I'd like to meet:
-INDICE-Capitolo I - L’appuntamento- pagina 5
cap. II - Per un missile-giocattolo - pag. 8
cap. III - Il bagno di mezzanotte - 12
cap. IV - L’autostop - 19
cap. V - Il vascello fantasma - 24
cap. VI - I cavalli di Provenza - 28
cap. VII - Dormito bene? - 33
cap. VIII - Quel veliero di nome Mirage - 38
cap. IX - Problematiche di una divorziata - 42
cap. X - La barriera - 50
cap. XI - Scivolando sull’acqua - 55
cap. XII - Potevano essere fantasie notturne… ed invece… - 58
cap. XIII - Granelli di sabbia - 62
cap. XIV - Il vecchio faro - 66
cap. XV - Il gioco dell’alluce - 71
cap. XVI - Girando pagina... - 73
cap. XVII - I giorni migliori - 77
cap. XVIII - La risacca - 82
cap. XIX - Ancora arti saffiche? - 87
cap. XX - Quella verità - 91
cap. XXI - La mascherina dell’Isola del Giglio - 97
cap. XXII - Che pensieri soavi, che speranze... - 101
cap. XXIII - Arrivederci, Margherita! - 105
cap. XXIV - La luna incantata sull’olivo millenario - 109
cap. XXV - Il Principe dei fiori di Giglio - 114
cap. XXVI - Da quella cabina - 121
cap. XXVII - Certi gatti.... - 124
cap. XXVIII - Addio, grande amore dei miei 30 anni! - 130
cap. XXIX - I misteri della vita.... - 134
cap. XXX - Ma era tutta fantasia? - 139
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** CAPITOLO I *****L’ APPUNTAMENTO ***Decidemmo di partire per un’isola.
Era uno splendido luglio: tempo di vacanza per grandi e piccini dopo un freddo e faticoso inverno.
La scelta l’avremmo fatta strada facendo. Le mete erano comunque limitate alla Corsica, possibilmente il campo naturista di “Le Chiappà , all’Isola d’Elba oppure all’Isola del Giglio. Quest’ultima mi suonava particolarmente cara perchè mi faceva ricordare il Principe dei fiori di giglio, un bellissimo affresco non ricordo se di Knosso o Festo. Nei tempi passati, sul libro di Storia dell’Arte, ne avevo tanto ammirato l’austerità del volto, la struttura corporea aristocratica, la linea delle gambe e delle braccia mentre suonava il flauto, circondato da gigli colorati.
Da una parte mi sarebbe piaciuto anche esplorare l’Isola d’Elba, ma da un altro punto di vista sentivo che questa poteva avere un certo sapore di esilio e relegazione, visto che lì era stato prigioniero Napoleone, alla fine della sua carriera di dittatore.
In ballo c’era anche il campo naturista di “Le Chiappà , in Corsica. Avrei potuto considerarla una meta ideale soltanto qualche mese prima, quando mi sentivo una naturista convinta. Il mio naturismo non era nudismo o desiderio di abbronzatura integrale, ma la voglia di purificare il corpo e lo spirito dagli avvelenamenti della città . Era ritornare alla vita semplice con tanto riposo, alimenti cotti alla brace, niente sigarette e prodotti consumistici ma sole, aria buona e mare: il tutto in allegria e serenità . C’era inoltre la voglia di sfrenare ma anche di riposare la mia fantasia in riva al mare o magari sotto ad un fantastico plenilunio. Consideravo le isole una meta ideale per quel tipo di vacanza.
La scelta dunque doveva essere ben mirata e soddisfacente, anche se ritenevo che alla fin fine tutte le isole avessero un loro verde e misterioso fascino ancestrale e che accogliessero tutti come in un ventre materno.
Allora come uscir fuori da quel dubbio amletico? Quale isola scegliere? Elba, Corsica o Giglio?
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uante volte sui miei atlanti di Geografia avevo studiato le isole terrestri, sognando e ricamandoci sopra eccezionali vacanze! Fantasticavo, sempre nella mia preferita regione dell’immaginazione, un riposo totale sotto ad alte palme tropicali con pappagallini colorati, bagni in acque trasparenti, barriere coralline con pesci multicolori e passeggiate in verdi e pacifici boschi! E magari un incontro fatale col famoso principe biondo col quale vivere straordinarie emozioni d’amore.
Erano gli anni ’70.Sui vari continenti della Terra c’era una pace relativa… ma quanto sarebbe durata? L’isola che avrei scelto e onorato con la mia presenza in quel caldo luglio, avrebbe dovuto promettermi non solo di riposare, ma anche farmi uscir fuori dalla nevrotica routine quotidiana e dai soliti problemi esistenziali.
Insegnavo nella Scuola Media di una caotica borgata romana, affollata da ragazzi agitatissimi. Mi ero separata da poco da mio marito (molto malvolentieri) ed avevo la totale cura delle mie due figlie, Larissa di sei anni e Cleide di quattro.
In quella vacanza mi seguiva anche la mia vicina di casa col suo figlioletto Valentino di cinque anni.
Solo quando fui sul raccordo anulare comunicai a Francesca di aver preso finalmente “la DECISIONEâ€: dirigermi verso la Toscana, esattamente Porto Santo Stefano, in provincia di Grosseto, dove era possibile prendere il traghetto per… l’Isola del Giglio.
- Ho un appuntamento con il Principe del luogo. - Le avevo detto scherzando.
Mi suonava dolce il nome di quell’isola ed anche velato da un qualche indecifrabile, antico mistero.
E così come non era assolutamente mia consuetudine, mi ero trincerata dietro al volante della mia 127 Fiat di color verde bosco, carica di due tende canadesi, materassini, sacchi a pelo, vestiti e pentolame: tutto il necessario insomma per il soggiorno discreto di cinque persone in un campeggio del posto.
E’ vero, eravamo solo in cinque: ma sinceramente sembravamo in cento per la grande voglia che avevamo di divertirci, ridere, cantare, mangiare numerosi gelati, fare tanti bagni e lunghe passeggiate nei verdi boschi. Avremmo desiderato anche conoscere nuovi ed interessanti amici. Con quanta allegria e vivace confusione era partita la nostra vacanza!
Avevo imboccato subito l’autostrada con convinzione e sicurezza ... anche se non amavo guidare.
Negli anni precedenti avevo avuto, diciamo, la fortuna, di essere accompagnata, prima della separazione, dal mio ex, l’anno dopo invece ero stata in Jugoslavia con le bambine, al campo naturista di Kowersada, organizzato a Vrsar, un’isola di fronte a Spalato. Aveva guidato la macchina Angela, mia amica e collega di scuola. Su circa tremila chilometri, avevo tenuto il volante solo per un centinaio.
Al contrario Francesca non solo aveva la patente scaduta, ma anche non guidava da tempo perchE' era rimasta traumatizzata da un incidente: un bimbo le si era cacciato quasi fin sotto le ruote. Si era salvato, ma lei aveva perso irrimediabilmente la voglia di toccare un volante. Comunque la vera vacanza la faceva il furbacchione di suo marito che si sarebbe crogiolato in una vita da single, mentre noi, i Rumorosi, eravamo via.
Quello all’Isola del Giglio non era uno dei viaggi da me sognati. Le mie mete preferite infatti, vi confesso, erano tutte oltre oceano. Come Insegnante di Geografia avevo tante, ma tante curiosità geografiche, anche troppo esagerate.
Per esempio mi sarebbe piaciuto andare negli Stati Uniti a rimirare le secolari sequoie, le cascate del Niagara, l’Osservatorio Astronomico di Monte Palomar in California oppure lo spettacolare Meteor Crater in Arizona e poi cavalcare i selvaggi mustang nel fantastico West, magari nella grande fattoria di un cow boy alto e biondo, in Texas.
Chissà che avrei dato poi per fare un tuffo nel limpido mare dei Caraibi oppure nella grande barriera corallina in Australia.
Devo confessarvi inoltre che mi sentivo un intramontabile cuore girovago di gipsy-girl, ovverosia di zingarella: lui, abbinato alla immaginazione, mi avrebbe portata in quel caldo Messico così fervidamente amato durante i miei studi universitari di Archeologia. Avrei voluto vedere la piramide delle nicchie, con le sue trecentosessantacinque finestrelle, una per ogni giorno dell’anno oppure a Tajin nel Veracruz, sulla costa del Golfo… o vedere il Castillo, sul mare di Tulùn in terra Maya, nello Yucatan, e perchè no? La splendida citta' di Monte Albà n nella valle di Oaxaca.
Che invitanti illustrazioni sui libri di Geografia, allineati sulla mia grande libreria romana, carica almeno di mille volumi.
Con un sospiro vi confesso l’ultimo mio desiderio: sarei voluta andare a Janitzio, un piccolo villaggio messicano di pescatori, che sorge vicino ad un lago. Abitare in una casetta bianca con un giardino tropicale e pescare insieme a loro con delle speciali reti a farfalla, il “pescado blancoâ€, un pesce veramente prelibato.
Ma proprio alla fin fine, come ultima chance, mi sarei accontentata anche di stare in una casetta di pescatori a Formentera, per imparare lo spagnolo direttamente dagli abitanti. Considero molto musicale questa lingua. Insomma avrei voluto visitare qualsiasi posto della terra tranne che l’Italia: ero in lite con l’Italia. Ma in quel preciso momento della vita purtroppo non potevo soddisfare nessuna mia curiosità geografica. Pazienza!
Comunque, in verità tutti e cinque eravamo contentissimi di fare insieme quella vacanza… e sottolineo a voce alta: V-A-C-A-N-Z-A (una parola veramente magica per grandi e piccini).Quando i giovani stanno insieme e liberi, non importa dove…: Roccacannuccia? la Sgurgola? Vattelappesca? I Romani li descrivono come mete orribili… chissà perchè… Ma niente di tutto questo. In quel magico luglio dei lontani anni ’70, noi cinque giovani avevamo la grande, immensa fortuna di andare in vacanza insieme… esattamente allo splendido campeggio Baia del Sole dell’Isola del Giglio.
Uahu! Tutti insieme appassionatamente.
DAL MIO LIBRO DEI RACCONTIRacconto n. 2Storia di Titty…Un amore in autostradaNon è facile descrivere Titty: immaginate però un insieme fra la Bardòt e la Ekberg, anni ’60: alta e magra, allegra, estroversa, dinamica, sportivamente alla moda, appassionata ma poco sognatrice. Unico suo neo: i capelli cortissimi (li preferiva così perché meno vistosi e più sportivi, per una futura laureanda in Lettere).
Però ad un certo punto, aveva accettato un impiego alle PT e aveva lasciato l’Università , con mio rammarico. Era andata a lavorare nel nord Italia, ma mi veniva a trovare spesso per fare delle belle rimpatriate, il tutto condito da cenette alla calabrese, dove mai mancavano i nostri amati peperoncini piccantissimi. Addirittura avevamo perfino realizzato con questi un liquore rosso piccante, col quale avevamo una volta stravolto alcuni nostri amici austriaci.
Per motivi personali però, Titty aveva perso il coraggio di amare e voleva stare alla larga dai sentimenti troppo profondi, dagli innamoramenti appassionati e possessivi, insomma stare il più lontano possibile dall’amore. Il motivo c’era e pure grave.
Infatti devo precisare che in precedenza aveva vissuto un grande, straordinario amore al punto da desiderare matrimonio, casa e figli. Ma il suo adorato fidanzato era tragicamente morto in un incidente stradale.
Dopo mesi e mesi di lagrime e depressione, tristezze e rimpianti, Titty aveva pian piano e con coraggio tentato di rincollare i pezzi del suo cuore frantumato… aveva ricominciato a vivere da sola.
Mentre lavorava alle Poste, si era comprata una coupè rossa decapottabile “guastacapelli†e spesso per lavoro o per vacanza, faceva vari viaggi in autostrada. Era ritornata la Titty allegra e dinamica di sempre.
Una sera mi aveva telefonato che nel pomeriggio del giorno dopo mi sarebbe venuta a trovare a Roma: di preparare una bella cenetta da consumare nel mio grande terrazzo, pieno di piante e fiori.
Mi ero data da fare ad invitare degli amici comuni e avevo dedicato tutto il pomeriggio alla creazione di un originale menù in suo onore, il tutto rinfrescato da un vinello bianco frizzantino, con squisitissimo dolce finale.
Ma la mia amica non si era fatta vedere né nelle prime, né nelle ultime ore della sera e né la notte. I miei amici avevano gradito tutte le pietanze e a mezzanotte mi avevano salutata. Ero andata a letto un po’ dispiaciuta e un po’ delusa, imprecando mentalmente contro le promesse da marinaio di Titty.
Ok, non c’erano ancora i cellulari, ma c’erano i telefoni pubblici e mi avrebbe anche potuta avvertire dei suoi contrattempi o dei suoi cambiamenti di programma.
Sapete quando era comparsa, tranquilla e sorridente davanti ai miei occhi? Il pomeriggio del giorno dopo. Era eccitatissima e stringeva uno splendido bouquèt di rose rosse, ma la cosa più bella era che aveva sulla punta della lingua, da raccontarmi, una intrigante e freschissima storia d’amore tutta per me. Proprio lei, la miscredente e scoraggiata da quel lungo amore finito tragicamente.
Così, mentre faceva uno spuntino e sorseggiando il mio vinello ancora fresco, aveva cominciato a raccontare.
Il giorno prima, sull’autostrada Bologna- Roma, aveva iniziato un gioco di sorpassi con uno sconosciuto, bell’uomo, alto giovane, elegante e con una folta chioma nera. Sorpassa lei… sorpassa lui,… sorride lei, sorride lui, occhiolino lei… occhiolino lui, alla fine s’erano fermati, con un tacito accordo, ad un autogrill per bere un caffè…lungo, molto lungo, così lungo che si era concluso con una romantica cena. Era un uomo d’affari, divorziato da una moglie canadese… E dulcis in fundo: dolce e champagne. Ma galeotte furono quelle mille bollicine! Erano stati travolti da una irrefrenabile passione…
Il giorno dopo saluti e baci… Titty scaltramente gli aveva dato il mio numero telefonico con l’intento di non vedere mai più Alberto.
Nei pochi giorni che era stata mia ospite, c’eravamo fatta la solita rimpatriata goliardica, incontrando anche gli amici romani. Nell’accomiatarsi mi aveva raccomandato di non rivelare mai e poi mai ad Alberto il suo numero telefonico di Milano. Categoricamente!
Quella assolutamente doveva restare solo un’avventura. ERRORE! Aveva fatto i conti senza l’oste e senza pensare alle imprevedibili trame del destino.
La mia bimba di sei anni nulla sapeva dei propositi di “zia Tittyâ€, d’accordo con la sua mammina complice. Si, la chiamava zia perché l’aveva vista da quando era neonata: eravamo state compagne di Liceo, di Università , eterne amiche e dopo non c’eravamo mai perse di vista.
Fatalità volle che, pochi giorni dopo, alla telefonata di Alberto, che chiedeva di parlare con Titty, rispondesse mia figlia; con la sua dolce vocina aveva risposto:
- Mia mamma ora non c’è e zia Titty è ripartita per Milano. –
- Per piacere, piccola, potresti allora darmi il numero di Milano? -
- Certo, signor Alberto, un momento che lo leggo sull’agenda vicino al telefono.-
La mia bambina mi aveva raccontato che era andata proprio così! Quando il fato è dominante e vince sulle nostre volontà ! Ed è proprio il destino che spesso ci incoraggia a continuare. Proprio lui organizza le nostre vite, spesso indipendentemente dalle nostre volontà .
Così ecco fallito il piano di “zia Titty†di sparire e non rivedere mai più quel bell’uomo. Comunque quell’errore si era trasformato positivamente. Infatti i due piccioncini si erano incontrati spesso, frequentati in varie città e persino innamorati.
Ma la mia amica continuava ad essere titubante e sempre molto cauta a farsi coinvolgere da profondi sentimenti perché le ferite del suo cuore non erano completamente rimarginate. Aveva appena 30 anni preferiva sentirsi innamorata si, ma ancora libera come una libellula e legata di più alla sua carriera, alla sua cagnetta Priscilla e a scorrazzare con la sua coupè rossa per tutta l’Italia.
Ma quando è vero amore non si può perderlo, inoltre, non si sfugge al proprio destino. E poi, io credo, che anche una tragedia ci debba rinforzare lo spirito ed aiutarci a trovare il coraggio di amare di nuovo. Anche se ci sentiamo i sopravvissuti, proprio come tali dobbiamo considerarci i fortunati.
In un paio d’anni la mia cara amica Titty era stata gaiamente intrappolata dal suo sentimento al punto tale da organizzare con lui addirittura una convivenza: non potevano più vivere una lontana dall’altro. In seguito avevano avuto anche un bel bambino, fissando la loro dimora in uno straordinario casale immerso nel verde della Toscana.
Quando s’erano decisi per il matrimonio, io ovviamente ero stata la loro testimone di nozze e mia figlia la loro damigella d’onore. Non potrò mai descrivere la felicità di Titty in quel memorabile giorno! Bellissima, nel suo abito d’organza color crema e con un’acconciatura che ricordava le nostre quando eravamo state figlie dei fiori. Aveva detto in pubblico “grazie†alla mia bambina. Infatti se non fosse stato per la sua ingenuità e sincerità , Alberto non avrebbe mai potuto rintracciarla, mai si sarebbero potuti frequentare ed innamorare; mai avrebbero potuto avere il loro bellissimo bambino e vivere serenamente e con allegria per tutto il resto della loro vita mortale.