Trovare la propria VOCE. Cercarla, almeno.
E’ una strada lunga, lunga più di un secolo, quella che porta al JAZZ di Rico & the Undertakers. E’ un lungo lavoro di scrittura, di sottrazione e sintesi, alla ricerca di musica che possa passare dalle orecchie alla pancia, dove risiede l’ANIMA. Fare musica non dovrebbe essere solo paura di sbagliare nota. L’anima è un’altra cosa. L’anima è nel lamento di Bessie Smith che canta del cuore di pietra del suo uomo. E’ nel suono roco della cornetta di Bubber Miley. E’ in Bukka White, Mississippi John Hurt, Charles Mingus, Nino Rota, Johnny Cash, gli Staples Singers.
E’ durante la ricerca di una voce che possa rappresentare la propria anima che Rico vede gli Undertakers.
Un insieme dal suono puro e ruvido. Il giallo dell’ottone su sfondo di corde e tamburi. Ritmi di marcia mescolati al country anni trenta, l’arte della fuga che tampona il free jazz, il Cotton Club a braccetto col calypso. Il BLUES.Ogni canzone è concepita come un piccolo atto unico, e dentro c’è la vita: si nasce, si ride, si piange, si prega, si mangia, ci si innamora e si muore.