About Me
Massimo Caccialanza se ne è andato come è vissuto, velocemente, con intensità e in maniera estrema "col cuore in gola, sempre".
A lui, che era di Savona, Genova qualcosa deve.
Deve il suo modo di vedere le cose - quando fotografo artistico, alla fine degli anni '80 col gruppo/duo Ash&Mash, portava i suoi Ectoplasmi in giro a vedere il pubblico esterrefatto.
Gli si deve anche il modo di descrivere la città negli anni '90 contribuiva a creare la rivista Movida, vera bibbia della scena musicale e artistica genovese del
periodo.
Gli si deve anche una delle più approfondite e riconosciute ricerche sociologiche a livello italiano sul mondo dell'Underground, quella Officina dei Sogni che oltre a raccontare che cosa era il mondo della musica e della comunicazione all'inizio degli anni '90, determinava una pietra miliare nel campo della ricerca qualitativa in Italia.
Genova gli deve anche qualcosa per il suo modo di ascoltare la musica e di farcela ascoltare nelle serate da dance hall nei vari locali in cui ha lavorato, il 261, LuKrezia, il Coccodrillo, il Mamunia e quanti altri.
Nei centri sociali - ricordiamo il suo contributo all'esperienza del Centro Sociale Il Castello - e la partecipazione alla scena delle posse genovesi Blacka is Back Posse con Jazzy c., Maxygroove, e poi Locanda del Sole Sound System insieme a Papa Cire e Gareth Thomas.
Genova gli deve qualcosa anche in termine di stile, uno stile unico, impaziente ed estremo fatto del sincopare del suo ragionamento, di illuminazioni brucianti e iperboliche, di conoscenza delle mille sfumature dello stile reggae, della continua ricerca del suono perfetto delle frequenze più basse e inascoltabili, dei leggendari sound system con migliaia di watt che sognava di attivare. Lui lo chiamava lo Stile del Cuore: «fatto di passione, intensità , voglia, intesi come l'opposto dello Stile della Freddezza».Genova, e chi lo ha conosciuto, gli deve soprattutto l'attivazione di emozioni impensabili e di entusiasmi trascinanti, spesso di delusioni non meno brucianti. Lui ha vissuto unendo vita ed arte, portandole alle estreme conseguenze, forse troppo per tutti noi che, in fondo, abbiamo scelto di sopravvivere. Ora non ci rimane che il vuoto, il rimpianto e la tristezza dell'assenza, appena mitigati dal ricordo di tutte le emozioni che ci ha saputo regalare.
Tutto questo è per raccontare brevemente della lucentezza dell'intelligenza di Raggamash e della potenza e l'energia della sua passione. Spesso amava citare Fassbinder dicendo: «chi ha l'amore nel corpo non gioca col flipper», e forse quel flipper troppo spesso gli si accendeva di fronte e lo costringeva a scegliere tra l'amore e la sopravvivenza: troppo per lui, che si emozionava come poche persone al mondo di fronte alla bellezza e la potenza della passione.
One love Raggamash, one love
Per saperne di più
http://www.analisiqualitativa.com/magma/0101/articolo_02.htm
http://www.disorderdrama.org/compost/pdf/cmpst_05.pdf