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Che domanda...la risposta sarebbe filosofica!
Vi illustro alcuni dei miei lavori, così potrete farvi un' idea voi...
SA FEMINA ACCABADORA.
Sinossi: Percorre i secoli per raggiungerci, una delle innumerevoli ed affascinanti figure della Sardegna arcaica: l’ Accabadora. Tutto sembra librarsi tra religiosità e superstizione nello svolgersi di un rito crudo e violento ma inteso e imperniato nella società sarda dei secoli scorsi. Intorno a questa figura a manifestarsi, da sempre, controversi atteggiamenti di rispetto e disprezzo, per una donna alla quale si attribuivano anche poteri magici. Il film racconta di un episodio che, nel corso del secolo passato, per via di una fortuita circostanza, associò l’ azione dell’ accabadora della comunità ad un episodio di faida. Una catena di sangue eterna e spietata quella delle faide che nemmeno la sterminatrice riesce a spezzare: l’ odio non ammette attenuanti.
LO SPECCHIO
Sinossi: Uno specchio che riflette i ricordi. Un vecchio uomo davanti ad uno specchio, una mattina come tante. Quel giorno la sua immagine sembra voglia parlargli, sembra voglia evocare in lui vecchi ricordi. Come lunghi canali solcati dal sole appaiono marcate le rughe sul viso e sul collo, quasi come se la lama dell’ aratro che lo ha accompagnato da quando era ancora bambino abbia voluto tracciare su di lui quei solchi decisi e sudati che per anni, con fatica e speranza, aveva tracciato su un terreno per secoli ferito da quella lama tagliente. Ora quel terreno può finalmente riposare, le sue ferite sono ormai rimarginate, nessuno ha più osato riaprirle. I ricordi corrono all’ indietro, sembrano inseguirsi l’ un l’ altro. Anche quella donna amata da tanti anni, i suoi lunghi capelli ora colore di luna. Il primo figlio, l’ albero piantato per festeggiarne la nascita e poterne contare gli anni. Le lotte per la terra comune, per i diritti dei braccianti. Le rievocazioni sembrano tutte confluire in un'unica immagine, quella del suo volto. L’ uomo prende coscienza del procedere inesorabile della sua vita. Una voce fuori campo accompagna le immagini e racconta.
INIMICOS DE SAMBENE.
Il termine antinomico “disamistade” nella lingua sarda ha il significato letterale di inimicizia, faida. Per molti anni le faide hanno tristemente caratterizzato le società agropastoriali soprattutto nelle zone interne della Sardegna. Queste hanno tipicamente scandito periodi storici e si sono insinuate nel corso degli anni come un cancro quasi a portare fieramente avanti il concetto di “Balentìa” che si è sempre ed immancabilmente tradotto in vendetta. Le famiglie, offese spesso per motivi futili, in nome di un preciso bisogno di riscatto dell’ onore, davano inizio ad una spirale d’ odio che pareva essere infinita ed interveniva eliminando i “nemici” legati da diversi gradi di parentela alle famiglie implicate. Negli ultimi anni questo grave fenomeno si è sensibilmente attenuato ma persistono tuttavia, in alcuni centri dell’ isola, delle sacche d’ odio che sono ancora in grado di generare rigurgiti di vendetta. La storia racconta di un delitto di faida compiuto una sera, al tramonto, in un paese dell’ interno della Sardegna. Il corto si apre con due colpi di fucile che annunciano il delitto; quindi la moglie dell’ ucciso che prepara per la cena ed attende il rientro del marito. Un’ inquadratura permette di vedere parzialmente il cadavere dell’ ucciso e quindi di far ritenere allo spettatore la morte dell’ uomo. La scena è accompagnata dal latrare del cane della vittima. Quando le inquadrature ritornano all’ interno della casa, i familiari della vittima sono ormai seduti a tavola ed è chiara l’ assenza dell’ uomo: il suo posto è vuoto. Dallo sguardo della moglie si comprende l’ angoscia della donna che immagina con reale pessimismo un regolamento di conti annunciato. Quando la figlia, resasi conto dell’ insolito ritardo da parte del padre, chiederà alla madre spiegazioni, questa risponderà quasi a voler rassicurare i figli ma soprattutto se stessa. Ma la vana speranza è rotta nella scena successiva che si apre con il funesto tocco della campana, che con i suoi macabri rintocchi, segna l’ agonia. Quindi un gruppo di anziane vedove, vestite con il tradizionale abito, recitano un rosario, nel contempo due voci dialoganti fuori campo scambiano due battute sull’ accaduto. Il corto si chiude con una copiosa pioggia che con il suo scorrere puro porta via il sangue e con esso il rancore. La scena viene accompagnata da una voce fuori campo che recita dei versi.

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Lettura, scrittura, cinema: provo anche a farlo...

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La vedova scalza (Salvatore Niffoi)

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