(...) Forma dopo forma, colore dopo colore, suoni dopo suoni, odori dopo odori ripercorro una strada che avevo dimenticato. E’ una via grande ed asfaltata, di quelle che si vedono nelle reclame delle auto, ai cui lati stanno docili al soffio del vento ed altrettanto grandi quegli alberi che mi piacciono tanto. Sono molto alti, di un verde intenso e hanno la forma di una fiammifero acceso. Trai loro rami si insinuano dolcemente i raggi dell’ultimo sole della giornata, i raggi dal colore più caldo, più delicato, che finiscono per coricarsi su quell’ asfalto altrimenti troppo compatto. Cammino scalza sul ciglio della strada, godendo del tepore che avvolge le piante dei miei piedi da bambina, stringendo tra le braccia sottili un cocomero troppo grosso e pesante. Un ricciolo di capelli nerissimi ricade davanti agli occhi, impedendomi di vedere bene, perciò appoggio il frutto a terra con movimenti lenti, che possiedono l’armonia di chi vive il tempo intensamente, e scosto la ciocca con la manina sporca di terreno. Faccio per piegarmi, pronta a sopportare ancora per qualche metro il mio pesantissimo fardello, ma ecco che in lontananza appare un gruppo di bambini chiassosi, alla cui testa, naturalmente, sta Florentin, mio fratello. Pochi attimi dopo quel bambino a cui tanto assomiglio mi raggiunge con un sorrisone che va da un orecchio all’altro e quasi mi urla “guarda! Ho la coccarda! Sbrigati o finirai per non trovarne più!â€. Io lo guardo, poi guardo il fiocco colorato, e torno a posare lo sguardo lacrimoso sul suo. “Ma io non ce la faccio a portare ‘sto coso!â€, gli dico tirando su col nasino, che strofino poi con una manica, piena anch’essa di terriccio. “Embè? Lo porto io!â€, mi risponde sorridendo ed infilando sotto il braccio il cocomero. Poi con la mano libera afferra la mia e inizia a correre verso un tendone colorato, dal cui interno provengono mille suoni ed odori differenti. E’ uno di quei posti in cui due persone si uniscono per sempre, uno di quei posti in cui la festa dura tre giorni, e nei quali tutti vengono invitati ad onorare i nuovi sposi. Mentre corro guardo la testa riccioluta del mio fratellone che corre senza stancarsi, e sorrido anch’io tra le lacrime, finche non giungiamo all’ingresso, dove ci attende una donna dalle forme belle e dolci, il cui viso risplende incorniciato dalla folta chioma nera. Con espressione divertita tenta qualche rimprovero per il mio aspetto trasandato prima di piegarsi per appuntarmi sul vestitino l’ultima coccarda rimasta. Senza quasi ascoltarla posiamo il cocomero ai suoi piedi e corriamo dentro ridendo ed afferrando qualche delizia dai tavoli sparsi qua e là . (...)..