Chi sono o cosa sono, siamo ciò che viviamo: sono la tanica di caffè in tazza grande sulla mia scrivania, sono la mia sigaretta sempre accesa nonostante i noduli alle corde vocali, sono triste e sono pagliaccio, sono il nero e il bianco ma leggeri leggeri in mezzo sono tutti i colori che fino ad ora ho conosciuto,sono una bottiglietta in vetro di Chinotto Neri o della sottomarca di Eurospin, sono attore nella vita e regista nella solitudine, sono le idee che ho, sono Odisseo per natura e Caligola per condanna, sono una fotografia d'epoca e sono una fotografia digitale, sono una chiave arruginita appesa al muro e sono le serrature arruginite che si stanno accumulando attorno a me, sono una cartolina in bianco e nero spedita da un viaggio lontano, sono un vodkasvr e un maj taj (se si scrive così...Valeriaaa, come si scrive?)
Di sicuro:
1. A LUGLIO MI LAUREO!
2. A SETTEMBRE SPARAMO ANCORA UN PO'DI CARTUCCE
3. TEATRO! TEATRO! SI SI, TEATRO!Se dio c'è...è uno psicoterapeuta!I MAESTRI (volenti o nolenti d'esserlo): Michele Monetta, Lorenzo Salveti, Giorgio Spaziani, Ludovica Modugno, Gigi Angelillo, Marise Flach, Donatella Orecchia, Vera Bertinetti, Lina Salvatore, Adonella Monaco, Lucia Panaro, Giovanni Zappalorto, Patrizia Menolotto, Frigyes Funtek, Edo Bellingeri, Donatella Orecchia.I MAESTRI ideali: Nekrosius, Ronconi, Societas Raffaello Sanzio, Antonio Rezza, Vittorio Gassman, Carmelo Bene, Anna Maria Guarnieri, Orazio Costa, Michele Monetta, Eleonora Duse, Craig, Paiato, Mandracchia, la Fura dels Baus, Fo, Popolizio.Jean Genet, folle disperato, lancinante voce di uno strazio che s'affoga nella solitudine, genio del delirio d'onnipotenza, morto tra i vivi, solo tra la solitudine, diverso tra i diversi. Dice di lui Sartre:"Siamo tutti diversi gli uni dagli altri ma esistono alcuni diversi che sono così diversi da far sentire tutti gli altri diversi un po'meno diversi tra loro. Genet è uno di quelli." Leggerlo e conoscerlo significa iniziare a camminare con un morto accanto, sepolto nella sua disperazione Genet vede il fetore della vita che, come un cadavere metafisico, esala la sua immondizia interiore; a volte si vive cercando di negare la morte, e non solo quella che verrà , di negare quella che già c'è, anche se ben nascosta in un angolo remoto. Scrive Genet, maestro di senso del teatro più ancora che maestro drammaturgo: "I vivi si sbarazzeranno dei cadaveri come ci si disfa di un pensiero vergognoso. Spedendoli al forno crematorio il mondo urbanizzato si disferà di una grande risorsa teatrale, e forse del teatro." Devotamente vorrei solo averlo pensato o scritto io.
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