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Silvana Grasso

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Myspace LayoutsE’ nata a Macchia di Giarre e vive a Gela, dove insegna lettere classiche in un liceo. Tra i suoi libri, che hanno ricevuto importanti riconoscimenti: Nebbie di ddraunàra (1993), Il bástardo di Mautàna (1994, 1997), Ninna nanna del lupo (1995), L’albero di Giuda (1997), La pupa di zucchero (2001). Laureata in lettere classiche con indirizzo filologico, ha tradotto diverse opere dal greco. Collabora con riviste e quotidiani nazionali, e con varie università nazionali e istituzioni culturali.
Sin da bambina, da quando implorava il Signore di farle cadere i capelli rossodiàvuli, Memi Santelìa insegue invano una metamorfosi. A nulla è servito lasciare la Sicilia dove è nata, migrare oltre lo Stretto, a Milano, indossare sotto il camice da psichiatra, il simulacro della normalità. Neppure contraffare in Ciane il suo vero nome ha potuto addomesticare la sua nevrosi che ha, nel disamore della madre, radici lontane, contro cui non vale la potatura della dimenticanza né il miracolo dei farmaci. Dopo vent’anni d’esilio, al capezzale della madre morta, in una lunga e calda notte di veglia siciliana, tornano, violente e suggestive, le stagioni della sua infante infelicità, l’aborto cui era sopravvissuta lordando di sangue i materassi della dote di sua madre, l’iniziazione al sesso con un vecchio venditore di ghiaccio, il Chiaromonte, che aveva un occhio di vetro e mani di musicista. Infuria ancora la nevrosi, inverdisce, ma infuria di più la sua sicilianità, belva in letargo, angioma contro cui non vale un espatrio né una nuova identità anagrafica. Per un’occasione fortuita Memi vince il concorso per dirigente di primo livello nella divisione di neurologia dell’ospedale della città di **** e torna a vivere in Sicilia. Pochi mesi per capire che, al di là dei propagandistici inni alla Legalità, nulla è mutato sull’Isola, dove vecchie e nuove mafie convivono in ritrovate armonie di sodalizio, e il principio che nulla è mai come sembra è un’eredità di sangue nel vangelo dell’etica isolana. Una legge non scritta condanna alla morte, e peggio, alla soccombenza, chi si oppone. È comandamento il Potere di chi conta e va onorato sempre. Conta nella città di **** il direttore sanitario Candido Dolcemascolo che esibisce il trionfo del suo potere nelle mostruose escrescenze cementizie dell’Ospedale. Conta il procuratore capo Mario Anzaloro che tiene in pugno i suoi giovani sostituti del Nord – est. Su tutti, invisibile nella sua masserìa, conta Emilio il Filosofo, detto l’Anima, che ha la nuca spezzata, odia la luce del sole, progetta delitti, legge poeti ellenistici e ascolta lirica. Anche lui, come Memi, alla ricerca di una metamorfosi che non ha il sapore o il coraggio d’una conversione, consapevole che l’unica metamorfosi possibile per sé è la morta, per l’Isola il Mito.

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