TRILUSSA,IL CANTORE DI ROMA
Carlo Alberto Salustri, noto a tutti come Trilussa, nato in via del Babuino, il 26 ottobre 1871 da padre di Albano, e madre bolognese. La sua vocazione di poeta dialettale è precoce: agli studi classici preferisce l' antologia del Belli, e mandare i primi sonetti alla rivista "Rugantino" di Giggi Zanazzo, oltre che per le riviste più in voga del momento quali "Capitan Fracassa, Don Chisciotte, il Messaggero, e il Travaso delle idee" Pubblica "le Stelle" madrigali in onore di venti bellle donne, seguiranno Favole romanesche, Caffè concerto, Er serraio. Gira l' Italia in lungo ed in largo riscotendo ovunque molto successo, e talvolta anche critiche per quel suo fare e muoversi tutto particolare, ma impossibile non riconoscergli il merito di aver attualizzato l' espressione lirica della classica ispirazione satirica romana e greca. ( Lo scopriranno sicuramente Gadda, D' Annunzio, Pisolini e molti altri…) A cavallo del 1910 escono: Le favole, I sonetti, Nove poesie, Le storie, opere che accrescono la sua fama. Scopre il suo grande amore trasteverino, e la lancia nel cinema con il nome di Leda Gys. Inizia a girare anche all' estero e si trasferisce nella casa- studio di via Maria Adelaide, che tutto il mondo artistico che gravita a Roma ben conosce. Voghera gli fa uscire nel' 19 Lupi e agnelli, e la Mondatori poco dopo, in coincidenza della sua entrata all' Arcadia ripubblica molte sue opere precedenti insieme a Omnini e bestie. Diviene un punto di riferimento dei salotti romani, anche se non frequenta Pirandello, né la Deledda, né il più "vicino" Pascarella, preferendo spesso le notti ,le osterie, i divertimenti dello scapolo per scelta, vestito abbastanza elegantemente, con cravatte impossibili, accompagnato dal bastone comprato dal suo amico-poeta Giggi Pea, e sempre con baffi curatissimi. Nel '27 Gravelli gli pubblica "Favole fasciste"che come dice lui " racchiudono sincerità , chiarezza, purezza che ben si possono definire fasciste". Lui che fascista non era, e che spesso lo stesso Mussolini dovette perdonare a questo giudizioso fustigatore di borghesia e clero, che ben conosceva, satire e favole decisamente caustiche. Questo "nuovo Pasquino" usa come palcoscenico delle sue storie e dei suoi personaggi più che i vicoli di Monti e Trastevere, vie e piazze quali il Corso, Colonna, Montecitorio, Trinità dei Monti, il Pincio etc.. insomma il centro della Roma-bene.Escono e siamo a cavallo degli anni 30, gli anni del consenso: Picchiabbò, La moje der ciambellano, La gente, La porchetta bianca, Campionario, Giove e le bestie, Libro muto, e tantissimi altri, mentre Silvio D' Amico gli traccia un profilo critico, scrive testi per Leopoldo Fregoli ed Ettore Petrolini. Il suo canto di una umanità piccola e delicata sta per essere schiacciata dalla storia, con la stessa Roma che nel cambio di secolo era ormai passata dal disincanto di piccola capitale sopravvissuta al regno universale, a grande città moderna capitale di un giovane stato. La guerra da lui spesso condannata, vuoi anche per quel suo qualunquismo caratterizzante era alle porte: il tempo di scrivere Lo specchio e altre poesie, La sincerità e altre fiabe nove e antiche, e dopo la sua ultima raccolta: Acqua e vino. I tempi appunto cambiano con la guerra in atto. La salute viene meno, così anche le condizioni economiche, l' asma non permette le antiche e lunghe passeggiate, ed ovviamente è meglio evitare di bere il diletto bicchiere di Frascati. Gli è accanto la premurosa Rosa Tomei, che gli fa da governante, segretaria ed infermiera, in attesa del volume che conterrà quasi tutte le poesie, e che uscirà subito dopo la sua morte, il 21 dicembre1950 ( straordinaria coincidenza, come la morte di G.G. Belli e di Petrolini avvenute rispettivamente ottantasette anni e quattordici anni prima ), venti giorni dopo che il presidente della Repubblica Einaudi lo aveva eletto senatore a vita, per i suoi altissimi meriti letterari. Forse troppo tardi a 79 anni, ma lui alla fedele Rosa aveva pronunciato : "Semo ricchi !" La vita degli uomini, l' immutabilità delle leggi che segnano le vicende e i limiti umani, la violenza, l'astuzia, il calcolo, l'egoismo, l' ansia di giustizia, ed il concetto della "panza piena" che si beffa dell' idea. Concetti che troviamo in gran parte dei suoi sonetti che pungono, che piacciono e che rimangono ancor oggi di estrema attualità . Tri lu s sa anagramma di Sa lu stri, è oggi ricordato in una bellissima piazza con tanto di statua che lo raffigura in Trastevere che si affaccia sul fiume, ed il centro romanesco a lui dedicato così lo saluta: "Un fiore a te Maestro, solo un fiore per ricordatte che ce stai ner core."
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