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La nostra è l'epoca delle buste. Tutto ciò che non è racchiuso in scatole è infatti contenuto in buste. Buste di plastica per la spesa, buste per la corrispondenza e soprattutto buste imbottite per le spedizioni che viaggiano avanti e indietro per la Penisola, e più in generale per il mondo. A facilitare la diffusione di queste buste è stata una piccola ma geniale invenzione. Nel 1957 due tecnici, Marc A. Chavennes e Alfred Fielding, in un garage del New Jersey, mentre stavano provando a produrre carta da parati di plastica strutturata, realizzarono per caso una superficie con bolle d'aria. Tre anni dopo brevettarono la loro invenzione e crearono la Air Corporation. Da quel momento l'uso di questo materiale, utilizzato per impacchettare ogni tipo di oggetto, si è diffuso nel mondo. L'imballaggio delle cose è diventato più facile e rapido.
Oggi si spediscono per il mondo dentro le buste con le bolle libri, dvd, cd, video, telefoni, schede commerciali e monili. I nuovi contenitori standard di diverso formato hanno determinato il declino del pacchetto tradizionale, in cui carta o cartone fungevano da materiali d'imballaggi, e la corda annodata da legante. In verità, si usano ancora. Alcuni editori - pochi in effetti - spediscono i libri dentro i pacchetti tradizionali, e anche le librerie antiquarie che si possono contattare attraverso Maremagnum, il sito che offre libri usati o fuori commercio. Il pacco giunge avvolto nella tradizionale carta di colore marroncino all'esterno, mentre per l'interno vengono riutilizzati fogli di giornale o fogli di stampa: materiali riciclati. L'uso del cordino non è tuttavia molto consueto. Più spesso si usano nastri adesivi di colore marrone oppure trasparenti.
Nella nostra cultura l'involucro esterno non è mai una cosa preziosa. Avvolge e occulta l'oggetto custodito all'interno e, una volta aperto, il contenitore viene gettato. La cultura giapponese, invece, considera il pacchetto un pensiero, e l'oggetto custodito meno prezioso dell'involucro esterno. Esiste una raffinata tecnica tradizionale d'avvolgimento, detta Tsutsumu, che utilizza carta, fibre vegetali, bambù, stoffe e altri materiali inconsueti. Il pacchetto giapponese, ha scritto Roland Barthes in L’impero dei segni (Einaudi), presuppone che la futilità della cosa contenuta sia spropositata rispetto al lusso dell'involucro. Un dolce o una pasta zuccherata sono imballati con altrettanta suntuosità che un gioiello. La scatola «è il vero oggetto del regalo, non già ciò che essa contiene». Secondo il semiologo «la scatola tiene il ruolo di segno»; e in quanto «involucro, schermo, maschera, essa vale per ciò che nasconde, protegge e pertanto designa». Un modo per far diventare l'oggetto impacchettato un miraggio. Aprendo il pacco, di viluppo in viluppo, il significato, dice Barthes, sfugge: «il pacchetto non è vuoto ma vuotato», e trovare l'oggetto che sta nel pacchetto, «ovvero il significato che sta nel segno, significa gettarlo via». Le bolle d'aria americane, al contrario, fanno il vuoto intorno all'oggetto, e ce lo offrono carico di significati. Una bella differenza.

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