Eccomi. La lucetta rossa del mio microfono già risplende nella penombra di questa ennesima discoteca che assorbirà l’eco della mia voce stanotte. Non so dirvi con precisione se questo mi gratifica ancora o fa già parte della routine in questa mia piccola e stupida vita. Ormai assuefatto al volume assordante della musica e allo sguardo sempre uguale della gente che mi circonda, sono un automa in una stanza piena di bottoni, la voce guida di un navigatore, le istruzioni per l’uso di un antidolorifico,ma nonostante tutto riesco ancora a leggerci della poesia. Un disco anche se ascoltato un migliaio di volte,mi emoziona ancora come la prima scopata. La gente che urla se glielo chiedi,che avverte la tua presenza anche se sei solo una voce,che ti stringe la mano perché grazie a un dio qualsiasi,c’è ancora qualcuno che sa riconoscere un Botero da una figa sulle piastrelle del cesso di un autogril. C’è così tanta musica in quello che faccio,che a volte dimentico di esser la stessa persona che al mattino si alza e si gratta il culo. C’è tanta poesia in quello che vedo che a volte dimentico di vivere nello stesso mondo in cui qualcuno uccide il proprio figlio. C’è così tanto profumo nell’aria che a volte dimentico che a cento chilometri da casa mia c’é una fabbrica di merda che sputa tutto per aria. C’é così tanta bellezza intorno che a volte dimentico che il nostro presidente del consiglio abbia una faccia così di cazzo da farmi rimpiangere il cavaliere della calvizie miracolosa. C’é così tanta luce intorno che a volte dimentico che questo è il mio lavoro: il buio. Io scolpisco il buio. Lo dipingo con le molteplici sfumature del nero. E ci scivolo dentro avvolto nella mia lucida patina di sudore,respirando a pieni polmoni le decine di fragranze che si fondono in unico odore di notte. Killer’s idea.
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