Estratto dal sito Wastelands (Terre Desolate) :"Ho iniziato a scrivere musica diciotto anni fa, e da allora comporre ha sempre fatto parte del mio quotidiano.
E’ cominciato tutto per caso, quando ho comprato la mia prima chitarra avevo 17 anni, era il 1988, e volevo imparare a suonare le canzoni che in quel periodo erano capaci di emozionarmi, ovvero le canzoni di Bruce Springsteen.
Mi sono avvicinato alla sua musica nel 1980, l’anno di uscita di “The Riverâ€, e nel 1984 passavo intere giornate ad ascoltare l’album “Born in the Usaâ€.
Comprai un libro edito dalla Arcana Editrice, un libro che conteneva tutti i testi tradotti degli album di Springsteen, e nel mentre ascoltavo la musica di questo straordinario cantautore americano ne seguivo anche i testi ed i significati.
Non è soltanto la sua musica a rendere quest’uomo un grande artista, fondamentalmente è merito della forza evocatrice delle sue parole.
Fu proprio il potere evocativo dei testi che leggevo a convincermi definitivamente. E nel 1988, mentre l’album “Tunnel of Love†suonava negli stereo di mezzo mondo, comprai una chitarra classica (strumento inadeguato per il pop rock) ed un’armonica a bocca, fermamente deciso a suonare le canzoni che fino ad allora avevo solamente ascoltato.
Imparai velocemente (ero, sono e sarò sempre un autodidatta), la prima canzone completa che riuscii a suonare fu “Cadillac Ranchâ€, poiché aveva una struttura semplice, composta da tre soli accordi in prima posizione.
Il 1988 fu anche l’anno del mio primo concerto di Springsteen, il 16 Giugno a Roma, Stadio Flaminio.
Un evento che non dimenticherò mai, sia per lo spettacolo in sé, sia perché avrebbe condizionato l’idea futura che avrei avuto del suonare, e tutt’ora quando sono su un palco so che è quello il tipo di concerto che ho in mente, musica, energia, sudore e divertimento.
Nel 1989 però il mio percorso musicale subì una svolta, facendomi intraprendere la strada che mi ha portato fino a qui.
Mi resi conto che suonare le canzoni di Springsteen era sì emozionante, ma non mi bastava più.
Suonavo le sue note e cantavo le sue parole, ma c’erano note e parole anche dentro di me, le mie...
Volevo cantare e suonare di me, dare voce al mio mondo interiore.
Cominciai a guardarmi dentro, a scavare in profondità , non fu un processo facile ed immediato ma con il tempo seppi fare luce sulla parte più oscura e profonda del mio sentire, riuscendo a capire chi ero e dove stessi andando, mettendo in musica e parole quanto io vedevo e scoprivo.
Da allora non è cambiato nulla, salvo che adesso scrivo in inglese e suono anche il pianoforte.
In tutti questi anni le canzoni sono divenute tante, credo di aver composto la colonna sonora della mia vita.
E continuerò ancora, e ancora fino a che sarò in grado di concepire una frase in metrica ed una sequenza armonica di accordi.
Più semplicemente continuerò fino a che sentirò di avere ancora qualcosa da dire." [...]