profile picture

77776787

I am here for Dating, Serious Relationships and Friends

About Me

I was made with a bit of Ziggy Stardust, Dracula, Oscar Wilde, Buddha Shakyamuni, Jim Morrison, Andy Warhol, Adrian the imperator, Freddie Mercury, Gandhi, Jesus Christ, Lucyfer, Ian Curtis, Diamanda Galas...

Myspace Layouts at Pimp-My-Profile.com / Artistic / Comments

GALLERY AMICI (E VARIE)


MYNIRVANA STORY: Sono nato a inzio anni '60, a Bologna. Vissuto fino ai 22 anni in un paese della provincia e in seguito in un' altra cittadina vicina, a metà strada tra Ferrara e Bologna. Acquario ascendente Cancro. Unico figlio "maschio" (parliamone), poi seguito quasi "in scala" da altre tre sorelle. Cresciuto in una famiglia molto particolare, per eccentricità e stravanganza, tra un padre "bambino" simpaticamente sconclusionato e una madre in odore di "santità", tra una nonna paterna cattolico/dark/gitana e la famiglia "rurale" comunista di origine di mia madre. Infanzia piena di suggestioni e magia, tra mobilia e quadri d' antiquariato, retaggio lasciato dal nonno paterno, tra fiabe a 45 giri "fratelli fabbri editore" e i film della Disney, tra i giochi di strada con i bimbi del vicinato e i pomeriggi in cortile a "studiare" la natura. In quanto a me: strano, timido, "diverso" e sfuggente fin da allora. Rivelo prestissimo un' accentuata predisposizione per il disegno, che mi porta già a 10/12 anni a dipingere quadri, mentre a scuola il maestro mi diceva che potevo decidere io quale voto "alto" prendere in disegno. Ero bravo anche a scrivere e leggevo già molto, ma a livello matematica ero un caso senza speranza per molti professori. Da questa singolare infanzia, a contatto per interminabili pomeriggi con Adele, la nonna "gitano/dark", tra chiese e cimitero, probabilmente mi deriva la mia predisposizione per tutto ciò che è misticismo, spiritualità, soprannaturale e occulto. Tale aspetto confluirà, qualche anno dopo, in una fase di "devozione religiosa" del tutto spontanea, in parte collegata e stimolata ai canoni di quegli anni, dove attorno a certe parrocchie di paese e certi sacerdoti "moderni" (ai quali "Jesus Christ Superstar" piaceva) si catalizzavano gruppi di giovani, gite con canzoni accompagnate da chitarra, boy scout, ecc. ecc. Rilevante anche la frequentazione con alcuni cattolici "del dissenso", che studiavano la Bibbia e frequentavano la comunità del famoso Dossetti: mi permise di acquisire una conoscenza di Antico e Nuovo Testamento notevole, a livelli quasi di esegesi teologica. Dopo le scuole medie fù chiaro che l' indirizzo artistico era la strada giusta, visto il mio estro nel disegno, ma il mio "gap" patologico verso le materie tecniche e di ragionamento mi portò a escludere il liceo artistico, o comunque una qualche scuola superiore. Mi iscrissi a uno dei corsi che a Bologna organizzava la regione, corsi professionali di vario genere, che permettevano di accedere subito al mondo del lavoro. Io frequentai quello per grafico-pubblicitario. Verso la fine degli anni '70 iniziai a lavorare in una industria grafica di un vicino paese, dove sarei rimasto per 3 anni circa. Dal 1981/82 avvenne la mia "metamorfosi" che sancì il mio stile contorto/decadente e un po' da "poeta maledetto": a contatto con il primo punk e tutta la new wave che arrivava dal Regno Unito, sparì del tutto il timido, strano, sbarbatello solitario e studioso e comparve un misterioso, tormentato e sbandato giovane pallido. Intrippato per tutti i vinili che venivano da "oltre Manica", catalizzato dall' emergente scena prima punk, poi "new dandy", elettronica e wave/dark che allo "Small", discoteca locale, veniva celebrata ogni week-end. Ruppi completamente ogni tipo di rapporto con il contesto "cattolico- parrocchiale" e interessi relativi, diventando ufficialmente una "pecorella smarrita" verso la perdizione. Questo momento segnò anche una svolta nelle mie amicizie: dalle poche persone che frequentavo prima, entrai in un giro nuovo, dove la passione per la new wave e tutto il sound anni '80 era uno dei forti motivi di condivisione. Era quello, però, un gruppo di amici dallo stile un po' sbandato, tipico di quegli anni, nella nostra zona. L' amicizia, la vita di gruppo, i rapporti e la passione per la musica erano scanditi da sbronze regolari di alcool e "flash" di hashish allucinogeno. Abitudini che poi mi sarei portato dietro e - soprattutto per l' alcool - mi avrebbe anche rovinato alcuni anni di vita, portandomi sull' orlo dell' inferno. Nel frattempo persi il lavoro all' industria grafica, anche a causa del mio totale disinteresse e crisi personale che stavo attraversando. Apparentemente mi divertivo, pensando a sballarmi, ma in realtà le mie problematiche interiori di rapporti col mondo e con gli altri stavano emergendo in tutto il loro impatto. E iniziai a confrontarmi con la mia omosessualità, anche se ancora non lo ammettevo e tentavo maldestramente di pomiciare con la "sbarbina" di turno e, anzi, più o meno in questo periodo ebbi il mio primo (e ultimo) simulacro di rapporto sessuale completo con una donna. Nel 1983 raggiunsi una mia amica a Basilea, poi con lei e altri suoi amici andammo in Germania, vicino Francoforte per vedere in concerto il Duca Bianco, David Bowie. Era il "Serious Moonlight" tour e "Let' s Dance" impazzava nelle radio e nello disco.Sopraggiunse il 1985 che ero ancora disoccupato e per nulla intenzionato a cercare seriamente un altro lavoro, talmente ero preso nei miei "trip" musicali e di altro genere. Mi lasciavo trascinare da una - ambiguamente piacevole - "deriva" di rimando delle responsabilità; ma dietro "pressing" della mia famiglia dovetti iniziare a lavorare in una agenzia pubblicitaria nei pressi di Sasso Marconi. Si trattava di un contatto derivato dalle conoscenze di mio padre. Come situazione lavorativa si rivelò un delirio totale: il titolare era pazzo furioso, fascista e alcolizzato, che girava con una rivoltella in tasca. Riuscii a scappare dopo 15 mesi, non appena trovata un' alternativa in uno studio grafico di Bologna. Poco dopo questi cambiamenti professionali, maturò e avvenne un' insanabile, amara, rottura con alcuni dei miei migliori amici. In parte si trattò di futili ragioni, in parte ci furono effettivamente comportamenti scorretti nei miei confronti; ma senza dubbio giocò molto la mia natura ancora "non risolta" nei rapporti con gli altri e col mondo in genere, che esasperò quella crisi. Questo momento segnò l' inizio di un periodo particolarmente difficile e solitario della mia vita, ma allo stesso tempo profondo, importante nello sviluppo di un equilibrio con me stesso, che negli anni seguenti si sarebbe poi rivelato utile e positivo. Si trattò anche del mio periodo in assoluto più "nichilista", agnostico e fatalista. Nell' 87, durante una delle mie prime, timidissime sortite al Cassero di Porta Saragozza in Bologna, ebbi la prima esperienza sessuale gay. Venni infatti rimorchiato da un giovane insegnante di musicologia, dallo stile molto "bohemien", che ne approfittò della mia serata alcolicamente "su di giri". Anche se desideravo da tempo che accadesse un' occasione di quel tipo, mi vissi la cosa tutt' altro che serenamente: ero infatti ancora piuttosto in "alto mare" rispetto alla mia omosessualità. Nel frattempo decisi che dovevo mollare il lavoro allo studio grafico a Bologna. Non era un granchè, anche a causa della insopportabile responsabile che l' aveva in gestione: una tale snob, stronza e umorale da rendere impossibile qualunque forma di intesa e collaborazione. Non a caso, tutte le persone che passavano di lì restavano per pochi mesi. Mi licenziai però al "momento giusto", cioè solo dopo che trovai un altro posto di lavoro che presentava in maniera evidente diversi vantaggi. Venni infatti assunto in una promettente e ben avviata industria grafica, a pochi chilometri da casa, sulla strada per Ferrara, che si occupava di "packaging per alimenti". Si trattò di una felice scelta: ebbi modo, in quel contesto, di sviluppare per diverso tempo importanti esperienze e soddisfazioni, non solo in lavori grafici, ma anche nell' illustrazione. Se sul fronte professionale le cose migliorarono, su quello dei rapporti restai ancora per un po' di tempo nella mia fase "solitaria", preferendo pochi amici e una vita sociale molto diradata rispetto gli anni precedenti. L' avvento dei '90, e in particolare il lasso di tempo tra il 1991 e il 1993, mi portò invece importanti e profondi cambiamenti, a causa di alcuni eventi-chiave. Ci fu quello che io definisco una specie di "rinascimento" nelle amicizie: alcune "vecchie" ma mai approfondite fiorirono, altre nuove arrivarono. Qualcosa iniziò a girare in senso positivo e diverso... Non si trattò di una questione di quantità, ma di qualità. Venne il tempo di piacevolissime serate con quel nuovo gruppo, di una convivialità tutta particolare e magica, dove un certo stile basato sulla "canna" e la bevuta del sabato sera era sempre presente, ma con molto più equilibrio e misura del passato. Anche la musica di quel periodo non mancò di essere motivo di "collante" e condivisione: i Nirvana e l'arrivo del "grunge", i Charlatans, gli Happy Mondays, gli Inspiral Carpets e le prime cose dei Blur....E un po' tutto il "british" sound. Nell' ottobre del '91 mi capitò un fatto che senza dubbio resta una delle "pietre angolari" rispetto il mio percorso di vita e relativi equilibri, che vale la pena di riportare in maniera un po' più particolareggiata. A seguito di un' esperienza estremamente negativa e spiacevole sul lavoro (già, non poteva andare bene per troppo tempo...), causata da una collega, fidanzata di un mio caro amico di allora, che era stata assunta dalla ditta grazie al mio interessamento (ma che per qualche motivo tutt' ora ignoto scoprii che aveva iniziato a mettermi contro tutti gli altri colleghi, facendomi "terra bruciata" attorno) entrai in uno specie di esaurimento nervoso. Non mangiavo più, non dormivo più e se dormivo avevo incubi. Ero una specie di spettro. Andare al lavoro, in un ambiente che grazie a quella tipa (che poi comunque si seppe che era pazza, con problemi di personalità e bazzicava con l ' occulto, malocchi, ecc...) mi era diventato ostile, rappresentava una tortura insostenibile. Certo, non potevo starmene per sempre in malattia. Però sentivo anche che nemmeno potevo andare avanti così e che stavo arrivando ad un "clou", a un punto di rottura; percepivo che stava per succedere qualcosa di forte. "Forse sto per impazzire del tutto", pensai. In effetti qualcosa avvenne, una specie di "click" nel mio cervello, che sentii abbastanza chiaramente una mattina mentre guidavo per il lavoro. Da quel momento in poi, e per poco più di un mese, sperimentai quello che qui mi limito a definire uno "stato di coscienza alterata". Una esperienza incredibile, pazzesca, "da film". Era come vedere e sentire la realtà da un altro livello, dove era normale percepire i pensieri degli altri, avere continue precognizioni che si rivelavano esatte, più volte al giorno... Dove rumori, luci e colori erano percepiti il doppio più forti. Ero pietrificato dalla paura, pur se affascinato e consapevole della straordinarietà di ciò che stavo vivendo. In un primo momento mi bollai io stesso come "andato" del tutto, "ecco, sono impazzito", pensai più volte. Però il punto era costatare come tutto quanto aveva una conferma a livello reale, non era solo nel mio cervello: le precognizioni si avveravano in fatti oggettivi di lì a poco, i pensieri degli altri che catturavo poi li sentivo espressi da loro stessi nel parlare e i fortissimi stimoli sensoriali erano legati sempre a qualcosa di reale che stava per apparire. Ma la cosa più pazzesca fu quando capii e provai che potevo influenzare io stesso i pensieri e le azioni degli altri, perfino "decidendo" che odori avrebbero sentito. Difficile far capire cosa significhi un’ esperienza simile: capii che nulla sarebbe mai più stato come "prima", a prescindere dal fatto che quello stato particolare fosse durato e meno. Arrivai a tenere un diario, dove annotavo tutto quanto. Gradualmente, la cosa si attenuò fino a scomparire del tutto, tranne qualche precognizione o sensazione, soprattutto al mattino. Mi presi una pausa di riflessione, durante la quale cercai di metabolizzare quell' esperienza straordinaria, arrivando a stabilire - tra le considerazioni di vario genere che si poteva arrivare a fare - un chiaro dato di fatto: la "realtà" normalmente percepita attraverso i 5 sensi non solo è a dir poco "parziale", ma forse è anche un' illusione. (Lo sfondo dinamico qui nel mio MySpace che si richiama al film "Matrix", in merito a certe teorie misticheggianti sul concetto di "realtà", soprattutto nel primo espisodio, non è casuale). Decisi quindi di rivolgermi a una nota e seria giornalista, esperta in questo campo, per chiederle un parere. Le scrissi un lungo e dettagliato resoconto, anche grazie al "diario" che avevo tenuto. Mi rispose dopo non molto tempo. La sua opinione fu che la mia esperienza era senza dubbio "autentica" (e aveva una definizione ben specifica) ed era anche molto importante il suo significato rispetto il mio "percorso", la mia vita. Era un punto di partenza, lo stimolo per l' inizio di un "viaggio" di ricerca, molto oltre il "come" e il "perchè" dell' esperienza in se stessa... Decisi, assieme a un mio grande amico di quegli anni, con il quale già condividevo l' interesse per questo genere di cose, di iniziare questa "ricerca". Lui per molto tempo fù l' unico che seppe di quello che mi era accaduto. Cominciammo a guardarci intorno, per vedere di trovare punti di riferimento spirituali o "mistici", insegnamenti, nozioni, metodi, che potessero spiegare delle cose. La fase di ricerca non durò troppo tempo, perchè di lì a poco, attraverso un piccolo annuncio su giornaletto bolognese di cultura e spettacoli, entrammo in contatto col centro di Damanhur a Bologna. Damanhur è un sorta di movimento, una "comunità spirituale", nata negli anni '70, dietro l' impulso di Oberto Airaudi, il fondatore. Si basa su una concezione molto sincretica, fatta di elementi new-age, esoterismo egiziano, filosofie orientali, arti divinatorie, terapie alternative... Come scoprimmo ben presto, Damanhur era - ed è - anche una realtà fisica situata in un luogo, in Italia. Precisamente in Piemonte, Valchiusella, esiste la "nazione di Damanhur", con una sorta di piccola "capitale", più vari nuclei sparsi su un' area che negli anni è via via cresciuta; nonchè possiede una sua moneta interna, scuole, laboratori e altro. Iniziammo a frequentare il centro di Bologna e i cosidetti "corsi di meditazione" che si tenevano ogni settimana. Certamente allora rappresentò un importante riferimento, ed entrai via via a farne parte, seppure da "esterno", cioè senza mai arrivare al livello di trasferirmi a vivere là, come diversi del nostro gruppo di meditazione fecero. Lasciai la comunità nel 1995, per vari motivi. Al di là di diverse cose che non mi sentii più di condividere a un certo punto, del "periodo damanhuriano" mi sono rimaste esperienze e conoscenze importanti, ma soprattutto preziose amicizie che poi sono proseguite fino a tutt' ora. Allora non potevo immaginarlo, ma Damanhur era solo una tappa inziale del "viaggio", che nel corso di circa un decennio mi avrebbe condotto attraverso diverse altre esperienze: una scuola gnostico/cristiana, i libri e le tecniche meditative di Osho Rajneesh, lo studio dell' astrologia (soprattutto quella evolutiva), il Buddhismo Zen, quello Tibetano e altre cose.... Osho Rajneesh Tornando al '91, successe poi che, a causa degli effetti della prima Guerra del Golfo e un momento di crisi di settore del mercato, l' industria grafica per la quale lavoravo decise di "ridurre il personale". Ovviamente io ero compreso in quella parte di personale ritenuta non più necessaria. Siccome non potevano licenziarci, attraverso un' astuzia burocratica/legale, riuscirono a "scaricare" me e gli altri designati. Ero di nuovo disoccupato, insomma. Iniziò per me un momento di "gap" professionale, perchè seguì una serie di tentativi di impiego, sempre nel mio campo, in alcuni studi e ditte grafiche che però non andarono a buon fine. O non mi piaceva e me ne andavo io, oppure erano loro a non ritenere idoneo me. Quasi tutti erano ambienti di merda dal punto di vista umano e di trattamento economico, e ne ero disgustato. L' alternativa era cercare di mettermi in propio, tipo "free lance", ma non avevo i soldi per partire (e forse anche la determinazione). Così cominciai a prendere in considerazione l' idea di cercare qualche altro tipo di lavoro anche provvisorio, magari nell' attesa, un domani, di continuare in propio la mia attività nella grafica. Feci diverse domande di lavoro, nei settori più diversi e nell' estate del '93 andai addirittura a raccogliere la frutta, il che, sinceramente, piuttosto che stare in qualche studio grafico a fianco di persone schizzate, esaurite e in continua competizone tra loro, non mi dispiaqque. Dietro suggerimento di una cugina, tra le domande fatte, ne avevo spedita anche una a un ente di Bologna che opera in campo assistenziale, per l' handicap. "the lunatic" by John Dinser Lo feci perchè anni addietro, quando orbitavo ancora vicino a parrocchia e prete, ebbi un' esperienza di volontariato con alcuni disabili del paese in vacanza. Più perchè mi fosse piaciuta in se, pensai che potevo usarla come "esperienza minima" di cui parlare in caso di un colloquio con quell' ente. Non ci pensavo già nemmeno più quando, nell' ottobre del '93, venni convocato propio dall' ente per un "colloquio collettivo" di pre-selezione. Andai, senza aspettarmi niente di che, oltretutto che eravamo almeno una ventina di candidati a quell' incontro, dove venne illustrato il tipo di lavoro che offrivano e il tipo di attitudini e esperienze che cercavano dal nuovo personale. Capii subito che non era un lavoro facile. Avevo già un' idea di cosa significasse seguire un disabile, cosa fosse l' handicap fisico e/o mentale, avendo appunto già avuto quell' esperienza in passato. Ma qui capii che essendo una professione vera e propia era diversa la faccenda, più complessa, delicata, di responsabilità varie. Insomma, non si trattava solo di capire se c' era lo stomaco per "lavare culi", come si suol dire. La fase successiva era una serie di colloqui individuali, che avrebbero iniziato la vera opera selettiva. Decisi di andare avanti, non avendo nulla da perdere e un po' anche per curiosità. Ebbi colloqui con una psicologa, un pedagogista, un altro psicologo (che poi scoprii non laureato), di nuovo con la psicologa iniziale e, infine, con un coordinatore di uno dei centri residenziali che gestiva l' ente. Ero arrivato fino lì, "incredibile" pensai. Seppi che del gruppo iniziale eravamo rimasti assai in pochini. Il coordinatore si complimentò e mi disse che a quel punto si trattava di fare 4 giorni (non retribuiti) di frequentazione/conoscenza nella struttura residenziale da lui seguita, che ospitava handicappati adulti "molto gravi". Tra le righe mi fece intendere che era un specie di "prova del 9" e che molti, dopo quella fase, se ne scappavano a gambe levate. Sempre più intimorito ma, allo stesso tempo, incuriosito e interessato, seguendo una specie di vocina interiore che mi ripeteva "vai avanti, vai avanti...", mi accordai per fare questi 4 giorni. Ricordo molto vividamente che l' impatto con quel mondo fù davvero forte e difficile. Era una specie di gruppo appartamento nel quale vivevano sette handicappati adulti, davvero tutt' altro che lievi, per varie ragioni ma, per alcuni di loro, c' era poco da girarci attorno usando termini "educati e diplomatici": si trattava di persone che solo pochi anni prima sarebbero state in un manicomio, dimenticate da tutti, forse. Ritardo mentale sì, ma c' era anche la malattia psichiatrica, l' autismo e la psicosi, per non parlare dell' epilessia, presente in quasi tutti gli ospiti della struttura. Superando il primo momento in cui ero "pietrificato dal terrore", mi diedi tempo e riuscii ad adattarmi quel tanto da osservare la vita di quella casa, conoscere "loro" e iniziare a ridimensionare la reazione iniziale, dovuta alla non-conoscenza. Capii che, al di là del timore e del dubbio, dovevo andare avanti e interagire, conoscere. Dopo i 4 giorni dovetti fare una relazione finale scritta. Anche questa "decideva" se l' iter sarebbe proseguito verso il "colloquio finale", durante il quale c' era una domanda trabocchetto, che era la prova definitiva dopodiché, se andava bene, l' ente ti avrebbe assunto. Anche queste ultime tappe vennero superate senza problemi e la mia sensazione era che stavo facendo un percorso "in discesa", in qualche modo guidato da dinamiche favorevoli, che mi facevano percepire come quella fosse la strada giusta da percorrere. Superati dubbi, difficoltà, paure, da allora iniziai e imparai quello che è tutt' ora il mio lavoro. Un lavoro che mi aprì un nuovo mondo, fatto sì di confronto con la sofferenza e la malattia fisica o mentale, fatto di responsabilità, stress, talvolta rischi; ma fatto anche del piacere di aiutare gli altri, soprattutto quelli meno fortunati, del prendersi cura, rassicurare, rispettare. Per uno timido come me fu molto importante, perchè era un lavoro da fare per delle persone, con altre persone: il mio modo di relazionarmi migliorò e si arricchì come non mai, anche grazie alle nuove amicizie tra i colleghi del gruppo di lavoro. In particolare i primi 8 anni di questa mia "nuova vita professionale", furono un periodo indimenticabile, molto bello, profondo, pieno di soddisfazioni e importanti esperienze che cambiarono per sempre il mio modo di essere. Lavoravo, ma non mi sembrava di lavorare. Dopo 4 mesi di prova venni assunto a tempo indeterminato e ben presto, da operatore “sostituto” su malattie e ferie (una specie di jolly), passai ad avere un turno fisso. Questo positivo cambiamento, rappresentò, tra la altre cose, anche continuità, sicurezza economica, proiettando una certa serenità sugli anni seguenti. A un certo punto, anche dietro stimolo di mia sorella maggiore, decisi che era venuto il momento di “mettere su casa da solo”. "the nymphs room" by Andrea Aste Nel gennaio del ’96 andai a vivere in un piccolo appartamento, che si trovava in una vecchia casa di campagna ristrutturata, sempre nella provincia bolognese. In realtà si trattava di un piccolo condominio, con diversi appartamenti. Mia sorella col suo ragazzo di allora già abitavano in uno di questi da alcuni anni. Il posto era – ed è – incantevole, soprattutto d’ estate, pur essendo la classica campagna di pianura emiliana, col fiume Reno non molto distante. I quasi sei anni che trascorsi da single, oltre che a favorire i miei interessi e "sperimentazioni" di tipo spirituale, furono il momento in cui iniziai a vivere pienamente (e sempre più liberamente) la mia sessualità. Per troppo tempo infatti avevo evitato di ammettere e approfondire il fatto che fossi gay, un po’ perché preso da altre cose, un po’ perché avevo difficoltà ad accettarmi. Dal momento di quella prima esperienza nell’ ’87, con l’ insegnante di musicologia incontrato al Cassero, erano seguite alcune altre esperienze. Non tante, per la verità. Si trattava per lo più di ragazzi conosciuti attraverso qualche giornale di annunci a tema, con i quali accadeva anche qualcosa di sessuale, ma nulla di più. Fantasmi. Erano approcci che vivevo in maniera talmente “slegata” dal resto della mia vita, che poi non mi sembrava nemmeno di averli vissuti io. Il fatto di trovarmi finalmente a vivere per conto mio, mi stimolò a rimettermi di nuovo “a caccia” di conoscenze maschili. A parte i locali che non frequentavo quasi per niente, usando i mezzi che c’ erano in quegli anni - le solite riviste di annunci, un noto giornale satirico, “Cuore”, che spesso ospitava annunci gay ma, in particolare, il servizio di annunci “teletext” che offriva allora MTV, con una sezione “lui per lui” - ebbi modo di fare diverse conoscenze. Molte di esse con conseguente sesso. Diciamo che sfruttai ben bene la casa, recuperando abbondantemente gli arretrati “in bianco” degli anni passati. In quel momento non mi aspettavo, né cercavo qualcosa di più oltre amicizia con sesso, curioso come ero di sperimentarmi e scoprire. Poi, dopo un paio d’ anni, cominciai a pensare che non sarebbe stato male trovare qualcuno con cui condividere di più della “toccata e fuga” di una sera. Ci andai vicino di lì a non poco: conobbi un ragazzo della provincia di Modena con il quale, oltre un primo approccio fisico, nacque qualcosa di più. A differenza delle altre volte ci fu una continuità tra noi che ben presto sembrò evolvere in qualcosa di più profondo. Eppure capii e scoprii ben presto che c’ era la sorpresa dietro, quella delle più “classiche”. Il tipo infatti era stabilmente fidanzato da anni con un uomo più grande di lui, facoltoso. Io ero l’ amante, insomma. Chiaramente ci rimasi male, ma non pretesi nulla, non esercitai alcun tipo di pressione, anche se gli feci capire che non intendevo di accontentarmi dei “ritagli” della vita di qualcun’ altro. Lui per un po’ parve indeciso tra me e il suo uomo, poi scomparve del tutto. Questo tentativo di relazione durò circa 4 mesi. Un altro evento rilevante fu, nel 1998, la mia prima vera intensa cotta. Era un ragazzo conosciuto nell’ ambiente lavorativo. Non si trattava di un operatore, ma di una delle figure di “supporto volontario” che si succedevano nella vita del gruppo appartamento. Capii subito che lui era sicuramente gay, come poi anni dopo ebbi modo di avere conferma incontrandolo in un locale. Ma un po’ forse l’ imbarazzo per il contesto dell’ ambiente di lavoro, un po’ il suo retaggio vicino agli ambienti "boy-scout cattolici", o più semplicemente il fatto che non gli piacessi: non fui mai contraccambiato oltre l’ amicizia, seppure con sfumature di ambiguità e provocazione che più di una volta mi illusero. Si trattò di un' infatuazione che mi fece stare parecchio male. Venne il fatidico anno 2000 e con esso, i miei “primi 40 anni”. Evidentemente nel mio “karma” c’ è qualcosa di cruciale con la fase tra la fine e il principio delle decadi, perché ad inizio del 2000 non potevo certo immaginare che stava per arrivare un terremoto di alta magnitudo nella mia vita. Il “ruggito dell’ impermanenza”, come lo definì Nichiren Daishonin, maestro buddhista giapponese del 1200, stava per risuonare molto vicino a me. In febbraio, 17 giorni dopo il mio compleanno, mio padre morì improvvisamente, a 62 anni. Per certi aspetti non era un sorpresa, perché aveva alle spalle anni di abuso col fumo e una vita sregolata, che gli avevano causato problemi di cuore ormai poco rimediabili. Lo sapevamo. Dopo una fase critica verso la fine dell’ estate con relativo ricovero ospedaliero, era migliorato, e non mi aspettavo che se ne sarebbe andato in quel momento. Fu un evento devastante, complesso, molto diverso nella sua portata rispetto quello che mi ero sempre immaginato. Allo stesso tempo però sperimentai, insieme alla mia famiglia, come fosse possibile vivere in modo “diverso” un lutto così importante. Eravamo sempre stati una famiglia fuori dagli schemi, stramba, bizzarra, pazzoide. Tuttavia avevamo anche “quella marcia un più”, rispetto lo standard, che ci fece affrontare e superare quella perdita attingendo a risorse spirituali particolari. Quell’ anno però gli sconvolgimenti non erano finiti lì. La piccola struttura residenziale dove lavoravo stava per chiudere, come da programma, per lavori di ampliamento che sarebbero durati anni. Arrivò il momento in cui tutti noi e una parte degli ospiti venimmo trasferiti nella sede di lavoro che è ancora quella attuale: una enorme ex-casa colonica ristrutturata, di proprietà del comune, sempre a Bologna ma nella parte opposta della città. In origine questo edificio così grande era stato pensato - e in quel modo venne in effetti ristrutturato - quale clinica riabilitativa per i traumatizzati da incidente. Ma per chissà quali inghippi burocratici o di altro tipo restò chiuso e inutilizzato per quasi due anni, finche il comune non decise di affidarlo in gestione al nostro ente datore di lavoro, perché lo usasse per l’ handicap. Ci si immaginava che non sarebbe stato facile come passaggio. Infatti, non solo fu così, ma addirittura molto peggio per tutta una serie di motivi. Ci ritrovammo a “confluire” in quel gigantesco, freddo, nuovo spazio assieme ad un altro gruppo (operatori e disabili) che venivano da un’ altra piccola struttura, la quale pure aveva chiuso. Poi ci fu un’ altra parte di ospiti che venne aggiunta, proveniente da varie situazioni. L’ attrito tra i due gruppi di lavoro, ma soprattutto tra i due coordinatori, la disorganizzazione, la competitività e l’ approssimazione con la quale venne realizzata la cosa, provocò un periodo molto brutto e stressante per tutti. Nel frattempo, come conseguenza della morte di mio padre, per tutta una serie di ragioni, decisi di tornare ad abitare con mia madre e la più piccola delle mie tre sorelle, che allora abitava ancora con loro. Quindi, dovetti sobbarcarmi anche un trasloco, con tutto quanto comportava.Intanto mia sorella maggiore venne lasciata “per telefono” dal ragazzo con il quale aveva avuto un storia di qualche mese. Giusto quando si accorse di essere incinta. Tuttavia, prima delle altre vicissitudini (belle e brutte) che mi aspettavano, nell’ ottobre del 2000 avvenne l’ incontro non tanto col Buddhismo in sé, in senso generico (che conoscevo già e avevo a suo tempo approcciato nella forma tibetana e zen) ma con la specifica corrente che pratico e seguo tuttora. Fu attraverso mia sorella. Chiaramente lei stava passando un momento estremamente critico per il fatto di trovarsi in gravidanza e piantata in asso dal suo ex-partner. Una sera di luglio incontrò in un locale estivo bolognese un suo vecchio amico dei tempi “dark”, con il quale aveva suonato in una band. Nel frattempo lui era diventato buddhista. Le raccontò di quel particolare tipo di scuola e in cosa consisteva, come si meditava e i principi filosofici. Lei iniziò subito a sperimentare e poco dopo ne parlò a me. Da una parte ero un po’ refrattario perché percepii che quel tipo di Buddhismo aveva una parte rituale, esteriore (così come una struttura dottrinale) molto simile a quella di una religione costituita, “classica”, che poteva ricordare la nostra di origine. Dall’ altra, intuivo che era profondo, interessante e molto evoluto come concetti. Conteneva una buona parte di nozioni e principi che avevo conosciuto e sperimentato nel decennio precedente (di origine orientale), ma era più semplice il mezzo spirituale che proponeva per fruire del “risultato”. Tutto partiva, scoprii, da Nichiren Dashonin. Un monaco che visse nel Giappone del 1200, in un momento storico difficile e gravato da varie situazioni negative per il paese. Vi era anche uno scenario religioso poco chiaro e rassicurante: tante sette buddhiste che badavano ai loro tornaconti di vario genere a non supportavano la gente comune che soffriva. Nichiren Daishonin, grande studioso dei Sutra (gli scritti sacri buddhisti, derivati dagli insegnamenti orali del Buddha) dopo alcuni anni arrivò ad individuare che solo uno di essi conteneva l’ insegnamento ultimo e completo del Buddha: il Sutra del Loto. Il suo titolo in cinese e pronunciato in giapponese antico (Nam Myoho Renge Kyo, di cui la parola “Nam” in sanscritto venne aggiunta da Nichiren) era già noto come una specie di mantra. Nichiren Daishonin ne aumentò l’ importanza e spiegò che recitarlo a voce alta come una preghiera era un mezzo spirituale completo – anche se allo stesso tempo molto semplice – per permettere a chiunque di risvegliare la propia natura illuminata. Il Sutra del Loto conteneva poi principi e concetti per me estremamente interessanti. I “desideri terreni” visti non più come ostacoli, ma come porte per arrivare all’ Illuminazione. La possibilità di non negare e reprimere nessuna parte di noi, per quanto negativa, ma piuttosto trasformarla, in un processo di cambiamento del proprio karma. L’ idea che tutti (senza eccezioni di alcun genere) siamo dei Buddha e possiamo vivere felici - qui ed ora - imparando a far scaturire da dentro noi stessi la felicità assoluta, non solo quella relativa…. Così decisi di provare e iniziai sperimentare questo tipo di insegnamento, pur se tra dubbi e perplessità. I risultati positivi, gli importanti “benefici” di vario tipo di cui parla il Sutra del Loto ( la “prova” concreta), iniziarono a manifestarsi da quel punto della mia vita fino a oggi. Un passo dopo l’ altro, praticando e studiando, partecipando alle attività collettive dell’ organizzazione che a livello mondiale propaga questo tipo di Buddhismo (la Soka Gakkai), sarei arrivato nel dicembre 2001 a diventare membro buddhista a tutti gli effetti. Ricevetti infatti il Gohonzon, il mandala oggetto di culto davanti al quale quotidianamente facciamo il nostro tipo di meditazione. Pur riconoscendo l’ importanza della Soka Gakkai, nel suo ruolo di rappresentare e diffondere il Buddhismo di Nichiren Daishonin nel mondo, e nutrendo per essa un sentimento di gratitudine, non nascondo di essere talvolta anche perplesso e critico. Non posso dire di condividerne tutti aspetti, per vari motivi, ma…. Appunto da uno che si sforza di essere buddista mi concentro sui suoi elementi positivi (che sono tanti e importanti). Per tornare ai miei esordi buddhisti, avevo molti obiettivi (e problemi) sui quali "lavorare". Ne scelsi alcuni, ma subito preferii evitare di mettere alla prova "Nam myoho renge kyo" con quello che era il mio obiettivo "numero 1": trovare un partner e realizzarmi finalmente a livello sentimentale. Infatti, fino ad allora, non potevo dire di avere avuto una relazione vera e propia, a parte quelle esperienze descritte prima. Cioè, onoscenze basate soprattutto sul sesso e un paio di tentativi di fare "il salto di qualità" che non erano andati in porto... Avevo paura che non avrebbe funzionato, che su quello non ci sarebbe stata le "prova concreta" di cui parla Nichiren Daishonin. E mi dicevo: "Se però si realizzerà questo obiettivo, che per me è la prova delle prove, praticherò tutta la vita." Ma venne il momento che iniziai a pregare anche per questo... (in stesura, a presto il seguito della "storia")

My Interests

I'd like to meet:

Persone interessanti, controcorrente, alternative, curiose, colte, profonde, complicate, contorte, irrequiete. Amanti musica anni '80. Tipi spirituali, buddhisti, filosofi, artisti, viaggiatori fisici e mentali. Uomini e/o ragazzi gay. E anche donne, ovviamente, per amicizia.mio blog: http://frankblogspace.blogspot.com/

My Blog

pacco n. 384

Volevo inaugurare il blog qui con qualcosa di bello, invece ho deciso di raccontare una recente esperienza negativa, in fatto di relazioni gay. Non è certo la prima (ciò le spalle grosse ormai) ma que...
Posted by on Fri, 04 Apr 2008 23:16:00 GMT

Per visualizzare al meglio questo sito, usare MOZILLA FIREFOX come browser

Mozilla Firefox
Posted by on Wed, 14 Mar 2007 04:03:00 GMT

Il mio blog è su BLOGGER

Al momento il mio blog è qui:http://frankblogspace.blogspot.com/
Posted by on Mon, 12 Mar 2007 01:45:00 GMT