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Ogni tanto tv. Soprattuto Sky .... MA TANTO TANTO CINEMA!!! Cineforum rulez :) :) :)
SE QUESTO E' UN UOMO. Scritto da Primo Levi fra il dicembre del 1945 e il gennaio del 1947, dopo il suo ritorno dal campo di concentramento di Auschwitz, dove l’autore era stato rinchiuso dalla fine del 1943 e pubblicato per la prima volta nel 1947, Se questo è un uomo non ottenne un successo immediato. Nel 1956 la casa editrice Einaudi, la stessa che ne aveva rifiutato la pubblicazione nove anni prima, lo accolse fra i "Saggi". Da allora Se questo è un uomo é divenuto un successo editoriale pubblicato e ristampato in tutto il mondo.Nel libro viene descritto il periodo di prigionia compreso fra due terribili inverni nord europei, inverni durante i quali il narratore vede numerosi suoi compagni morire di stenti a causa delle proibitive condizioni ambientali, del precario stato igienico-sanitario del campo, del lavoro massacrante. Levi si trova dinnanzi a un sistema, il lager, organizzato e finalizzato all’annientamento della dignità umana. Dentro questo folle progetto di distruzione, l’uomo non riesce più a provare pietà, non conosce più l’amicizia, la ribellione, la speranza: si cura solo, assurdamente, di non morire e per questo lotta; combatte per mantenere in piedi quel mucchietto di ossa, senza altro scopo che non sia quello di aggiungere sofferenza alla propria condizione.In una pagina straordinaria, eppure terribile, che sembra quasi voler ammonire il lettore, Levi narra la pubblica esecuzione di un prigioniero responsabile di una tentata ribellione; rientrato nella baracca l’uomo non riesce a guardare in faccia il suo compagno: «Quell’uomo doveva essere duro, doveva essere di un altro metallo del nostro, se questa condizione, da cui noi siamo rotti, non ha potuto piegarlo. Perché anche noi siamo stati rotti, vinti: anche se abbiamo saputo adattarci, anche se abbiamo finalmente imparato a trovare il nostro cibo e reggere alla fatica e al freddo, anche se ritorneremo. Abbiamo issato la menaschka sulla cuccetta, abbiamo fatto la ripartizione, abbiamo soddisfatto la rabbia quotidiana della fame, e ora ci opprime la vergogna». I più fortunati riescono a migliorare le proprie condizioni, i più deboli cadono sempre più in basso: ma che giovamento traggono i primi dal sopravvivere sulle spalle dei secondi, che vita sorge dallo spettacolo quotidiano dell’annientamento dei propri simili?
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