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Recensione al romanzo di Roberto Saporito "Millenovecentosettantasette/ Fantasmi armati", (Besa, 2006)Un romanzo di un centinaio di pagine appena - tre ore di lettura che, da consigli dell'autore, sarebbero da accompagnare con una sequenza di brani musicali (elencati ad inizio libro) che non conosco, e da fare precedere (o seguire) dalla lettura di altri testi (sempre elencati ad inizio libro) - la maggior parte dei quali, ancora una volta, non noti al sottoscritto. Per fortuna - nonostante questo netto delimitare un territorio nel quale evidentemente (per età o gusti o scelte) io non sono solito entrare - il libro tocca comunque tematiche (la lotta armata, le dinamiche sociali di microgruppi) di cui leggo (spesso) volentieri. Chiaro però che il diapason che Roberto Saporito ha voluto far suonare prima di iniziare la narrazione ha un senso, e che quindi non era pensabile che mi trovassi di fronte ad un testo tout-court sulle Brigate Rosse (o simili) e questo è stato confermato quasi subito - fin dalla prima parte dell'opera. Qui ci troviamo di fronte a due generazioni di eversivi: i sopravvissuti della prima ora (latitanti dispersi tra Francia e America) e giovani leve (reduci da una rapina finita male, compiuta per autofinanziarsi) - legati insieme da una figura (Ottone) - irriducibile in carcere da vent'anni - amico dei primi e padre di uno dei secondi. Questo rapporto (tra i due gruppi e tra i gruppi e Ottone) è in qualche modo il centro della storia. Il centro cioè di un'opera intrigante ma minimalista, supportata da una prosa a tratti intensa, e da descrizioni che spesso finiscono per essere quasi oniriche - nel loro tratteggio di operazioni anche di guerriglia, che non sembra davvero di vedere - come se fossero smontate in fotogrammi - trasmessi poi senz'audio da un telegiornale. Questo perché il punto focale non sembra essere l'azione (forse, ma non sono un esperto, un poco inverosimile) - ma la riflessione (non nettamente politica) sull'azione stessa. Sul passato e su un presente - ancora potenzialmente di lotta - che sembra una eco, un ricordo o un gioco di ciò che era allora. Un presente con morti e dispersi, che propone le stesse cose degli anni settanta ma che (nel libro) non sembra suggerire motivazioni che non siano quelle di appartenenza ad una generazione di lotta. E che propone il nuovo fronte come spesso mosso da una instabilità interiore, ancora una volta non dovuta alla politica, ma bensì legata alla sfera delle emozioni. I personaggi (compreso dall'io narrante - non citato per nome) sono in parte fantasmi, in parte destinati ad esserlo a breve. Tra loro spicca forse l'unico vero outsider (ovvero Albino - ex-poliziotto) ma tutti sanno trovare posto nell'attenzione del lettore perché ben diversi tra loro - e in qualche modo intensi. Un libro particolare che differendo, per stile e ritmo, da altri testi sull'argomento, arricchisce l'ampia riflessione sugli anni bui del terrorismo di allora e su quelli, apparentemente ancora sotto studio, dei giorni nostri, con una sequenza di immagini cariche di emotività e di storia, speziate da belle pagine sui rapporti tra gli attori di questa vicenda.Marco Giorgini (KULT Virtual Press) ------------------------------------------------------------ ------------------------------------------------------------ --------------------------------------------------------- Booktrailer del romanzo di Roberto Saporito "Millenovecentosettantasette / fantasmi armati" (Besa Editrice) realizzato da Nick Tambone----------------------------------------------------- ------------------------------------------------------------ -------------“Corto†realizzato (in collaborazione col regista Nick Tambone) sulla base di un mio racconto dal titolo “NATURA QUASI MORTA†che ha partecipato al Concorso CORTO-CORTISSIMO e-GIALLO “XXXIV Gran Giallo Città di Cattolica†nell’ambito del Mystfest di Cattolica 2008: http://www.mystfest.com/Recensione al romanzo di Roberto Saporito "Millenovecentosettantasette/ Fantasmi armati", (Besa, 2006) tratta da STILOS (Il quindicinale dei libri) n. 12, anno IX, del 12 giugno 2007 -- CI SONO FANTASMI ARMATI NELLE LANGHE --- Ci sono mitra e pistole in questo romanzo di Roberto Saporito. Ci sono armi nascoste negli scantinati. C’è l’odore del passamontagna di chi è in agguato, c’è la paura sudata di chi sta per sparare. Terroristi di ieri e di oggi si ritrovano in una cascina delle Langhe, per riorganizzarsi e ricominciare. Bisogna “agireâ€, bisogna “fare†(quante volte questo verbo), bisogna “colpireâ€: nessuna clandestinità è peggiore della clandestinità dei ricordi taciuti, delle verità custodite tra sé e sé, nell’inconfessata consapevolezza di aver fallito in qualcosa che (ieri) era fondamentale. Uomini e donne, allora, come “fantasmi armatiâ€, ombre di un tempo trascorso che tornano a parlare una lingua per anni chiusa in un tiretto. I veterani cercano di inventarsi una nuova cattiveria; i giovani ostentano un’aggressività tinta di paura. Il motore però si inceppa e la corsa rallenta: perché carsicamente, sotto gli intonaci della storia, s’insinua un prolasso che corrode ogni reale ipotesi di restauro del passato, ogni concreta strategia di ripartenza: la truppa non riesce a farsi sistema e (di fatto) demanda tutto a un nugolo di eventualità . Così, intorno a una tavola con i resti dell’ennesimo pasto, fra le nebbia della campagna e del silenzio umido dei nascondigli, il manipolo di Roberto Saporito assiste al sempre più dispersivo arenarsi di un’istanza di lotta, di una volontà eversiva che non riesce più a fare i conti con se stessa. Dietro i volti e i gesti, appena oltre la soglia umbratile e fuggevole della volontà , s’indovina l’affiorare di un’ennesima stasi, la prossimità a un’ulteriore secca, lo sfrangiarsi di una univocità che si smarrisce nei rivoli di una babele di propositi. Non manca, è vero, la risolutezza di qualcuno, che non teme di andare per le spicce pur di mantenere in piedi il gruppo. Però non basta il decisionismo (estremo) di uno solo per interrompere il dramma. Anche perché, a dispetto della cornice, non si tratta di un dramma insanguinato. Quello sì, c’è (la rapina, l’evasione, gli omicidi), ma è sin troppo palese per lasciar schizzare fuori una scheggia rivelatrice: l’arco che tiene il romanzo sta nello sbrego tormentoso del capire che il vento è cambiato, che il bene e il male, adesso, non è così facile distinguerli, così come non e più facile distinguere tra paura e coraggio. E che la fine può assumere i contorni di una desinenza che non ammette ricominciamenti: anche se sono sogni di libertà e di lotta e anche se un tempo si è stati a un passo dal realizzarli. Perciò fantasmi armati e disarmati, come chi è stanco, come chi scopre che la bandiera bianca, quando sventola, disconosce ogni pudore. Saporito dissolve nel romanzo i grumi del tempo trascorso e dell’ineludibile raffronto tra quel che fu e quel che è, misurando le parole in un insieme asciutto e al tempo stesso diafano, che esaspera il tonfo disilluso dello spasimo e dell’incertezza. di Simone Gambacorta