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[ Giorno in cui ] OUT NOW!
esce oggi, lunedì 14 Gennaio 2008 per la netlabel pitjamajusto, [ Giorno in cui ], lo trovate liberamente scaricabile con brani e cartaceo:
pitjamajusto
pitjamajusto, Giorno in cui
“La nave sta arrivando a Lipari.
Vado a trovare un mio amico che si è sistemato lì undici anni fa.
Da allora sta studiando solamente l’Ulisse di Joyce.
Sono sicuro che a Lipari combinerò qualcosa”.
Nanni Moretti, Caro diario
Ho sentito che c’era un accordo segreto
Che David suonava per compiacere il Signore,
ma tu non sei davvero interessato alla musica, non è vero?
Leonard Cohen, Hallelujah
Un uomo si sveglia, e pensa.
Una testa, aperta, sul mondo.
C’è sempre un punto da cui si parte.
Un punto di inizio più o meno tragico che separa la linea di confine tra ciò che si è e ciò che non si è.
La nascita.
L’acquisizione della parola.
Il primo, doloroso, No.
Il sapere di saper fare.
L’alba, il trapasso del giorno astronomico al giorno percepito sulla Terra.
C’è sempre un primo accordo che si scrive.
Un progetto di narrazione per esprimere sé.
Tutto snodato da un’alba ad un tramonto.
Una qualsiasi alba e tramonto.
Un’alba e un tramonto tra mille.
O forse no.
Forse c’è un giorno in cui ti alzi e senti che quello non è un giorno come gli altri.
Come gli altri nati fino ad allora.
Prima di lui.
Un giorno che vorresti raccontare.
Un giorno in cui tutto ciò che hai sempre fatto ha il sapore l’odore l’aspetto vergine di emozioni non ancora mai tentate.
L’azione non è in sé, ma nella tua testa.
Sei rinato vergine in una notte.
Puro.
Pulito.
Eppure conservi memoria delle tue stagioni passate.
Nel vuoto della testa, sai che c’è qualcosa.
E allora scrivi.
Racconti.
Provi a spiegare a pensare anche solo per un attimo quella incredibile sensazione di incoscienza che ti rende fratello dell’aria, del vento, dell’odore del mare, della luce del sole.
Ci sono immagini che esistono solo nella testa.
Suoni che non esistono altro che nello spazio dell’aria che li propaga.
Suoni.
Di strumenti fantasma.
Suoni fisici nell’aria fisica di percussione del timpano.
Suoni di pianoforti, archi, fiati.
Che non esistono.
Che nessuno ha mai modellato con legni di foreste consacrate alle piogge.
Che nessuno ha mai suonato con polpastrelli sensibili.
Ci sono suoni che provengono da una manipolazione sapiente di vibrazioni, accordi, accostamenti, accenti, suggerite evocazioni.
Una virtualità potenzialmente infinita.
Ci sono brani che nascono da un viaggio il cui tempo dilatato si condensa in un accordo, in una frase, in un silenzio.
Il misticismo del tempo del sé che si apre alla realtà fuori di sé. La colonna sonora di uno spazio.
Di un modo di esserci.
Un’esplosione attraverso le possibili espressioni dell’essere, in un giorno.
Qualunque giorno.
Rovinando tra ricordi racconti immagini gesti consueti che dilagano in mille espressioni differenti, attraversati da una scelta di note effetti in cui tutto suona, risuona, ride e sorride di sé.
Perché si scopre.
Per la prima volta.
Nuovo.
Facendo naufragio nelle correnti intangibili dell’essenza, si ritrova negli spazi infinitamente moltiplicantisi del concreto sentire.
È, questo disco-viaggio, un accorto progetto di vibrazioni digitali di cuore cervello e impulsi sonori.
Un furore artigianale di ritmi pensati nell’estatico sudore di una passione di carne.
Uno strumento che rulla sul riflusso di un’onda e altri che cantano altrove, un altrove che è dovunque, in ogni spazio.
L’uomo e la macchina.
Il tempo di un’era e il tempo dei tempi. La passione.
Il cervello.
La passione.
Il tempo.
L’ondaperfetta
Il cuore. L’entusiasmo.
Ci sono giorni in cui vivi con addosso come l’odore di un sogno.
Allora, è musica.
Lucia Pecorario
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