Pci

Nato il 21 gennaio 1921 a Livorno, come scissione della corrente di sinistra del Partito Socialista Italiano guidata da Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci. Il Partito Comunista d'Italia si poneva come obiettivo l'abbattere lo Stato borghese, abolire il capitalismo e realizzare il comunismo tramite la Rivoluzione e la dittatura del proletariato. Enorme è la differenza tra questi primi anni di vita del Partito (1921-26) e la successiva svolta centrista cominciata nel 1924. Nel 1930 la corrente di sinistra fu definitivamente espulsa. Caduto il regime fascista anche grazie all'apporto dato dai comunisti alla Resistenza italiana, il Partito Comunista Italiano (PCI), che aveva appunto cambiato denominazione dopo lo scioglimento dell'Internazionale comunista avvenuta nel 1943, cominciò ad inseguire una "via italiana", parlamentare, che fu teorizzata nel 1956 da Palmiro Togliatti, segretario del Partito dopo l'arresto di Antonio Gramsci. Nonostante un graduale e costante distacco operato soprattutto da Enrico Berlinguer, il Partito Comunista Italiano fu a lungo tempo legato all'Unione Sovietica. È stato per molti anni il partito comunista più grande e potente dell'Europa occidentale. Infatti, mentre negli altri paesi democratici l'alternativa ai partiti o coalizioni democristiane o conservatrici era da sempre rappresentata da forze socialiste (con i partiti comunisti relegati a terza o quarta forza), in Italia, rappresentò il secondo partito politico dopo la Democrazia Cristiana. Il Partito Comunista Italiano si sciolse il 3 febbraio 1991, quando la maggioranza dei delegati guidati dal segretario Achille Occhetto, al XX Congresso Nazionale ne sancì lo scioglimento e la contestuale costituzione del Partito Democratico della Sinistra (PDS). Un'area consistente della minoranza di sinistra si riunì invece nel Partito della Rifondazione Comunista (PRC). Nel 1998, in seguito a una scissione dal PRC, nacque anche il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) che si richiama al vecchio PCI.