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Andrea Ginestri

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About Me

Tutta colpa di Babbo Natale
Nel 1973 avevo ben sette anni... ma a Babbo Natale ci credevo ancora, e come! E così gli scrissi la mia bella letterina, chiedendo un organo elettrico Bontempi che puntualmente arrivò! Aveva due ottave, era bellissimo... telaio rosso fuoco ! C'era il solito libretto con qualche brano con i numerini segnati sotto la partitura Il Carnevale di Venezia fu il primo che imparai... 12, 13, 12, 11, 10, 11, 9. Non mi sembrava vero! L'idea che premendo quei piccoli tasti uscissero dei suoni, o presunti tali, mi sconvolgeva... una sensazione inspiegabile. Sono sempre stato attratto dal suono dell'organo, per la sua potenza, la sua maestosità, perché è uno di quei suoni che ti entra dentro e che senti non solo con le orecchie ma con tutto il corpo! Del libretto però mi stufai molto in fretta, preferivo di gran lunga cercare di "imitare" i brani che sentivo in televisione, alla radio o che mi cantava mia madre. Ogni volta che ero attratto da una canzone andavo da lei e le dicevo: "Mamma canta !" Lei si metteva lì con calma, cantava, ed un pezzo alla volta saltava fuori tutto il brano. Incredibile ! Sono sempre stato limitato nei movimenti a causa di una forma di tetraparesi spastica ma questo non ha mai condizionato la mia voglia di esprimermi, nella musica in particolare; nel giro di pochissimo tempo capimmo tutti che avevo un buon orecchio e che mi veniva istintivo imitare qualsiasi cosa mi capitasse di ascoltare. Per me era un gioco, passavo interi pomeriggi a suonare, suonare. Mi divertivo come un matto !
Gli anni all'AGAMUS
L'anno dopo cambiai scuola, andai a fare la terza elementare in una scuola "normale", Ero felice di questo ma al tempo stesso non fu facile lasciare alcune cose di quel centro per bambini spastici, più di tutto credo, il maestro Ciaccio, che invece di insegnarmi a leggere e scrivere, mi insegnò a camminare. Il caso volle che nella classe in cui finii conobbi Alberto, figlio di Adolfo Conrado, che da alcuni anni aveva creato l'AGAMUS (Associazione dei Giovani Amici della Musica di Grugliasco). Proprio quell'anno inizio a venire in classe una volta alla settimana a farci "giocare" con la musica. C'era un qualcosa nel mio modo di battere il tempo che forse lo incuriosiva, non so bene; chiese a mia madre di portarmi ad ascoltare qualche concerto in Associazione, e dopo tre anni entrai anch'io nella sua scuola. Non fu facile ma con molta delicatezza mi spiegò che il pianoforte, strumento che io avevo scelto di studiare, non faceva per me, e così iniziammo ad esplorare insieme il mondo delle percussioni, per poi andare a dedicarci interamente allo xilofono basso. Proseguii la mia attività all'interno dell'Associazione per ben undici anni senza tuttavia abbandonare l'organo, che intanto ogni due o tre anni cambiava di dimensione, diventando sempre più grande, e che suonavo a casa per mia passione personale.
La Scuola Civica
Ad un certo punto, nel 1987 mi disse: "Bene Andrea! Fin'ora hai giocato e ti sei divertito. Adesso è arrivato il momento di fare qualcosa di serio!!!" Mi propose allora di frequentare un corso per Educatori musicali presso la Scuola Civica Musicale di Torino; un corso triennale all'interno del quale diedi l'esame di Teoria e Solfeggio, Elementi di composizione e direzione corale e Armonia. Durante questo corso ebbi la mia prima vera opportunità di affrontare seriamente il discorso dell'Ascolto e Analisi musicale, un argomento che già da alcuni anni aveva iniziato ad incuriosirmi molto.
Il Jazz
Intanto il mio rapporto con la tastiera aveva ormai raggiunto un buon livello di maturazione, più o meno nello stesso periodo nacque in me un nuovo grande interesse. Il Jazz! Erano gli anni in cui iniziai ad uscire di sera, conoscere amici e situazioni musicalmente un po' diverse da quelle che per molto tempo erano state la consuetudine. Scoprii che il mio amore per il pianoforte era molto più intenso di quello che avevo creduto fino a quel momento e poi, cosa curiosissima, avevo iniziato a capire che il mio modo di suonare, di improvvisare, e perfino le mie imperfezioni dovute al mio problema fisico erano assolutamente consone al Jazz! Nessuno apprezzerà mai una nota sbagliata o un'acciaccatura non proprio voluta in una sonatine di Clementi, ma se tutto questo lo prendiamo e lo consideriamo in relazione ad un brano di Bill Evans o a qualsiasi altro Standard il tutto diventa grandioso. Funziona!
L'incontro con Dino
Andando in giro per locali iniziai a conoscere qualche musicista della scena torinese. Uno in particolare, Dino Pelissero, a cui una sera trovai il coraggio di dire non solo che sapevo suonare, ma che mi sarebbe piaciuto tantissimo provare una volta a suonare con lui. Secondo me rimase un po' sorpreso, ma naturalmente disse di si! La settimana dopo tutti i miei amici hanno riempito quel locale e per me fu sicuramente una delle più belle serate della mia vita!!! Da quel momento è stato un unico, grande crescendo. Ogni volta che c'è la possibilità mi invita a suonare con lui, abbiamo fatto moltissimi concerti insieme Siamo stati anche a Roma in un contesto "da paura!" A dire il vero io non vedo Dino come un vero e proprio jazzista Sicuramente la sua musica ha risentito di grossi influssi dal jazz, ma il suo genere spazia e trova anche le sue radici nella musica etnica. Grosse influenze africane, indiane e soprattutto una grande capacità di fondere e amalgamare vari stili adeguandoli alle situazioni che di volta in volta si vengono a creare sul palco. Mi trovo molto bene con lui, mi piace, mi diverto Anche grazie a lui e alle situazioni che appunto si creano penso di essere cresciuto musicalmente e di avere maturato non solo un'ottima esperienza ma anche di aver conosciuto ed approfondito stili che non conoscevo.
L'incontro con Michel
Più o meno in questo periodo ci fu un altro evento musicale che mi colpi parecchio. Un giorno un collega di ufficio mi propose di andare a sentire un pianista che non conoscevo assolutamente; avevo sentito un suo cd ma, chissà, forse non mi era piaciuto così tanto. Entrato in teatro vidi spuntare faticosamente un nanetto con due stampelle Era Michel! Michel Petrucciani, oggi per me "il mio Maestro". Non credo di essere in grado di esprimere cosa provai quella sera; so solo che rimasi impietrito tutto il tempo e alla fine mi venne da piangere. Aspettai che uscissero tutti e poi andai da un addetto alla sorveglianza dicendogli: "Vorrei andare dal maestro !" Spiazzato, cercò di dirmi che non era possibile o qualcosa di simile, ma dopo meno di dieci minuti io ero da lui ! A dire il vero non riuscii a dirgli moltissimo, ebbi solo la forza di esprimergli tutto il mio stupore e la mia ammirazione. A distanza di poco tempo riuscii, credo di essere riuscito, a fargli arrivare una mia lettera nella quale gli parlai un po' di me e della mia musica e, da buon impavido quale mi ritengo, gli dissi che per me sarebbe stato un grandissimo sogno e onore poter suonare una volta con lui. Purtroppo non ci fu il tempo ne di sapere se ricevette la mia lettera, ne di sapere cosa pensasse delle mia folle idea! Sicuramente ogni qual volta sento un suo pezzo o cerco di "rovinarne" uno alla tastiera non posso fare a meno di pensare alle emozioni che provai quella sera.
La mia Africa!
Nelle estati del 1996 e 1997 andai a fare una vacanza in Senegal. Per puro caso un'amica mi disse che aveva sentito di un corso di djembe e sabar in un villaggio vicino a Dakar, mi chiese se mi interessava e io non ci pensai due volte!!! Quella si che fu una "botta di vita"! Ho scritto qualcosa di quell'esperienza in un articolo. Come spesso accade, una volta tornato, fui incuriosito dal portare avanti questo discorso. All'inizio lo feci con Djibrill, l'amico senegalese organizzatore del viaggio allora residente vicino Torino; una volta sparito lui, io e alcuni miei compagni di avventura, conoscemmo Bruno Genero, forse il rappresentante "bianco" più significativo della musica dell'Africa occidentale e sicuramente uno dei maggiori conoscitori italiani delle tradizioni e della cultura di quella zona. Entrare in sintonia e successivamente in confidenza con lui fu una delle cose più difficili che mi sia mai capitata, credo di averci impiegato più di un anno, ma sicuramente ne è valsa la pena. C'è una parola che l'Africa mi ha insegnato "Respect !" Penso che in questa parola si possa esprimere e riassumere tutta la filosofia di Bruno.

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Ciao a tutti!

Prima o poi in questo spazio faremo un po' di "dissertatio" sul modo di concepire la Musica... Abbiate fede!
Posted by Andrea Ginestri on Sat, 05 Jul 2008 08:13:00 PST