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RECENSIONI
IL MUCCHIO
NOHAYBANDATRIO
Tsuzuku
Zone di MusicaFenomenale. Non stiamo tanto a girarci attorno: questo “Tsuzukuâ€, è fenomenale. Che bisognasse aspettarsi qualcosa di buono era in parte prevedibile: l’unione di Fabio Recchia (già eminenza grigia della scena avant-core romana), Marcello Allulli (sassofonista di vaglia in ambito jazz) ed Emanuele Tomasi (immerso anche nell’avventura MiceCars) sulla carta prometteva. Ma poteva anche essere uno di quei progetti basati soprattutto sull’improvvisazione, con supposta libertà stilistica sbandierata e confusione effettiva sciorinata – insomma, una di quelle cose in cui si diverte più chi suona che chi ascolta. Invece questo album è un piccolo miracolo di equilibri e di cura: perché se l’improvvisazione c’è, e in alcuni momenti è anche abbastanza radicale, se la voglia di stupire l’ascoltatore aggredendolo non manca, come da tradizione jazzcore, se la cerebralità dell’approccio non è poca, e non lo è, bisogna però al tempo stesso dire che al contrario di altri progetti simili qua c’è una grande disciplina compositiva. È rispettato un equilibrio sensato tra parti improvvisate e parti suonate, c’è una qualità altissima in ogni riferimento (se si cita il jazz, lo si cita bene, se si cita il prog, lo si cita bene, se si cita il post rock, lo si cita bene: e guardate che accade di rado, molti si fermano più al gesto in sé che alla sostanza), ma comunque si è sempre alla ricerca di una scorrevolezza di fondo, che renda la musica digeribile anche per chi non si ascolta i Naked City a colazione. Gli Zu sono veterani e caposcuola, gli Squartet sono degni allievi (anche se per ora sono meglio dal vivo che su disco); ma Nohaybandatrio è ben sulla strada di andare perfino oltre, grazie al senso per la scorrevolezza di cui prima. Le specificazioni nel booklet, necessarie quanto scritte in modo un po’ pedante, su come il Trio sia in qualche modo un finto sestetto, le lasciamo a voi. Ché davvero vorremmo spendeste un po’ di euro per questo CD (www.myspace.com/nohaybandatrio).Damir Ivic
ROCKIT
Nohaybandatrio - (tsuzuku)
Zone di Musica - Venus (2006)
di Simone 'Strummer' Cosimi
A me i dischi come questo mi fanno impazzire. Mi piacciono troppo. Perché
secondo me (parte della) musica contemporanea deve provocar(mi) un effetto in
particolare, fra i non molti di cui desidererei essere vittima: non avere la più
pallida idea su come definire quanto mi ritrovo ad ascoltare. Trattasi di sensazione
lugubre e al contempo eccelsa. Comunque. Cazzi miei.
Qui ci sono tre signori musicisti – Fabio Recchia, già produttore di Zu e Brutopop;
Emanuele Tomasi, sound designer e con i Micecars; Marcello Allulli, jazzista giÃ
con Kenny Wheeler, Tony Scott e Art Blakey - che hanno messo in piedi un
sestetto nato da una session d'improvvisazione. Si, esatto: sono in tre ma suonano
ciascuno due strumenti contemporaneamente. Senza parti pre-registrate.
Niente paura, cuori deboli che cercano a tutti i costi il genere cui appigliarsi: il
risultato è spiazzante (neanche troppo) ma melodico. Graffiante, malefico ma
fruibile anche da chi detesti questo tipo di esperimenti e parta pregiudizialmente
ostile.
Di solito – non sapendo appunto come definire quanto si ha in cuffia - a questo
punto si dice qualcosa tipo: "il trio riesce ad unire la potenza e l'impatto del rock e
dell'hardcore a temi che sembrano scritti per colonne sonore passando per
strabordanti tirate noise". Cose così.
E infatti proprio questo c'è da dire: se a tratti ("Acquolina") il suono si fa
sincopato, potente ed imprevedibile, altrove i tre scatenati musicisti danno spazio
a oscure, altalenanti e cinematografiche suites che sfiorano il rumorismo puro
("Bon 1p", "Bon 2p", "Bastardi Alieni ridateci Elvis"). Così come zompano poi fuori,
d'improvviso, ricorsivi ed allucinogeni arrangiamenti post-rock ("Tsuzuku") o veri e
propri brani fusion ("Il Tukatì") che – pur nell'opera di costante ed impassibile
sfilacciamento armonico - tornano a farsi, come comprensibile visto il contesto in
cui sono immersi, più "facili" per l'orecchio.
Ho un solo, vago riferimento, ecco: se però non scandalizza le vostre menti
pregiudizialmente orientate. Gli echi sono migliaia e non vorrei certo risalire a
Zorn per farmi capire. L'approccio può essere, per esempio, quello dei Mars
Volta. Ma – sia chiaro – con molti molti meno tecnicismi e molta più tecnica,
molta molta morbidezza e molta molta più intelligenza compositiva. E –
ovviamente – declinati secondo la logica jazz-core – il peso del sax di Allulli è
fondamentale.
Quindi tutta un'altra cosa. Solo per dirvi qual è la lunghezza d'onda. Quasi un
primascelta. (23-11-2006)
Supporto: CD con traccia CD-ROM