Non sono pelati e non fanno la salsa, ma un bluejazz saporito e verace, frutto di una passione che non è mai passata.
I Pommodors sono le ultime primizie spuntate nel campo musicale barese con un CD (purtroppo le cassette non vanno più di moda) che verrà presto lanciato sul mercato locale.Il gruppo (o se preferite il grappolo) si è formato poco più di un anno fa con l’intento di coltivare un ambizioso progetto: riproporre nell’inedita versione in dialetto barese, alcuni tra i più bei brani della black music anni ’60, resi celebri dai grandi artisti della Blue Note. Il risultato è un curioso miscuglio musicale, in bilico tra le sonorità della tradizione e la spassosità della traduzione (il più possibile fedele al testo originale). “La musica dei Pommodors è una cosa seria" – dice Francesco D’Elia, il cantante del gruppo – o tuttalpiù semi-seria (se vi piacciono i semi). Certo, non sarà il sofisticato swing revival di Michael Bublè o di Robbie Williams, ma è comunque un esperimento colto (o “appena colto†se vogliamo proseguire con la metafora) da non confondere con il “demenziappulo†alla Leone di Lernia. Il nostro fine non è lo sberleffo, ma al contrario è proprio il rispetto dello spirito più autentico di questi brani. Uno spirito che raramente viene compreso appieno, dato che in pochi capiscono lo slang del blues.Sono testi bellissimi nella loro semplicità , che affrontano con ironia e leggerezza i problemi e le miserie della vita di tutti i giorni. Parole senza luogo né tempo, scritte con il cuore - quasi sempre spezzato - per lagnarsi di una donna che non ti ama abbastanza o che ti ama troppo, dei soldi che non bastano, della solitudine o dei pregiudizi della gente. Canzoni che assomigliano più a discorsi tra amici che a poesie intimiste. Per questo tradurli in italiano è quasi impossibile. L’italiano è la lingua del telegiornale, delle interrogazioni a scuola. Se si parla di femmine, se si racconta un fatto, se ci s’incazza lo si fa in dialettoâ€. Ed è così che grandi standard come “It ain’t nobody’s business (if I do)â€, “CC Riderâ€, “Is you is or is you ain’t my maby†si riappropriano del loro autentico significato trasformandosi in “Addo’ ste scritte (ca so’ fatt tue)â€, “Sì, sì, rideâ€, “Sii tu sì o non sii la zita mejâ€. Una metamorfosi che d’altronde non riguarda il sound, rigorosamente sixties, ricreato con maestria da Peppe Fortunato al piano, Mimmo Pugliese al contrabbasso, Renato Ciardo alla batteria e impreziosito dai virtuosi assoli di sax e tromba ad opera di Gaetano Partipilo e Andrea Sabatino, due tra i più quotati interpreti del jazz made in Puglia, e dall’intervento di Raffaello Tullo alle percussioni. Insomma, quella dei Pommodors è una ricetta decisamente insolita ma allo stesso tempo ricca gusto e originalità per il singolare accostamento tra due culture così distanti, e non solo geograficamente.“Bari ha uno strano rapporto con la musica – dice Mimmo Pugliese – ascolta da sempre quella degli altri, perché la sua non l’ha mai avuta. Forse proprio per questo il pubblico rimane piacevolmente sorpreso di scoprire la musicalità del nostro dialetto. Spesso dal vivo cominciamo a cantare in inglese e poi passiamo al barese. L’effetto è esilarante. Le persone si girano, sorridono, ascoltano e alla fine persino si divertono. Ma non dovrebbe essere sempre così? Se abbiamo mischiato i capolavori con i pomodori, in fondo l’abbiamo fatto proprio per questoâ€.La formazione "live" dei Pommodors è composta da: Frank D'elia: voce - Peppe Fortunato: piano - Renato Ciardo: batteria - Mimmo Pugliese: contrabbasso - Michele Rubini: sax contralto e tenore - Nicola Pesce: trombone