- I quartieri residenziali sognano la violenza.
Addormentati nelle loro villette, protetti dai benevoli centri commerciali,
aspettano pazienti l’arrivo di incubi che li facciano risvegliare…
-…Ok…, ma come si può risvegliare un popolo addormentato che possiede tutto,
che ha comprato anche i sogni che si comprano con il denaro,
sapendo di aver fatto un affare???
Tutti questi centri commerciali, aeroporti, autostrade…
è una nuova forma di inferno, artificiale,
i vecchi ideali di educazione civica che noi per ultimi abbiamo studiato a scuola,
sono solo egoistici...
tutta l’esaltazione per la libertà del singolo rispetto alla massa,
per i suoi diritti… sono inutili…
CHE SENSO HA AVERE LIBERTA’ DI PAROLA SE NON SI HA NULLA DA DIRE???
CHE SENSO HA AVERE LIBERTA’ DI PAROLA SE NON SI HA NULLA DA DIRE???
CHE SENSO HA AVERE LIBERTA’ DI PAROLA SE NON SI HA NULLA DA DIRE???
CHE SENSO HA AVERE LIBERTA’ DI PAROLA SE NON SI HA NULLA DA DIRE???
CHE SENSO HA AVERE LIBERTA’ DI PAROLA SE NON SI HA NULLA DA DIRE???
CHE SENSO HA AVERE LIBERTA’ DI PAROLA SE NON SI HA NULLA DA DIRE???
CHE SENSO HA AVERE LIBERTA’ DI PAROLA SE NON SI HA NULLA DA DIRE???
CHE SENSO HA AVERE LIBERTA’ DI PAROLA SE NON SI HA NULLA DA DIRE???
CHE SENSO HA AVERE LIBERTA’ DI PAROLA SE NON SI HA NULLA DA DIRE???
Ammettiamolo, la maggior parte delle persone non ha proprio niente da dire, e lo sanno anche loro…
E la privacy che senso ha se viviamo già dentro una prigione personalizzata, e ogni nostra mail o sms è rintracciabile…
il consumismo è un’impresa collettiva. Le persone hanno voglia di condividere, celebrare, di sentirsi unite…
-E’ vero, quando compriamo qualcosa inconsciamente crediamo che ci sia stato fatto un regalo…
- Proprio così, e sappiamo cosa succede ai bambini che non ricevono mai giocattoli…
-Compra un nuovo profumo o un nuovo paio di scarpe…
sarai una persona migliore…
sarai una persona migliore…
sarai una persona migliore…
sarai una persona migliore…
sarai una persona migliore…
sarai una persona migliore…
sarai una persona migliore…
-E in cosa consiste il fascino?
-In una sola parola?...pericolo.
-E poi?
-Paura. Dolore. Qualsiasi cosa infranga le regole.
La maggior parte della gente non si rende conto di tutta la violenza che ha dentro.
Né del coraggio che scopre di avere quando si trova con le spalle al muro. Ma se lo assaggia…
-E un leader?
-Non è ancora arrivato. Ma apparirà . Uscirà da qualche centro commerciale.
I messia vengono sempre dal deserto. E troverà tutti in attesa di cogliere l’occasione al volo…
e intanto c’è chi lavora a costruire sempre nuovi nemici…
se ti capitasse questo volantino tra le mani che tipo di sms manderesti come risposta?
se ti capitasse questo volantino tra le mani che tipo di sms manderesti come risposta?
ti chiedo di essere il più onesto possibile, mi servirà per proseguire in questa ricerca.
deve essere un messaggio di max 200 caratteri.
puoi rispondermi sia in privato che in pubblico.
puoi rigirare questo messaggo a chi vuoi.
grazie, per me è molto importante.
silvia
TEATRO: ROMA, ALL'INDIA IL 'RUMORE ROSA' DEL GRUPPO MOTUS
Renzo Francabandera, 19 febbraio 2008, 11:48
Solo disagio, ragazze, solo disagio!
Si può non-raccontare una storia. Raccontarla con una non-sequenza di piccoli eventi generatori d'ansia. Si può raccontare del topo bianco che mi cammina addosso, l'unico a tenermi compagnia in una bevuta domestica, nella stanza che appare e scompare nel filmato alle mie spalle con finestra non più sul cortile di Hitchcock, ma sulla metropoli di Fassbinder, dove sono sola. Disperatamente sola, fra migliaia come me. Dove mi stanno uccidendo. E l'assassina sono io.
Si può fare teatro senza una trama, semplicemente tessendo, in modo simbolico, complesso, le trame di uno stato d'animo, offrendo allo spettatore con tono ammiccante la mia torta di compleanno farcita di desolata solitudine, invitandolo ad essere parte di un festeggiamento al quarantesimo piano di un grattacielo di monadi, e lasciando che a soffiare sulle candeline sia l'ospite speciale, quello che con il suo rumore rosa mi tiene compagnia da qualche mese in qua: il ventilatore.
Il macchinario, sempre acceso, perfetto sostituto del tipico elettrodomestico da compagnia, la sublimazione ancor più disumanizzata dell'apparecchio radiotelevisivo.
Nel mondo di Motus non c'è neanche più bisogno che l'elettrodomestico generi voci umane, basta questa costante e cantilenante white noise, il rumore di sottofondo, come lo sfrecciare delle macchine, le voci di un pubblico di maschi arrapati del locale di quart'ordine dove misera mi esibisco, diva da sottoscala, i frammenti (tutto è frammento, il vetro è frammento, la vita è frammento, il pezzo di cielo, le parti d'anima che si sputano via) incisi di uno spettacolo teatrale. Sono gli ambienti delle vite spezzate, proscenio della tragedia di tre donne. Le loro voci esplodono o saltano, come la puntina sul giradischi, generando la colonna sonora sincopata dei singulti di tre fragili esseri alle prese col non essere.
"Rumore rosa" è l'ultima prova teatrale di Motus, gruppo di ricerca e sperimentazione da anni attivo e pluri-premiato per la coerenza creativa "di una ricerca visionaria nel ridisegnare spazi e filtrare miti attraverso uno spasmodico uso del corpo e il recupero di materiali degradati e quotidiani".
Questo era stato, quasi alla lettera, il motivo dell'assegnazione ad un loro lavoro del premio Speciale Ubu qualche anno fa. Pensiamo di poter dire che questo lavoro continua in modo ficcante ed efficace. Che il gruppo ha una linea di movimento della ricerca definita: creare un sentimento nello spettatore, lasciarlo con qualcosa che gli trema dentro. Magari non attraverso una storia, ma tramite immagini, scene, ambientazioni, musiche, corpi, spezzoni di un fotoromanzo moderno.
Sulle indicazioni della regia di Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande, la rappresentazione delinea i contorni psicologici di tre donne:"Siamo partiti facendo lavorare le attrici sole con l'intento successivo di incrociare le loro pseudo-storie: è stato impossibile, si sono innestati tre corto circuiti celibi, incisi separatamente, come solchi su vinile nero. Vinile nero in spazio bianco: inizialmente pensavamo ad arredi, poi più nulla, solo microfoni, neri, e un ventilatore. Il bianco del plexiglas ha compiuto una sorta di effetto "ibernante" sulle tre figure, non più personaggi, ma simulazioni di essi, che non hanno sentimenti, pur dichiarando continuamente di averne: una morte degli affetti dilagata e riflessa senza veli nel pavimento-specchio. La loro riduzione a icone-fumetto ci ha spinto ad accentuare ancor più la bidimensionalità della loro psicologia interrotta, collocando alle loro spalle scenari disegnati da un fumettista, unico elemento di continuità nella frammentazione dei sentimenti. Le zoomate, i passaggi di campo fra interni rassicuranti e oppressivi ed esterni cittadini freddi e deserti, hanno fatto il montaggio di tre schegge di vita parallele".
Un pugno nello stomaco lungo un'ora, sferrato con la forza di immagini taglienti come schegge, come gli sguardi soli e disperati che lanciano in maniera desolata e cattiva Silvia Calderoni, Nicoletta Fabbri ed Emanuela Villagrossi, le tre protagoniste delle tre non-vite raccontate in "Rumore rosa".
Nessun dialogo nello spettacolo, pezzi di monologhi, richiami alla melanconia sentimentale, e all'angosciosa nostalgia del family drama americano, fino alla supplica per una telefonata de Le lacrime amare di Petra Von Kant.
Il bianco sterile della scena della recente versione di Latella del classico di Fassbinder forse ha dato un'ispirazione, ma nessun totem questa volta troneggia al centro della scena, se non l'invisibile monumento alla solitudine. Rimane la silhouette in controluce di una donna sola, che apre le braccia per farsi aereoplano pronto allo schianto, kamikaze di se stessa, nel volo dall'ultimo piano del suo grattacielo fino al gelido asfalto della metropoli.
Marlene Kuntz - Musa (Chiossone)
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