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Theatro delle Cinque

About Me


IL THEATRO DELLE CINQUE E' UN TEATRO INDIPENDENTE. LIBERO DALLA POLITICA, LIBERO DA SPONSOR, LIBERO DA QUALSIASI COSTRIZIONE LETTERARIA.
NOI SIAMO SEMPLICEMENTE CIO' CHE VOGLIAMO ESSERE..
diretto da:
GIOVANNI EPIS
con:
ANDREA BELLUCO
ELISA CALABRESE
ILENIA PALMIOLI
illustrazioni di:
ELISABETTA ZANETTI
www.teatrodellecinque.it
Questo è l’inizio del delirio contorto. Questo è il preludio del giorno del folle. Questa la chiglia della nave dei pazzi. Qui prende vita il postumo sbeffeggio fiabesco. Altrove forse richiami immorali hanno avuto luce capestre, ma non mai come in queste parole centenarie. Oh, squisito l’aroma che s’insinua nella perbenista morale ch’ora c’accingiamo a distruggere, mai un sapore così dolce potrà sfiorarne il tocco salmastro.
..
Un Theatro su trespoli d’oro amaranto rumoreggia incauto dell’udito passante. Ebbene, ed anche se fosse? Non sempre ora mai il discorso altrui è vile e insolente, noioso e di cenci vestito.
Raramente, molto raramente accade d’incrociar parole d’un senso già noto che sol ora si porgono audaci nelle menti. Uomo. Che per la prima volta posi lo sguardo al passato ricorda: non sempre il piacere è donato dal mentire. È giunto il momento di schierarsi sapiente e cauto scoprir ciò che mai ti hanno pronunciato. Segui il Theatro, solo un istante, condurrà il tuo essere in un mondo nuovo, di sapone ovattato, di bolle di carta svolazzanti, d’aria e pensiero. Gioca, uomo, con il tuo passato. È tutto falso il dire ingannevole che passato è passato. Puoi ora ricostruirlo, uomo, puoi ora ricostruirlo…

My Interests

I'd like to meet:

Siamo eroi cosparsi di cenere vitrea.
Siamo carne dell’inferno mendace.
Siamo blandi felini di spiriti d’anime.
Ad oggi non esiste il domani.
Poiché ieri, d’un giorno non troppo lontano..
Qualcuno ha mentito ai nostri sogni.
Ingannando i deliri di noi bambini, oggi, uomini.
Tutto ciò che hanno narrato altro non è:
che un miraggio volgarmente imbellettato.

..

Voglio danzar la notte.
Voglio mangiarne la luna.
Voglio scoprirne il sapore.
Voglio che piano discenda la gola.
Voglio!
Che squisita sensazione.
Il gotico..
Al suo infernale apogeo.
La miseria conduce alla folle ingordigia.
La miseria sussurra il triste declivio.
La miseria..
Calpesta l’essenza.
E si tramuta in morte.
L’infernale apogeo.
Squisito..
Questo il destino ch’attende alle porte del sogno.
Anzidetto il fato dei due di sangue legati.
Abbandonati tra le fronde mai viste.
A morire.
Nessuna mendace menzogna così è scritto da secoli sulle pagine squisitamente ingiallite dal tempo.
Chi ha intuito di cosa parliamo, prego, chini il capo e dedichi un pensiero di gioia ai due fratellini, dallo stesso dio che li ha creati dimenticati a morire.

E siamo gente di strada signori.. siamo artisti.. qualcuno ogni tanto ci chiama poeti.. siamo semplici costruttori di sogni di carta, nulla di più. Creiamo pagine d’illusa realtà. Forse nulla ha senso. Forse nulla ha più senso. Ma noi si vive cosi, disperati, divorati da una macchina che risulta talmente astratta ai nostri occhi da non sapere come si chiama. Società? Mondo? Realtà?
Fabbrichiamo pensieri troppo grezzi per essere poesia, sogni troppo grandi per essere ideali. In fondo, come dici tu, non siamo nessuno. Siamo la feccia della nuova cultura. Siamo i margini di queste fabbriche. Lavoriamo nell’oscurità di un pensiero latente.. un pensiero che non riusciamo ad abbandonare ai margini di una strada come un semplice cane. Il pensiero di cambiare anche solo una fetta di questo inutile mondo di buio. Pensieri di carta che come origàmi si sciolgono al vento. Si, il vento. Della nostra passione. Di quel futuro che tu hai dimenticato.
Siamo l’ignoto. L’irrazionale. La parte bianca. Siamo. Essenzialmente questo. Siamo.

..

Tu hai dimenticato il significato di vivere. Hai scordato la purezza delle parole, delle dediche sull’albero, delle stelle che inondano gli occhi.
Sei come una mosca. Su tutto può volare ma solo di una cosa sa nutrirsi. Hai mangiato troppe volte al banchetto del mondo da bene. Hai mangiato fango d’oro una sera e hai dimenticato i fiori di loto. Non sei più niente. Solo una macchietta, che non riesce a divincolarsi da una tinta unita.
Qualcuno ci ha chiamato uomini da strada, altri mangiatori di palco, altri ancora gli strani..
Ma cosa siamo? Cosa sono ai tuoi occhi?
Cosa vuoi diventare domani?
Sei diventata veramente una di loro?
Qualcuno una volta mi ha chiesto che rumore facessero i pensieri. Sono stelle che sbattono l’una contro l’altra alla ricerca del tocco. Del contatto con l’universo.
L’infinito ora è solo un bieco punto di vista. Ti sei lasciata trascinare nel mondo finito, nel mondo dei confini, nello spazio conosciuto. Guarda oltre, ti prego, guarda oltre. Oltre queste dannate stelle.
Scoperchia il barattolo. Aprilo. Cerca di capire cosa c’è dentro. Buca il coperchio. Vieni dentro con me. Non è una piscina troppo fonda. Non devi rimanere sul bordo aspettando. Prima o poi scivoli, prima o poi qualcuno ti butta dentro. E allora cosa fai? Cerchi aiuto? Divincoli le braccia finché hai fiato? Oppure cominci a guardare sotto cosa ci potrebbe essere? Ricordi Pascal? Ricordi? Lui ha scommesso. Forse ha vinto. Probabilmente ha perso. Ma lui almeno ha scommesso. Ha giocato con la sua vita. Non si è lasciato giocare dalla vita.
Sei una nuvola ora, non sai dove andare. Hai dimenticato il cielo. Hai dimenticato cosa vuol dire volare. Non sei nulla se non che una semplice goccia di neve nelle stanze del blu.
E al tramonto cosa farai? Se il cielo improvvisamente cambiasse colore tu cosa faresti?
Pensa. Chi sei?
Cosa ti è successo?
Hai rinnegato il tuo spirito..
Un frigorifero pieno? E di cosa? Di glassa? Già.. meglio un budino gelatinoso. Viscido. Uno splendore alla vista. E dentro? Cosa c’è? Aria. Si muove tutto. Non ha un punto fermo. Non ha nulla. Cerca un baricentro che non esiste. Cerca la sua ciambella. Il suo buco.
Qualcuno una volta mi ha chiesto che rumore fanno i pensieri..
I pensieri..
I pensieri..

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