C'era una volta in America :
Caro Godzilla, ti scrivo in un giorno molto triste, dopo un film dai bellissimi effetti speciali ma con una trama deludente: manca la parola The End, il pubblico che si alza e ritrova il vecchio mondo fuori. Non è vero che il mondo è cambiato martedì. Era già cambiato da diversi anni, col sorgere di una nuova razza di mutanti del conflitto politico, col crescere illimitato dell'avidità economica, della tecnologia bellica e del suo commercio. Con la ferocia "pulita" e quella "religiosa", in mano a grandi e piccoli giustizieri per i quali occupare la scena dei media conta più della vita dei rispettivi popoli.
Bei tempi, Godzilla, quando non erano gli uomini a distruggere le città , ma un bel lucertolone palestrato come te; tempi preistorici in cui paura e ironia potevano a volte convivere. Eri pericoloso come un criceto, caro Godzilla, in confronto a questi Signori delle Guerre. Uscivi dall'oceano impacciato, come un pescatore con gli stivaloni, e lanciavi il tuo rutto ciclopico annichilendo le metropoli e l'umana civiltà . La quale civiltà era rappresentata da un gruppo di giapponesi stupefatti, un bellone americano e una dottoressa seducente ma non troppo, un sexy da postal market. E a combatterti c'era qualche generale cretino e incompetente, non come quelli moderni della Cia ma quasi.
Non avevi una lira Godzilla. Eri fatto di gommapiuma e dentro al tuo costume c'era un mimo giapponese pagato a cottimo. Non avevi fatto i soldi con le armi o col petrolio, venivi dal mare come un profugo qualsiasi.
Come quelli che, grazie ai personali interessi di qualche tiranno, avranno meno libertà , meno dignità , forse anche meno vita da vivere. Non attaccavi mai per primo, Godzilla. Quasi sempre venivano a romperti i coglioni, sgelandoti dal tuo freezer giurassico con trivellamenti o esperimenti nucleari. Oppure eri uno scampolo che cercava una partner, o una mamma alla ricerca della mostroprole smarrita. E tu ti incazzavi, senza lanciar proclami, solo rutti e quel dondolio della testa da pugile suonato.
Le tue distruzioni erano piccolo teppismo, Godzilla. Ce l'avevi soprattutto con le linee elettriche. Non so quale enorme bolletta, o ricordo di un'atavica scossa a 380 watt alimentava il tuo odio. Ma non potevi vedere un palo della luce senza usarlo come stuzzicadenti. I lampioni, i neon, le insegne, ogni forma di illuminazione ti mandava in bestia, eri un black-out semovente. Poi ti stavano sui coglioni le dighe e amavi calpestare autovetture, non più di dieci a film per ragioni di budget. Insomma, il contro finale dei danni ammontava più o meno a un passaggio di ultrà in trasferta e questo bastava a spaventarci.
Non avevi armi, Godzilla: non eri addestrato a guidare aerei, non possedevi missili, nessun fetente mercante d'armi occidentale o orientale aveva riempito i tuoi arsenali sotto gli occhi di tutti. Tutt'al più sputavi fuoco e flambavi un tank, e subito dal pubblico partivano battutacce sulla tua digestione. E poi perdevi sempre, Godzilla. Per quanto corazzato e grosso, era chiaro che non avevi possibilità . Scienziati onesti, militari efficienti, bambini geniali erano alleati contro di te. Non ti colpiva nessuna bomba intelligente o kamikaze, normali soldatini di piombo ordinatamente schierati ti bucherellavano e crivellavano finché, ferito ma non domo, rientravi nell'oceano con la dignità di un artista che esce di scena. Non c'era la Cia, ormai tanto abituata a intervenire all'estero da non sapere più difendere il suo paese. Non si sentivano solo parole come rappresaglia o Dio lo Vuole, ma un diffuso senso di pietà .
E non eri un vigliacco, Godzilla, Dall'alto dei tuoi trenta metri di rammarica bruttezza, ti mostravi a petto nudo, virile o materno, a sfidare l'avversario.
Non colpivi da cinquemila metri su un aereo super-tecnologico, non usavi i civili come scudi, non massacravi a caso ben nascosto in un bunker. Dicevi: sono un mostro e mi avete rotto i coglioni, bipedi senza squame, vediamocela tra di noi. Eri umano, Godzilla, ci davi insieme paura e speranza, sapevamo che eri lì per noi, per farci sentire che l'orrore del mondo non sarebbe mai venuto da normali uomini, ma da eccezioni con la coda. Poi il tempo è passato, i supereroi dei Manga e i film-apocalisse ti hanno reso antiquariato, quello del remake non eri tu. Eri out Godzilla, ci voleva più paura, e ne abbiamo creata tanta che ora è colata fuori dallo schermo, come una nube di polvere mortale.
Ti facciamo una promessa Godzilla, una promessa diversa dai discorsi ufficiali, quelli sinceri e quelli ipocriti. In questo futuro, dove il destino del mondo sembra giocarsi tra supereroi e eserciti onnipotenti, e dove chi ha potere e miliardi vuole essere il solo a decidere per tutti. Ti promettiamo che nessuno di noi rinuncerà alle sue responsabilità , ai suoi desideri, all'orrore per qualsiasi massacro in guerra, o nella quotidiana sopravvivenza. Anche se ci sentiamo a volte ridicoli e mostruosi nel voler ancora decidere della nostra vita, usciremo dall'oceano per dire ai Signori delle Guerre: ci siamo anche noi, e sceglieremo noi di chi aver paura e quando e come. Non sarà facile, ma useremo solo coda e unghie, non bombe o aerei. E soffriremo sempre molto più per chi muore senza sapere il perché, piuttosto che per i crolli in Borsa.
Non ti conviene tornare, Godzilla, finiresti in uno zoo safari, o clonato e usato come Tir, oppure polverizzato da un missile. Ma lassù, nel paradiso dell'immaginario dove gli antichi mostri hanno un'anima e un onore, a differenza dei moderni umani, aiutaci e proteggici. Comunque, se vuoi rientrare in scena, ci sarà sempre per te una casa di cartone da calpestare, un traliccio da masticare, e magari una bionda da sollevare. Ma se torni, leggi prima il copione: siamo in mano a sceneggiatori che non hanno alcun rispetto per la vita di quelli che, ormai, considerano solo comparse.


Stefano Benni
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