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About Me

Bio:
Salvo Maria Fortuna, nasce in Calabria nel 1952, vive e lavora a Roma. Dopo un lungo soggiorno a Firenze per motivi di studio si diploma presso l’Accademia di Belle Arti. E’ un’artista ed un insegnante eclettico e multiforme in tutte le espressioni della sua attività. Si può affermare che il suo terreno di elezione sia la scultura, ereditata geneticamente dai suoi avi artisti da parte materna sin dal 1700.
Per dare vita alle sue opere, egli predilige la tecnica della terracotta lucidata e patinata alla maniera ottocentesca. Con grande maestria ama ritrarre volti, ora teneri ora drammatici, carichi di pathos.
Altro elemento ricorrente nelle sue opere è la donna: dalle tenerissime maternità ai nudi intrisi di sensualità, sintesi di antiche bellezze.
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Molto efficacemente,l’Artista Salvo Fortuna sceglie questo tema dominante così importante per la sua Mostra, “ Eros, Pathos e Mare”, che tanto intrinsecamente si lega alla sua interessante produzione.
Il titolo riporta a taluni archetipi dell’uomo, l’Amore, inteso platonicamente come un sistema complesso di relazioni con il nostro Io prima ancora che con il partner, il Pathos a cui mi piace dare una lettura, anche in questo caso greca, che riporta all’Anonimo, geniale, Autore del trattato “Sul Sublime”, che attribuisce all’Arte il valore dell’ emozione , della passione, spesso incontrollata e dà al dettato artistico, quando tocca il sublime, il dono di ciò che esce di misura.
Il mare…Il mare è presente in maniera “genetica” nell’opera di Fortuna, il mito della sua Calabria si coniuga in molteplici sue esperienze pittoriche: è un mare spesso permeato di un luce ora viola, ora azzurra, ora visto in una situazione cronologica indefinita.
Spesso è assente l’uomo, dal suo mare, come se il paesaggio di avvalorasse di per sé e come se la stradicciola che conduce al mare si facesse strumento di salvezza senza la mediazione umana.
Il tema della vita fa da collante alla produzione pittorica e plastica di salvo Fortuna: alla vita sono infatti riconducibili, oltre alle opere pittoriche, le numerose maternità, dall’elegante modellato “continuo”, in cui il “generato ed il generante”sono inscindibili, sinolo aristotelico di materia e forma ed anche il mito eterno di Ulisse, l’eroe della “curiositas”, legato al mare nell’ambivalenza di vita e morte cui il mare è connesso.
I materiali usati, i colori stessi palesano poi la traccia mediterranea dell’Autore: colori carichi di luce, in cui i temi dominanti sono la Terra e l’Acqua, in cui si coglie la poesia inesauribile del tema forse più antico della storia artistica dell’uomo: il tentativo di riprodurre ed interpretare la vita.
Maria Zeno
Dicembre 2004
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Profonde superfici dell’anima: l’artista sul lettino dello psicoanalista
di Marzia Vercillo
Quando in una calda giornata estiva entrai per la prima volta nello studio di Salvo Fortuna e vidi i suoi quadri, ebbi la sensazione che qualcosa di molto profondo e intimo dell’artista si stesse svelando ai miei occhi. Fu quindi per me facile scivolare nel gorgo giocoso delle interpretazioni e dolce …naufragare in questo mare.
Perché soprattutto di mare si tratta. E’ un “mare di dentro” quello di Salvo Fortuna, impresso nell’anima e negli occhi, che proiettato sulle tele dà vita a suggestioni profonde, suggerite dai colori metallici a volte freddi dell’acqua e dai rossi accesi del cielo.
Un mare sempre calmo, simbolo di una stasi che però è solo apparente, tradita dal furore dei tramonti infuocati: così il trattenere si contrappone all’esplodere, il celare all’apparire, il caldo al freddo, opposti che coesistono inevitabilmente.
Il suo mare è sempre uguale e sempre diverso, mare e acqua, quasi come un rituale ossessivo, sono espressione di un legame profondo con una madre-terra dalla quale non ci si è separati, un mare popolato da barche espressione di solitudine, sospensione, galleggiamento di un’esistenza che non ha ancora trovato il suo approdo.
Alla terra però l’artista ci arriva, a quella terra grassa che ha le sembianze scoscese della terra natìa. Ed è nelle folte chiome degli ulivi e nelle salde radici che appare l’accettazione e il radicamento alla terra che lo ha accolto uomo e padre. Finalmente la struggente nostalgia per quello che è lontano diventa sorriso e gratitudine per quello che si ha.
Ma nella forma e nell’eros della scultura si intuisce l’uscita da quell’utero “acquoso” che non serve più. E’ come se l’artista nascesse a se stesso dall’acqua e dalla terra-argilla dando vita ad un movimento di corpi danzanti che dall’immaginario si fa materia, realtà tridimensionale. La coppia uomo-donna qui diventa fusione ancestrale, simbiosi, superimposizione cosmica, un corpo a corpo iniziatico nel quale, a tratti, l’eros cede il posto al pathos di una lotta quando il collo arcuato della donna urla la sua impenetrabilità.
E’ una donna morbida e abbondante quella che l’artista rappresenta, amante e madre, madre del suo stesso uomo che a volte sembra partorire nell’amplesso amoroso. Ed è sempre una madre quella che si apre al dolore ne “La pietà” o quella che diventa conchiglia nel proteggere e cullare il suo bambino.
Quanti sono i riflessi dell’anima che non sappiamo o non vogliamo cogliere nei tratti di una tela? E quanti quelli ancora inespressi dall‘autore? Ma sempre grati saremo a quell’artista che emozionandosi ci emoziona e vibrando ci fa vibrare. A mio avviso Salvo Fortuna ci è riuscito benissimo.
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DI ANTONIO VALICENTI
Salvo Maria Fortuna dona personalmente una sua opera a S.S. Giovanni Paolo II,
Roma 21/09/1989 -----------------------------------------------------------
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