I'd like to meet:
"Immobile nel vagone ferroviario, il viaggiatore, recluso, vede scivolar via le cose immobili. Cosa succede? Nulla si muove all'interno e all'esterno del treno. Fermi al loro posto, i passeggeri sono sistemati, numerati e controllati negli scompartimenti. "Prego, signori, il biglietto". "Panini, birra, caffé?...". Tutto e sotto sorveglianza e le consumazioni vengono offerte da un servizio mobile. Solo le toilette aprono una via di fuga in questo sistema chiuso. È il fantasma degli innamorati, l'evasione dei malati, la scappatella dei bambini ("pipì!"): un angolo d'irrazionale, come lo erano gli amori e gli spazi interstiziali nelle Utopie di una volta. Ma eccettuato questo lapsus abbandonato agli eccessi, tutto è irreggimentato. Circola solo una cellula razionalizzata,una molecola del potere panottico e classificatore, un modulo del sistema di reclusione che rende possibile la creazione di un ordine, ai quali soltanto è consentito di attraversare lo spazio e rendersi indipendenti dai radicamenti locali. All'interno, l'immobilità di un ordine, dove regnano il sogno e la quiete. Non c'é nulla da fare, qui impera la ragione. (...) All'esterno, fa riscontro un'altra immobilità , quella delle cose: montagne maestose, verdi prati, villaggi incantati, colonnati di edifici, scuri profili urbani sul roseo sfondo del tramonto, bagliori di luci notturne in un mare che sta di fronte o alle spalle delle nostre storie. Il treno generalizza la Melancholia di Dürer, esperienza speculativa del mondo: essere al di fuori di queste cose che restano là , distaccate, assolute, e svaniscono senza contatto con noi; esserne privati, fra la sorpresa della loro effimerà e tranquilla estraneità . Stupore dell'abbandono. Eppure sono ferme. Non hanno altro movimento che quello provocato fra le loro masse dalle modificazioni di prospettiva di momento in momento; mutazioni ingannevoli. Come il viaggiatore seduto, non cambiano posto, ma è solo lo sguardo che disfa e ricostruisce di continuo i rapporti che questi oggetti fissi intrattengono fra di loro. (...) E come sempre, bisogna anche uscire: ci sono soltanto paradisi perduti. La stazione di arrivo è la fine di un'illusione? Altra soglia, fatta di smarrimenti momentanei nello spazio delle stazioni. La storia ricomincia, febbrile, avviluppando nei suoi flutti l'armatura immobile del vagone..." (Michel De Certeau - L'invenzione del quotidiano)
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