About Me
Velimir Khlebnikov first name also spelled Velemir; last name also spelled Chlebnikov, Hlebnikov, Xlebnikov), pseudonym of Viktor Vladimirovich Khlebnikov (November 9, 1885 (October 28, 1885 (O.S.) – June 28, 1922), I was a central part of the Russian Futurist movement, but my work and influence stretch far beyond it. I belonged to the most significant Russian Futurist group Hylaea (along with Vladimir Mayakovsky, Aleksei Kruchenykh, David Burliuk, and Benedikt Livshits), but have already written many significant poems before the Futurist movement in Russia had taken shape. Among his contemporaries, I was regarded as "a poet's poet" (Mayakovsky referred to me as a "poet for producers") and a maverick genius. I am known for poems such as "Incantation by Laughter", "Bobeobi Sang The Lips", “The Grasshopper†(all 1908-9), “Snake Train†(1910), the prologue to the Futurist opera "Victory over the Sun" (1913), dramatic works such as “Death’s Mistake†(1915), prose works “Ka†(1915), and the so-called ‘super-tale’ “Zangeziâ€, a sort of ecstatic drama written partly in invented languages of gods and birds. In my work, I experimented with the Russian language, drawing upon its roots to invent huge numbers of neologisms, and finding significance in the shapes and sounds of individual letters of the Cyrillic alphabet. Along with Kruchenykh, I originated zaum. I wrote futurological essays about such things as the possible evolution of mass communication ("The Radio of the Future") and transportation and housing ("Ourselves and Our Buildings"). I described a world in which people live and travel about in mobile glass cubicles that can attach themselves to skyscraper-like frameworks, and in which all human knowledge can be disseminated to the world by radio and displayed automatically on giant book-like displays at streetcorners. In my last years, I became fascinated by Slavic mythology and Pythagorean numerology, and drew up long "Tables of Destiny" decomposing historical intervals and dates into functions of the numbers 2 and 3.Sono nato a Tundutovo [Astrakhan] nel 1885 ho studiato matematica all'università di Kazan, e poi mi sono trasferito a Pietroburgo dove entrai nell'ambiente letterario dominato allora dai simbolisti; ho sostituito il mio nome anagrafico Viktor con quello slavo di Velemir. Nel 1909 ho pubblicato con altri il primo almanacco futurista, "Il Vivaio dei Giudici" (Sadòk Sudéj) e nel 1913 ho contribuito alla stesura del primo manifesto del futurismo russo “Schiaffo al gusto del pubblico†(Po,,cècina òb,,cestvennomu vkusu); sono sempre stato vicino al gruppo futurista e in particolare a Vladimir Majakovskij, Alexej Krucënych, David Burljuk e Benedikt Liv,,ic coi quali avevo fondato il gruppo dei “Budletjaniâ€, dal nome russo della parola “saròâ€. Durante la guerra civile del 1918-21 mi sono schierato con i bolscevichi; catturato dall'esercito bianco, dopo l'arrivo dei rossi ho iniziato a vagabondare per il paese facendo i più disparati mestieri... mi sono trasferito in Persia, dove vivevo di carità e con mezzi di fortuna e, per via del mio aspetto caratterizzato dai capelli lunghi e incolti fui soprannominato dai locali con gli appellativi di “Dervis Urus†(derviscio russo) e “Gul Mulla" (sacerdote delle rose). Ho trascorso una vita dominata dal bisogno di libertà , dal rifiuto delle convenzioni borghesi, da un perpetuo nomadismo. Il nomadismo è una delle caratteristiche della mia poesia, attraversata da una iterazione erratica di figure e immagini che si dispongono con la frammentarietà e il disordine dei disegni infantili e della prospettiva cubista. Tra questi nuclei semantici ricorrenti, unici elementi di coesione in una lirica disarticolata, proponevo immagini di civiltà arcaiche, spaccati di epoche remotamente maestose, che evocavano l'eterna "asiacità ", magica e immota della terra russa, contrapposti al trambusto meccanico della civiltà moderna, io ricalcavo a tratti modi dell'epos orale, soprattutto negli interminabili elenchi di nomi antichi, esotici, insoliti, in cui la poesia sembrava trovare una primordiale funzione magica. Infaticabile creatore di stravaganti utopie, ebbi anche quella di una "lingua universale", una specie di esperanto basato sul significato simbolico delle lettere dell'alfabeto russo che diede origine al movimento “Zaumâ€. Questa utopia procedeva da una straordinaria facoltà di 'sentire' fisicamente il linguaggio e le sue stratificazioni di senso, facoltà che caratterizzò tutta la mia opera e ebbe il suo sviluppo più appariscente nella mia produzione "transmentale", le liriche tramate di soli fonemi, ma sempre attente alle risonanze etimologiche. I miei scritti restarono in gran parte dispersi in riviste, o inediti, fino a quando Jurji Tynjanov li raccolse in 5 volumi (1928-1933). Per il mio splendido miscuglio di candore e tensione sperimentale, il riattraversare in profondità infiniti spessori stilistici, la mia opera di è uno dei vertici della poesia russa del secolo, esercitando un forte influsso su Majakovskij, Pasternak, Zaboloskij. Morii a causa di una setticemia mal curata in estrema miseria e solitudine presso il villaggio di Santalov [Novgorod] nel 1922 dopo che alcuni contadini mi raccolsero sfinito e mi portarono nella loro casa.
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