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AUG - Alice Under Ground

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Alice Under Ground

Alice Under Ground è una rappresentazione di Alice nel paese del meraviglie in forma di melologo, “Alice semina suoni e raccoglie senso”, è un discorso per perdonare ciò che in ognuno vi è di incomprensibilie e di gratuito. Lo stile, inteso come modo di fare le cose, testimone di ogni avvenimento, è l’unico dirupo su cui poter lanciare un ponte tra il personale e il convenzionale, tra le cose e le parole, un ramo per lasciar gocciolare l’intimissimo utile del senso. Alice è la possibilità di creare senso in virtù dello stile, la possibilità di ogni monologo di divenir dialogo, visione, al di là del velo di ognuno, al di là degli animali un po’ strambi che abitano in noi e che costituiscono le stesse premesse affinchè il vigore di un punto di vista riesca a gestire il molteplice rendendo efficace la propria impronta nel tempo, affermandosi e negandosi nel divenire. Il racconto si muove come fosse un’osservazione personale che nella natura delle cose vive come bugia, una sproporzione tra l’essere e il valere che si manifesta limpidamente, si nasconde vagamente, suggerendo il resto quando i conti non tornano. La rappresentazione è costruita sull’unità sincretica di tre unità: un attore, un gruppo musicale e video proiezioni. Ogni linguaggio ha una sua autonomia e sviluppa l’azione in modo analogico e non didascalico. L’attore è insieme indistintamente il Narratore, Alice, il Cappellaio Matto e il Fintartarugone. Egli è il protagonista di un percorso gnoseologico circolare e infinito, spesso autoreferenziale. Alice è la dimostrazione di se stessa. Il gruppo musicale si impegna in un lavoro di sonorizzazione e dinamica dei suoni attraverso l’esecuzione di brani originali composti ed arrangiati appositamente. La sonorità è frutto dell’incontro di musicisti che provengono da differenti esperienze; elementi di dub, elettronica e free jazz vengono miscelati al fine di disegnare il paesaggio sonoro in cui si svolge l’azione, ora per contestualizzarla, ora per tradurre in musica il dispositivo narrativo di Carroll. Le proiezioni video conferiscono alla rappresentazione un aspetto illusionistico, creando dei segni animati semplici, stilizzazioni di pensieri in bianco e nero, incompleti, sottolineando alcune parti del tutto. La messa in scena si muove nella profonda superficie delle cose, nel senso dell’evento, tra giochi linguistici e non-sense che costituiscono l’ambiguità di ogni comunicazione aperta, la cui verità, così personale nel suo essere sincera, è bella e incomprensibile, è cruda e spirituale. Il non-sense si può intendere in due modi, un uso apparentemente sensato di parole insensate, e un uso apparentemente insensato di parole sensate; benché il non-sense viene spesso erroneamente inteso come mancanza di senso esso è negazione di senso e ne presuppone dunque la presenza.
Tutti i canarini ben nutriti cantano a squarciagola
Nessun canarino che canti squarciagola è malinconico
Tutti i canarini ben nutriti sono allegri
Tutto ciò che è vivo è movimento
Alcuni movimenti sono contraddittori
Io vivo in movimento
Io sono contraddittorio
“Carroll spende tutta la fatica della leggerezza, porta tutto il peso della responsabilità che ne deriva, mettendo in gioco la nostra libertà. Ed è piena di rischi, questa via, perché comunque si tratta di un perdersi o di un divenir-folli. Un altro pensiero e un altro linguaggio, o almeno un altro uso del linguaggio. Ecco allora un'altra domanda: come potrà il linguaggio seguirci, o magari precederci, in un mondo senza spessore dove ogni evento ha una doppia faccia e in cui le parole e le cose non possono mai accordarsi in una sintesi che le congiunga? Tutto potrebbe cominciare con una balbuzie, quella effettiva di Carroll per esempio, o quella in cui ciascuno di noi potrebbe paradossalmente esercitarsi: sì, c'è un legame importante tra il balbettare dell'autore e le "parole esoteriche" o le parole-bauli della sua opera, c'è un processo di rallentamento e condensazione, un'elaborazione dell'instabilità, un raddoppiamento del difetto, l'umorismo di un io che riesce a spiazzarsi mimando se stesso, contro-effettuandosi. Un linguaggio che si rende minore, che progetta di essere minorato anziché correggersi nell'ortopedia linguistica del senso buono.” Pier Aldo Rovatti.
A che pro un libro senza dialoghi ne figure si chiede Alice nel prologo della sua avventura. Non sappiamo cosa intendesse Carroll, se prendere letteralmente o meno il senso di questa frase, se è una considerazione da educatore nei confronti degli allievi o una riflessione sulla ottusità della pedagogia, vero è, ci sembra, che quel libro non accendesse la vita in Alice. La parola che cerchiamo è un libro aperto che sappia dialogare con le nostre più intime figure, il libro che vogliamo è una pagina incompleta che sappia dialogare con noi lasciandoci lo spazio di figurare le parole, di accettare la faziosità d’ogni lettura.
Can che abbaia non morde
ma morde il can che non abbaia
il can che morde non può abbaiare
perché abbaia il can che non può mordere.
On Stage
In Scena
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Member Since: 1/4/2008
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Fonica

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Contrabbasso, Basso elettrico

Alessio Sbarzella:
Batteria

Marco Mastrantonio:
Basso elettrico

Lele Tomasi:
Batteria

Influences: Lewis Carroll, Martin Gardner, Douglas R. Hofstadter, Piergiorgio Odifreddi, Jan Swankmajer, Matteo Fato, Kurt Goedel, Maurits Cornelis Escher...
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Performance del 3 - 4 maggio @ Cantiere.


Record Label: Unknown Indie
Type of Label: Indie

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