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Rachele Barbaccia

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The Rachele Barbaccia’s imaginary wefts, an artist who loves to try one’s hand with varied expressive medias, they intertwine to the pictorial medium weaving canvases of a personal artistic research, opened to the dialog with the Surrealism, Dadaism, Post - Human and Conceptual art. Linear plots, studied chromatic approaches, evanescent figures collecting in a continuum where the organic and biologic element seems to find its natural extension in the inorganic and technological one, in which everything is in a continuous growing, in an unstoppable and inexorable renewing (it seems like the Ovidian’s phrase “Cuncta fluunt, omnisque vagans formatur imago”, metamorphosis, book XV, v.178) . Rachele Barbaccia’s paints open up to the observer’s eyes as the result of an emotional refraction that proceeds from a strong human and artistic sensibility. The wave of life is received and explored by the artist who, like a prism, absorbs its essence and gives back to us the spectre unleashed from every illusory slag. Picked up the Maya’s veil, the artist’s macroscopic vision allows to walk trough physical – chemical processes governing the human existence like osmosis, mitosis fecundation….the analysis of whom aims to transmit a range never fully circumscribable and univocal of messages. Figures sliding one on one, swallowed by errant gears whose path seems to draw the thickened forests of the artist’s psyche in particular, and of the human being in general. An interior and personal research that ascends to universal truths.
Excerpt from "Ontogenesi di un'artista" by Giusy Marfia
Le trame dell’immaginario di Rachele Barbaccia, artista che ama confrontarsi con svariati mezzi espressivi, si intrecciano al medium pittorico tessendo tele frutto di una personale ricerca artistica, aperta al dialogo con Surrealismo, Dadaismo, Arte Concettuale e Post-Human. Orditi lineari, studiati accostamenti cromatici, evanescenti figure si addensano in un continuum in cui l’elemento organico e biologico sembra trovare la sua naturale estensione in quello inorganico e tecnologico, in cui tutto è in divenire, in un arrestabile e incessante rinnovarsi (qui sembra echeggiare il verso ovidiano «Cuncta fluunt, omnisque vagans formatur imago», Metamorfosi, Libro XV. v. 178). I dipinti di Rachele Barbaccia si dischiudono agli occhi dell’osservatore come il risultato di una rifrazione emozionale che procede da una spiccata sensibilità artistica e umana. L’onda della vita viene accolta e indagata dall’artista che, come un prisma, ne assorbe l’essenza e ne restituisce lo spettro liberato da ogni scoria illusoria. Sollevato il velo di Maya, la visione macroscopica della pittrice le permette di addentrarsi all’interno dei processi chimico-fisici che governano l’esistenza umana come l’osmosi, la mitosi, la fecondazione….l’analisi dei quali mira a trasmettere un ventaglio di messaggi mai pienamente circoscrivibili e univoci. Immagini che scivolano l’una sull’altra, ingoiate entro ingranaggi erranti il cui percorso sembra tracciare le selve intricate della psyché dell’artista in particolare, e dell’uomo in generale. Una ricerca intima e personale che ascende a verità universali.
Tratto da "Ontogenesi di un'artista" di Giusy Marfia
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