I'd like to meet:
Ho fatto un sogno... " ............. I miei sogni - parlo di quelli che faccio di notte - sono sempre lunghi, agitati, confusi, violenti, situazioni al limite. Per questo il mio ideale è la serenità , la calma. Che per me è una continua ricerca, e forse mai un punto di arrivo. Del resto, come cantava De André, penso che "la stessa ragione del viaggio" sia "viaggiare". A volte la trovo, la calma, crescendo. Credo molto nella crescita, quella che arriva con le batoste, soprattutto ingiustificate. Per dire, se rovesci una bottiglia d'acqua e tua madre ti dà un ceffone è una cosa, se te lo dà senza motivo è un'altra, ed è lì che paradossalmente cresci. Penso parecchio, costruisco situazioni. Sono una persona solitaria, un po' per scelta, un po' per storia familiare, un po' per carattere. Almeno fino a qualche anno fa, ho vissuto come un lupo. Ero estremamente diffidente, in qualsiasi situazione cercavo la via di fuga e pensavo sempre al peggio; me lo ha insegnato la vita. Anche adesso, nella mia tana entra chi dico io, e se non si comporta bene ne esce per sempre. I risultati sul lavoro non hanno cambiato il mio modo di vedere le cose. Da adolescenti si pensa che diventando ricchi e famosi si risolveranno tutti i problemi; ma si è adolescenti, appunto. Viceversa, il fatto di avere raggiunto molto ti mette a confronto con la tua povertà : se risolverai qualcosa, sarà per conto tuo, non certo perché hai successo. Pensare troppo forse è sbagliato; non è un caso che, nella vita, le cose che mi sono piaciute di più erano quelle che mi permettevano di evitarlo. Tuttavia, credo sia essenziale saper stare da soli. Mi dispiace che ai bambini si insegni a fare sempre parte di qualcosa: la classe, gli scout... Tutte cose che vanno benissimo, ma bisognerebbe insegnare che anche avere uno spazio per sé è un valore. Uno dei momenti più affascinanti, per me, è quando uno si chiede per la prima volta cosa sta a fare al mondo. La mia infanzia - ero uno sgorbio di 20 chili - è stata bella, e mi ha lasciato molti ricordi. Mi ricordo di quando ho imparato a leggere e persino della mia prima erezione - a sei anni, di fronte a una maestra tirocinante che evidentemente mi piaceva molto - e il mio imbarazzo nel tentativo di nasconderla. Gli anni dai 13 ai 20, invece, sono stati tragici, al punto che non li ricordo, fatico a mettere in ordine le cose. Sono credente, anche se non cattolico, anzi, anticlericale. Secondo me, credenti lo siamo tutti. Credo nel Dio della fisica, della matematica, del cielo, della musica. Quando ascolto il Requiem di Mozart, per me quello è Dio. Con lui, io parlo spesso. Lo affronto, ci litigo, gli do del tu in maniera anche violenta. C'è un passo della Bibbia in cui l'uomo si rivolge a Dio dicendo: se è vero che tu sei mio padre e io sono tuo figlio, allora anche tu hai dei doveri verso di me. Per ufficializzare il mio legame con Dio mi sono fatto tatuare una croce sul dito del matrimonio, l'anulare sinistro. Gli altri due tatuaggi sono sulle braccia. Uno è per me: dice, in greco antico, "adesso è il momento di bere", e segna un passaggio sentimentale importante. L'altro è per mio fratello, la persona cui sono più legato. L'ho fatto dopo una sua grave malattia. Ho voluto tatuare "el hermanazo", il modo in cui si firmava quando viveva in Venezuela. Io e lui da sempre avevamo il sogno di aprire un ristorante. Lo abbiamo realizzato: è a Genova e si chiama Le mamme, perché io e Roberto ne abbiamo avute diverse: la nostra e varie amiche di famiglia, ognuna con la propria specialità gastronomica. L'altro locale, Il Clan, è per l'aperitivo e il dopocena. Il nome non è un caso: per me era importante creare un gruppo che lavorasse assieme in vista di un obiettivo, che fosse vendere panini o sfamare i bambini dell'Uganda. In effetti, oggi è proprio così: tutti i miei soci mettono le mani in cassa, di loro mi fido ciecamente. Proprio Il Clan questa estate mi ha portato a Riccione - quando i genovesi sono in vacanza, il locale si trasferisce lì - dove mi sono preso cura di un cucciolo di delfino, ripescato, piuttosto malconcio, dalle acque dell'Adriatico. Stavo ore intere in vasca con lui - anzi, con lei - a nutrirla e a farla giocare. La mia storia di allora è finita perché la mia fidanzata si è accorta che preferivo stare all'acquario che con lei. Ora c'è una mia ex compagna di scuola, un'amica, alla quale penso. Un grande amore, del tutto platonico. Poco tempo fa ci siamo confessati che, se avessimo fatto l'amore, sarebbe successa una catastrofe. Ma non ci manca niente: non abbiamo bisogno di penetrarci, né di avvolgerci: ci pensiamo, e questo basta. Sono stato sempre molto bene con le donne, anche se poi qualcosa si rompe, e allora lo dico. Si sente spesso parlare dell'amore come di una necessità : si "deve" avere una compagna, fare una famiglia... Io ragiono diversamente. Non ho mai detto bugie, almeno sul piano affettivo, né "ti amo" per dovere. E trovo che siano parole sopravvalutate. Un altro sogno, questo però da realizzare, è, oltre a recitare e in futuro fare il regista, lavorare sugli attori come acting coach, cioè insegnante di arte drammatica sul set. E poi, negli 800 metri quadri che stanno accanto ai miei locali, vorrei aprire una scuola di recitazione e danza. Ma servono molti soldi. Ho chiesto aiuto in giro, mi hanno detto che l'opera è meritoria e io coraggioso, ma tutto è finito lì. Mi fa tristezza che in Italia il mestiere dell'attore sia storicamente non riconosciuto. Vedo chi viene a fare i provini: manca l'impostazione vocale, quella motoria... Eppure alcuni di loro hanno frequentato le scuole. Io sono diventato attore con pazienza, tenacia e forza della disperazione. Un mio insegnante diceva che recitare è come mettersi in mutande davanti alla gente. Se lo fai, hai qualcosa che non va, e forse è una molla efficace. Poi ci vogliono anche il narcisismo, l'esibizionismo... Non un sogno, ma una passione: leggere, in particolare vicino all'acqua. Leggo moltissimo, libri belli e anche brutti. Ho amato La possibilità di un'isola di Houellebecq. Ma il mio preferito resta Breat Easton Ellis, che conosco molto bene anche perché ho fatto American Psycho a teatro per due anni. Consiglio Lunar Park; chi non ha letto tutto questo autore, però, ne coglie la bellezza solamente per metà . Sto anche provando a scrivere un libro mio. L'io narrante racconta al figlio una favola su una sorta di scemo del villaggio, ma poi i due piani si confondono... Non so se questa attività mi fa così bene: ogni tanto si scoprono nervi dolorosi, e il risultato è raramente all'altezza dei miei desideri. D'altronde, sul display del mio cellulare c'è la frase finale di American Psycho: "Questa non è un'uscita". Appare ogni volta che lo accendo. Perché è così: non è un'uscita il successo, non lo è la scrittura, non lo è la recitazione, non lo è l'amore, non lo è il sesso. L'uscita, semmai, sei tu. " Luca Bizzarri. ( tratto da "Ho fatto un sogno" su "D" di Repubblica,testo raccolto da Ambra Radaelli)
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