La precarietà su cui tutto poggia, cui tutto si presenta ai nostri occhi, tutto ciò cui le nostre mani tendono è grano sepolto morto, e la pelle si spacca e le unghie si ritraggono. L’affetto prematuro e mai ricambiato si contorce nel suo spoglio dolore, dolore di larva putrescente e sorrisi infetti. Grovigli inestricabili di immondi peccati, si ripercuotono sulle nostre bocche come canti frustati, e le labbra tremano e sanguinano i denti e insieme ai denti i ricordi, sì, i ricordi. Lo sguardo terrifico e infinitamente vuoto, nel vuoto si attorciglia e scompare, come vuote parole di fumo tossiscono nell’aria promesse non mantenute. Ed è come una follia resa musica, come una ferita dipinta ma che fa male davvero. Già , fa male davvero. E l’intenzione scivola via dai capelli, gli accarezza il viso, si stringe alle mani per poi infrangersi al suolo. E la terra umida vomiterà via il grano per cibarsene ancora, ancora, e ancora. E nulla potrà impedirlo. La poggia che a settembre riempie il cielo di grida soffocate e di amari lampi nel buio possa portarti il mio pensiero, che l’elettricità di questa tempesta lo amplifichi fino a sconvolgerti i sensi e ad augurarti rapida morte. Perché settembre porterà vendetta. Per colui che non salva ciò che promette. Per colui che odia ciò che non è. Rivoli di rabbia e parole furenti, vomitate fuori dallo stomaco, strappano carne e uccidono i dispiaceri. L’autodifesa di uno spirito morente, lo scudo di corpo sanguinante. Perché voci gridano pane e masticano parole, come se fosse sufficiente a placare un appetito vecchio, un atavico bisogno! Come se bastasse uno sguardo al vecchio per dimenticare ciò che è stato, cosa ha significato. Allora il senso sfugge via dalle situazioni e ci ruota attorno, come un ballo infantile, come un girotondo inutile, come un avvilito rimpianto. Tu non lo noti nemmeno, quanto esso ti stia deridendo! Che tu sia maledetto! Che quelle labbra mai più pronuncino febbricitanti conati di rivalsa, che le frasi non lacerino più il già labile tessuto del passato ma ci si incastrino e, tra le invisibili sue pieghe, soffochino. °°E nel tuo viola delle labbra è già il nero del mio abito.DA GRANDE VORREI DIVENTARE UNA RAPPRESENTATE DI SAPONETTE
i'm a dead girl who does walk even if the world's cracking under her feet****** the Evil that meets god and tells him "you...such a bastard" i'm insane, depressed, obsessed.horrible,horrible....what else?...---------------------------------------------------- -------
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Lei cercava di vedere se stessa attraverso il proprio corpo.Per questo stava così spesso davanti allo specchio.E avendo paura di essere sorpresa dalla madre,gli sguardi che dava allo specchio avevano il marchio di un vizio segreto. quello che l'attirava verso lo specchio non era la vanità bensì la meraviglia di vedere il proprio io. Dimeticava che stava guardando il quadro di comando dei meccanismi del corpo. Credeva di vedere la sua anima che si rivelava nei tratti del suo viso. " L'insostenibile leggerezza dell'essere
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