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Tamarro è un termine, usato principalmente con connotazione dispregiativa, che indica in genere una persona rozza o comunque (per la realtà sociale di riferimento) non lodevole; deriva dall'arabo tamario o tamaro (venditore di datteri), nell'Ottocento nome popolare della vite selvatica. Nel paragone con la vite coltivata, il tamarro era perciò la pianta che - non curata - non dava frutto o non ne dava di buono. Con questo senso metaforico si diffuse.Nel gergo, soprattutto giovanile, tamarro è un'espressione dispregiativa a cui è associata una gamma piuttosto variabile di implicazioni negative. Le principali associazioni che questi termini evocano riguardano l'aderenza a certi modelli comportamentali (relativi al vestiario, ai modi di convivenza sociale, alle forme di intrattenimento, agli interessi) e al ceto di appartenenza spesso in qualche modo legato al luogo di provenienza.
Questi sarebbero associati a comportamenti asociali in varie gradazioni (dal bullo al delinquente giovanile). I termini dialettali e gergali comparabili sono molti. Tra i più utilizzati: tarro, tauro, jauro, zarro, zaccaro, maranza (utilizzato soprattutto negli anni Ottanta e Novanta e ritornato di moda dopo il 2005), maraglia, nagana, sgrauso, truzzo, "zama" (voci di area prevalentemente settentrionale), gabibbo (termine usato a Genova e derivante dalla lingua ligure per indicare gli abitanti del sud Italia), burino, boro, coatto e zauro, (d'uso prevalentemente romano), zanniero (usato nel Foggiano per indicare metaforicamente un individuo dotato di zanne, a sottolinearne l'aggressività ), zasso, cozzalo, zagno, zambro e cheyenne (d'uso strettamente pugliese), zallo, zaurdo, ciaonè, tabbozzo, tazzorro, peones e tascio (d'uso prevalentemente siciliano), nella provincia cosentina invece è solito chiamarli Zallari o ZingariBISOGNA FERMARLIQUANTO SONO RIDICOLI?