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Ad esempio a me piace la strada col verde bruciato, magari sul tardi macchie più scure senza rugiada coi fichi d'India e le spine dei cardi
Ad esempio a me piace vedere la donna nel nero nel lutto di sempre sulla sua soglia tutte le sere che aspetta il marito che torna dai campi
Ma come fare non so
Si devo dirlo ma a chi
Se mai qualcuno capirÃ
sarà senz'altro un altro come me
Ad esempio a me piace rubare le pere mature sui rami se ho fame e quando bevo sono pronto a pagare l'acqua, che in quella terra è più del pane
Camminare con quel contadino
Che forse fa la stessa mia strada parlare dell'uva,
parlare del vino che ancora è un lusso per lui che lo fa
Ad esempio a me piace per gioco tirar dei calci a una zolla di terra passarla a dei bimbi che intorno al fuoco cantano giocano e fanno la guerra
Poi mi piace scoprire lontano il mare se il cielo è all'imbrunire seguire la luce di alcune lampare e raggiunta la spiaggia mi piace dormire
RINO GAETANO
Myspace Layouts at Pimp-My-Profile.com / Pink trees
In quanto esseri umani, superiamo il nostro piccolo e limitato io e raggiungiamo uno stato onnicomprensivo, in cui i nostri cuori possano sentirsi in comunione con l'infinità dell'universo.
Genova, schiacciata sul mare, sembra cercare respiro al largo, verso l'orizzonte.
Genova, repubblicana di cuore, vento di sale, d'anima forte.
Genova che si perde in centro nei labirintici vecchi carrugi,
parole antiche e nuove sparate a colpi come da archibugi.
Genova, quella giornata di luglio, d'un caldo torrido d'Africa nera.
Sfera di sole a piombo, rombo di gente, tesa atmosfera.
Nera o blu l'uniforme, precisi gli ordini, sudore e rabbia;
facce e scudi da Opliti, l'odio di dentro come una scabbia.
Ma poco più lontano, un pensionato ed un vecchio cane
guardavano un aeroplano che lento andava macchiando il mare;
una voce spezzava l'urlare estatico dei bambini.
Panni distesi al sole, come una beffa, dentro ai giardini.
USCIR DI CASA A VENT'ANNI E' QUASI UN OBBLIGO QUASI UN DOVERE
PIACERE D'INCONTRI A GRAPPOLI , IDEALI IDENTICI, ESSERE E AVERE,
la grande folla chiama, canti e colori, grida ed avanza, sfida il sole implacabile, quasi incredibile passo di danza.
Genova chiusa da sbarre,
Genova soffre come in prigione,
Genova marcata a vista attende un soffio di liberazione.
Dentro gli uffici uomini freddi discutono la strategia e uomini caldi esplodono un colpo secco, morte e follia.
Si rompe il tempo e l'attimo, per un istante, resta sospeso,
appeso al buio e al niente, poi l'assurdo video ritorna acceso;
marionette si muovono, cercando alibi per quelle vite dissipate e disperse nell'aspro odore della cordite.
Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore, ma come quella vita giovane spenta, Genova muore.
Per quanti giorni l'odio colpirà ancora a mani piene.
Genova risponde al porto con l'urlo alto delle sirene.
Poi tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione,
dico nobili uomini,
danno implacabile giustificazione,
come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportare
una vita troncata, tutta una vita da immaginare.
Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare,
c'è traffico, mare e accento danzante e vicoli da camminare.
La Lanterna impassibile guarda da secoli gli scogli e l'onda.
Ritorna come sempre, quasi normale, piazza Alimonda.
La "salvia splendens" luccica, copre un'aiuola triangolare,
viaggia il traffico solito scorrendo rapido e irregolare.
Dal bar caffè e grappini, verde un'edicola vende la vita.
Resta, amara e indelebile, la traccia aperta di una ferita
GUCCIO