†(vedi “zagnareâ€)Della serie...:
incipit per eccellenza che prelude ad una categoria assurda di
cui l’evento che viene commentato si ritiene faccia parte.
Fondamentale la “sâ€sibilante e la “e†molto aperta affinché la locuzione sia
effettivamente giovane ed efficace.
Essere di un’altra (o di prima, o di primissima):
sottointeso “categoriaâ€. Locuzione utilizzata per esprimere
entusiasmo e felicità per qualcosa. L’oggetto dell’espressione viene
immediatamente posto al di sopra di ogni confronto con oggetti simili ma
banalmente e tristemente più scadenti (di ultima).
Fanga:
scarpa. Tendenzialmente schivo e scarsamente esibizionista il giovane
felsineo apostroferà il suo interlocutore appoggiando un lieve:
“ho comprato delle fanghe in centro che sono di un’altra†.
Fare il proprio numero (non...):
locuzione di rimprovero che colpisce la giovane mente bolognese
fin dalla più tenera età e che lo accompagna nel corso della sua esistenza
pronunciata ora dall’amico di turno ora dalla dolce consorte la
quale,prontamente avvedutasi dell’imminente, ricorrente fragorosa
digestione del compagno nel corso del pranzo di nozze della sorella, lo
apostroferà così: “Non farai mica di nuovo il tuo numero?!â€
Gaggia:
mento di notevoli dimensioni e sproporzionato rispetto al resto
del viso.
Tra gli esempi più famosi citiamo Celìne Dion e Michael Shumacher.
Geppo:
scarso, maldestro, personaggio di scarso spessore. Aggettivo
dispregiativo utilizzato per additare persona sfigata di cui si nutre scarsa
considerazione. L’espressione può essere rafforzata
ulteriormente da specificazioni peggiorative come nei seguenti
esempi: “gebbo di ultimaâ€, “gebbo da fuocoâ€.
Impalugare:
allappare, invischiare. Tipico verbo da usare durante gare di
Orzoro, pangrattato a cucchiaiate senza bere. Il giovane bolognese che
tronfio estrarrà dal suo zainetto il mitico “tortino porretta†o il non
meno temibile “buondì classico†(privo dell’effetto lubrificante della
marmellata o della copertura di cioccolato) per la merenda si troverÃ
irrimediabilmente impalugato e quindi bisognoso di ettolitri di liquido.
Intappo:
abbigliamento particolare, look. Utilizzato in modo particolarmente
efficace per riferirsi a travestimenti o agghindature finalizzate
alla partecipazione a feste a tema (intappo anni ‘70). L’arrivo di un
amico dotato di zampa di elefante e stivaletto in pelle con cerniera
laterale verrà convenientemente salutato con un efficacissimo:
“meerda, che intappo! sei troppo di un’altra!â€
Intortare (da cui il sostantivo “intortoâ€):
circuire, ammansire con discorsi possibilmente lunghi e
fastidiosi a fini persuasivi. La pratica dell’intorto è tipicamente attuata dal
giovane di tendenza che, sfoggiando camicia “di primissima†ed il dodicesimo
calice di frizzantino al dehor del Rosarosae, dà prova di prorompente
logorrea alla fanciulla trampolata di turno al fine palese di ottenere
favori di natura sessuale.
Lesso:
tipo scarsamente sveglio. “Luilì è un lesso!†esclamerà la sagace
fanciulla bolognese additando il giovane di passaggio il quale,
la sera precedente, alla visione della suddetta in soli autoreggenti e
sandali con tacco vertiginoso, non ha compreso le malcelate intenzioni
sessuali della focosa compagna.
Maraglio:
aggettivo sostantivato utilizzato per identificare ragazzi/e abbastanza
grezzi che si mettono in mostra in modo vistoso e cafone. Il
giovane della Bologna bene affermerà “che gran maraglio!†indicando
platealmente il possessore della Renault 5 turbo con ruote iperlarghe e adesivi sul
genere “turboâ€, “Rabbitâ€, “O’neillâ€.
Non c’è pezza:
locuzione ermetica che affonda le radici ai tempi di vacche magre
in cui le pezze potevano sancire la salvezza di un capo di
abbigliamento ormai logoro. Quando “non c’è pezza†significa che non vi è modo di
recuperare lo strappo e, per traslato, sottolinea l’ineluttabilità di un
evento senza che si possa fare niente per evitarlo o per negarlo.
“Devo mettermi a dieta, non c’è pezza!†esclamerà non senza una nota di tristezza
il giovane imbolsito da vagonate di tigelle e crescentine.
Non si affronta:
locuzione atta ad indicare situazioni o immagini al limite della
gestibilità o comunque sgradevoli a qualunque dei cinque sensi
(vedi esempio precedente)
Non volerne (più) mezza:
essere saturo di una cosa al punto di non volerne più sentire parlare.
Appare evidente il superiore impatto emozionale della locuzione
felsinea al confronto del ben più prolisso ed inefficace corrispondente
italiano.Vedi anche “scendere la catenaâ€
Paglia:
sigaretta. Tipica l’espressione del galantuomo bolognese il
quale, dopo avere sorseggiato il quinto “mohitoâ€, si rivolge elegantemente al
tavolo accanto al proprio biascicando: “oh, raga, avete una paglia?â€
Panno:
coperta (del letto). Viene chiamato a gran voce dal galantuomo
bolognese al sopraggiungere dei primi freddi apostrofando così la
signora: “Oh, Cesira, tira fuori il panno!â€
Pezza:
sostantivo derivato dal verbo “impezzare†ossia usare la dialettica per
chiudere all’angolo un altro individuo contro la sua volontà , il quale,
dopo alcune orette sbotterà “cioé, mi stai tirando una pezza allucinante!
cioé, non ti si affronta: bastaâ€. Vedi anche “tomellaâ€
Pilla (fresca):
soldi, denaro. Sostantivo generalmente utilizzato per
sottolineare le capacità economiche famigliari che permettono al vitellone di
sfilare di fronte al “Calice†sull’ultima spider in compagnia della
gnocca di turno “merda che ferro! luilì ha della gran pilla!â€
Polleggiarsi:
riposarsi, stare calmi. Viene utilizzata spesso la forma
imperativa del verbo in tono intimidatorio per raffreddare i bollori del
maraglio di turno che spinge per non fare la coda all’ingresso della disco:
“Oh, polleggiati subito!â€
Riga:
basta, finito. La citazione della linea che determina la fine
dell’elenco degli addendi nella somma del verdurajo definisce per traslato la
fine di ogni attività . Si fa seguire spesso e volentieri a “bona lèâ€
(cfr.)
Rusco:
pattume, spazzatura. “Cacciala nel rusco!†si sentirà dire il
tapino giunto al passo della Raticosa con mezz’oretta di ritardo
rispetto agli altri amici dotati di moto ben più moderne e prestazionali.
Sbarbina:
ragazza piccola di età , non oltre i 12/13 anni, usato meno frequentemente
anche riferito ai ragazzi. “Quando ero sbarbino...â€
Sborone:
esibizionista, personaggio che si fa notare rumorosamente, privo
del benché minimo senso di misura, tatto ed eleganza. La diffusione
del malcostume nazional-popolare di stampo catodico tipico di questo
periodo storico ci offre continui esempi di “sboroni†che spaziano dagli
ostentatori di status simbol (auto, moto, abiti griffati, accessoristica
elettronica di vario genere) accomunati dalla caratteristica di
avere elevati prezzi senza possederne corrispondenti contenuti, ai più
classici autocelebratori di prestazioni sportive, sessuali nonché
spacciatori di falsissime amicizie altolocate.
Scendere la catena:
tipica espressione che comunica il disarmo finale nei confronti
di qualsivoglia evento al punto da non “volerne più mezzaâ€. Le due
espressioni si rafforzano spesso in un confronto sintattico che
porta il giovane ingegnere alla settima ora di scritto dell’esame di stato
ad affermare: “bona lè, riga! mi è scesa la catena: non ne voglio
più mezza!â€. Lo stesso verrà ritrovato poche ore dopo completamente
“in cassa†di fronte al pub irlandese...
Sfrombolare:
gettare via, lanciare. Verbo che ben descrive gesti plateali e
definitivi volti all’eliminazione fisica di qualsiasi oggetto divenuto
inutile o comunque sgradito. “Soccia che stereo!†si dirà appena saggiata
la potenza sonora dell’ultimissimo ritrovato acustico situato in camera
dell’amico “...e che ne hai fatto di quello vecchio?†“l’ho sfrombolato giù
dalla finestra!â€
Sghetto (andare di):
espressione volta all’identificazione di contesti fortunosi che
hanno consentito il concretizzarsi di eventi altrimenti improbabili.
Tipico l’incipit dello studente universitario nullafacente e vitajolo
che, all’ingresso dell’aula dove si tiene l’esame di “scienza delle
costruzioniâ€, con la fiatella ancora turbata dall’alcool ingerito
la notte precedente esclama: “oh raga, se passo questa mi va fatta di sghetto!â€
Spanizzo:
persona che si fa notare, che non si tira indietro, che osa in
maniera evidente ma comunque degna di ammirazione. L’immagine, per quanto
possa sembrare somigliante ad una prima lettura superficiale,
differisce sensibilmente da quella dello “sborone†(cfr.) in quanto non
comprende l’accezione negativa caratteristica di quest’ultimo.
Tiro:
è l’azione di schiacciare il bottone che apre il portone del palazzo.
Quando il gentiluomo bolognese si troverà ai piedi del condominio
dell’amata, suonerà il campanello pronunciando la frase:
“Ciao, sono io, mi dai il tiro?â€
Tomella:
si riferisce all’atto di “intomellare†ossia di riversare fiumi
di parole sul prossimo cercando di convincerlo delle cose più disparate.
“Cioé, mi hai fatto una tomella assurda, mollami subito!†dirÃ
elegantemente il PEx
alla pretendente fanciulla affascinata da tanto potere e denaro.
Vedi anche “pezzaâ€.
Zagnare:
rompere, infastidire. Forma verbale tipicamente utilizzata nella
più ampia locuzione “zagnare i maroni†dove l’azione si eleva ad una forma
catartica ed universale che colpisce inevitabilmente le parti più intime e
sensibili della corporalità maschile, ultimo ed ineluttabile bersaglio
delle persone più insopportabili che la vita ci para dinanzi.