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indipendent curator, contemporary artVITE SOSPESELunedì 2 giugno 2008 alle ore 11, presso l'Atrio dell'Ingresso Principale del Cimitero Monumentale di Staglieno, in Piazzale Resasco, a Genova, inaugura, con il patrocinio del Comune di Genova, la mostra fotografica "Vita Sospesa - Terza Edizione" a cura di Fabrizio Boggiano (catalogo, a colori, con testi di Fabrizio Boggiano e Valeria De Simoni). Le artiste invitate sono: Daniela Carati e Martina Dandolo.In occasione della mostra sono presentate anche alcune opere delle artiste invitate alle edizioni precedenti: Clelia Belgrado e Connie Bellantonio, "Vita Sospesa - Prima Edizione" (2004); Franca Giovanrosa e Elettra Ranno, "Vita Sospesa - Seconda Edizione" (2007).L’esposizione s’inserisce nella manifestazione "Settimana dei Cimiteri Storici Europei - V° Edizione" (2 - 8 giugno 2008), promossa dall’Associazione dei Cimiteri Storico - Monumentali Europei, organizzata dal Comune di Genova per valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio artistico - culturale del Cimitero di Staglieno.Dal 2 all'8 giugno 2008, a Genova, presso il Cimitero Monumentale di Staglieno e a Genova, sono in programma numerose iniziative culturali, artistiche e musicali, a ingresso gratuito. Il programma completo è scaricabile dal sito del Comune di Genova www.comune.genova.it. Per informazioni: Tel. 0105576874 – 0105576901, [email protected].).LA VITA DAVANTI A SE'Attraverso le figure dei suoi giovani modelli, Daniela Carati non restituisce un corpo alle anime che dimorano il Cimitero di Staglieno, piuttosto conferisce un’anima a quelle sculture in pietra che adornano tombe e sarcofagi. Protagonisti di questo nuovo ciclo di opere sono alcuni allievi dell’artista stessa, giovani che vivono in quella dimensione transitoria in bilico tra spensieratezza e tormento, sogno e realtà, quella sorta di limbo fisico e psicologico chiamato adolescenza. Le immagini della giovane fotografa, volte a sciogliere le profondità emotive dell’uomo contemporaneo, riconducono personaggi e ambienti a un’essenzialità nuda in linea con il Realismo borghese di fine Ottocento che caratterizza stilisticamente il complesso monumentale genovese. Nello stesso contesto dove architetti e scultori hanno raccontato la morte, il senso di perdita e di abbandono, con la medesima concretezza terrena e quotidiana, Daniela sceglie di rappresentare la vita, evidenziando il carattere universale ed eterno della natura delle cose. Attraverso i vari scatti, l’artista ha indagato la complessità della coscienza, svelato sentimenti e stati d’animo conformi alla condizione umana. Scene narrative dall’effetto fortemente scenografico raccontano così cronache quotidiane di solitudine, noia, indifferenza ma anche di amore, solidarietà e speranza. La poetica di Daniela, distante da ogni retorica, attraversa istanze sociali di grande importanza, costumi e valori fortemente attuali. Attraverso la presenza dei giovani all’interno del cimitero, passato e futuro si compenetrano nel presente, annullandosi a vicenda in un perenne divenire. I ragazzi del liceo artistico Paul Klee hanno posato all’interno di un luogo emblematico della storia della comunità cittadina con grande naturalezza, lontani egualmente dal dramma umano così come dalla beatitudine divina Nello scatto intitolato Lo schiavo fuggitivo si avvicinò alla casa e si fermò all’esterno, ad esempio, un giovane appoggiato a una balaustra gioca con il cellulare apparentemente estraneo all’ambiente che lo circonda; alle sue spalle, un angelo di pietra seduto su un sarcofago appare altrettanto annoiato, dimentico del suo ruolo, poco partecipe alla vicenda di cui è protagonista. Ne L’antichissimo impulso, invece, due ragazze strette in un abbraccio osservano la statua di una madre circondata dai figli sperando per il loro futuro quella stessa felicità colta negli occhi dei personaggi granitici. Sotto lo sguardo incrociato delle sculture dei coniugi inglesi Whitehead e Bentley una giovane coppia si scambia un bacio, emblema di un sentimento universale ed eterno (Devo vedere come non perderti più), mentre nell’opera Devo espettare, perché ti incontrerò di nuovo, non ho dubbi alcune ragazze commemorano le lapidi di giovani militari inglesi deceduti durante il secondo conflitto mondiale che si trovano in un zona dimenticata ai margini del cimitero. Durante le giornate di lavoro, tra i ragazzi e le sculture si è instaurato un dialogo profondo, quasi una sorta di empatia. L’intelaiatura prospettica rigorosa che caratterizza le opere di Daniela è fondata sulla composizione e sul colore. Le figure gravitano in un mondo di squillanti vibrazioni cromatiche giocate sul contrasto. La luce è diffusa, l’atmosfera trasparente. I gesti assumo una durata senza limiti. Il movimento dei corpi è colto nell’istante in cui può eternarsi, assumendo così una valenza simbolica. Per mezzo della manipolazione computerizzata delle immagini, Daniela inserisce sullo sfondo di tutte le fotografie campiture di un bianco brillante, uno sfondamento prospettico che ridefinisce lo spazio. Questi scenari vuoti annullano ogni riferimento spazio-temporale, qualsiasi elemento narrativo. Il futuro, oppure il passato, si percepisce nella sua assenza, nell’incertezza, nel mistero. Tuttavia, si tratta di uno spazio solo momentaneamente vuoto. Se da un lato la realtà si dilegua come sogno, il sogno per il solo fatto di poterlo immaginare diventa realtà.Valeria De SimoniHABITATFRANCESCO NAPPAEtoile pluripremiata del balletto classico, solista principale della compagnia Les Ballets de Montecarlo, Francesco Nappa (classe 1974) ha iniziato a dipingere quasi per caso ormai una decina di anni fa, durante un periodo di riposo trascorso a casa di un amico pittore. Da allora, nell’ambito della sua ricerca espressiva ha sperimento linguaggi e registri diversi all’interno di un unico modo d’essere e di pensare. Attraverso la pittura astratta Nappa scava nei cunicoli della mente e del cuore. Sulla tela traduce sentimenti, paure e fantasie in immagini cariche di poesia. Lunghe orme dall’andamento sinuoso, solidi geometrici che paiono dilatarsi, filamenti sottili, volute fluttuanti: le sue opere sono un trionfo di forme e colori liberati da ogni funzione figurativa e mimetica a rappresentare lo stato interiore dell’artista. “Si usano gli specchi per guardarsi il viso e si usa l’arte per guardarsi l’anima” affermava George Bernard Shaw, scrittore e drammaturgo irlandese. Sorgiva, sincera, fondata unicamente sugli impulsi creativi individuali, la pittura del giovane artista diventa il luogo dell’istinto. Il colore è tratto con libertà ed esuberanza. L’atmosfera è straniante, misteriosa, onirica. L’occhio scorge forme nascoste in grado di spalancare le porte dell’irrazionale. Svincolate dalle impostazioni accademiche, dai modelli culturali e dalla logica del mercato, di natura febbrile e pulsante, le opere di Francesco Nappa riproducono il tessuto della materia dei sentimenti.MICHAEL ROTONDIIn bilico tra pittura e videoarte, disegno e installazione, tra convergenze e contaminazioni, Michael Rotondi racconta storie bizzarre frutto di curiose combinazioni tra ricordi d’infanzia, cartoni giapponesi, architetture ecclesiastiche e dischi rock. Ispirati ai disegni punk delle fanzine, alla grafica delle T -shirt, agli stickers anni ‘80, alle foto dei Ramones e a quelle dei compagni di classe delle elementari, i nuovi lavori di Rotondi trasformano lo spazio torinese in un contenitore di ricordi, sogni e passioni. In mostra la nuova serie di disegni su fogli e centrini di carta, un’installazione realizzata con chitarre gonfiabili, due video d’animazione. Con stile grafico fresco e immediato, attraverso l’ibridazione dei codici espressivi, il giovane artista livornese trasforma la realtà quotidiana in fiction, teatro di un universo altro, ipotetico, dove tutto è possibile. Elemento fondamentale della sua poetica è lo stretto legame con la musica contemporanea underground. Da anni l’artista è attivo nel panorama toscano sia come Dj che come chitarrista del gruppo rock Monotorakiki. Slogan, titoli di canzoni e idiomi fumettistici accompagnano spesso le immagini ironiche e paradossali di Michael Rotondi. Il titolo della mostra stesso è un chiaro rimando all’universo di My Space, ecosistema multimediale che raccoglie un numero infinito di account personali (www.myspace/michael_rotondi.com) dove gli utenti possono sfruttare come meglio credono lo spazio messo a disposizione gratuitamente per cercare nuovi contatti da aggiungere ( in inglese to add) alla propria rete di conoscenze.GLAMOUROSAA la Recherche du Shoe PerduCome sono belli i tuoi piedi nei sandali, figlia di principe! Cantico dei Cantici, 7-1Piedi bianchi come la neve infilati in splendide scarpe col tacco. Le immagini di Ettore Festa raccontano la sua passione per le scarpe, un interesse che il visual designer di origini napoletane, ma romano d’adozione, nutre sin da ragazzo. Dal tallone di Achille alla zoppia di Lord Byron, dai sandali alati di Ermes alle ballerine di Audrey Hepburn, esiste tutto un universo mitologico costruito intorno al piede e, per estensione, intorno alle calzature. Solo la Chiesa, in principio, censurò i piedi considerandoli impuri e peccaminosi poiché, essendo direttamente a contatto con il terreno, costituivano la parte del corpo umano più sporca e più lontana dal regno celeste. Sudici e maleodoranti, osceni e volgari, a lungo è stato persino vietato nominarli. Molti sono gli artisti che si sono dedicati, almeno una volta nel corso della loro carriera, alla rappresentazione delle scarpe. Troviamo, così, gli scarponi di Vincent van Gogh, gli stivaletti di René Magritte e i décolleté di Allen Jones. Ma chi, come Festa, aveva un’autentica passione per le scarpe era Andy Warhol. Entrato nel mondo della pubblicità proprio come illustratore di calzature, il re della Pop Art esordì nel 1949 con una serie di disegni commissionatagli dalla rivista Glamour per diventare, nel giro di pochi anni, “il più ricercato illustratore di accessori femminili di New York” (Calvin Tomkins). Nel 1955 pubblicò il libro A la Recherche du Shoe Perdu, una raccolta eccentrica e raffinata dei suoi disegni accompagnata dalle poesie di Ralph Pomeroy. Le calzature femminili torneranno ancora nell’opera di Warhol nel 1980 con la celebre serie Diamond Dust Shoes.Nelle tele di Ettore Festa piedi di una bellezza timida ed elegante indossano scarpe con tacco ispirate alla tradizione calzaturiera italiana di qualità. Omaggio al made in Italy, curati in ogni dettaglio, alcuni modelli hanno lacci sottili che avvolgono la caviglia, altri hanno piccole fibbie che si nascondono dietro al tallone. Talvolta un decoro dorato si arrampica lungo il collo del piede. Sandali e sabot a punta tonda sottolineano la forma, le curve e tutto il fascino di cui sono dotate le leggendarie estremità. Calzari verde petrolio, rosa ciclamino, blu oltremare si stagliano su sfondi viola acceso, verde mela, grigio perla. I colori sono brillanti, i toni saturi. Spesso una cromia è dominante rispetto alle altre. Le linee sono morbide ed essenziali, il tratto continuo e preciso. Riprodotti su tela in digital printing o dipinti ad acrilico, i disegni di Festa sono realizzati con programmi di grafica vettoriale che impiegano le curve di Bézier. Attraverso semplici funzioni matematiche questa particolare tecnica – tipica del design industriale - permette di ottenere curve e raccordi ad alta definizione. Il formato prediletto è quello quadrato, di grandi dimensioni (cm 120x120). Le scarpe firmate Festa sono quasi sempre raffigurate indosso a pallide silhouette dalla stabilità precaria. L’inevitabile disequilibrio provocato dal tacco alto che sbilancia il peso del corpo, paradossalmente, conferisce garbo e leggiadria alla figura. In questo guscio che copre e talvolta svela la nudità del piede, che dà slancio alla gamba e grazia alla figura, risiede il più riposto segreto del fascino femminile (Irvana Malabarba). A ben guardare il vero soggetto delle creazioni di Festa è il dolcemente complicato universo donna. Come in una sorta di metonimia visiva, il dettaglio raffigurato rimanda all’oggetto ad esso correlato. Pur essendo immagini pienamente dotate di senso, rimandano ad altro, presuppongono un’estensione, una dimensione collaterale, un’eco. Così, di fronte alle grandi tele dell’artista, si ha la sensazione di guardare il mondo attraverso una lente di ingrandimento.Nell’immaginario collettivo, le scarpe raccolgono infinite costellazioni di significati, sono piccoli universi di senso. Un singolo oggetto può infatti essere collegato a svariati contesti storici, sociali e culturali, divenendo emblema di un modo d’essere, di un’atmosfera, di un’epoca. L’uomo ancora la propria identità anche attraverso i segni, le immagini e gli oggetti con cui si circonda. Il corpo e i suoi accessori rappresentano un complesso ordine simbolico dove l’abbigliamento, potente codice espressivo, assolve precise funzioni linguistiche, sociali, politiche e sessuali, che vanno ben oltre quelle pratiche ed estetiche. Sono frequenti, poi, i casi in cui la passione per le scarpe, da divertente follia, si trasforma in feticismo, inteso sia come categoria teologica che prevede l’assegnazione di potere straordinario a oggetti che originariamente non ne hanno, sia come patologia sessuale che proietta il desiderio su singole parti del corpo o su determinati articoli e indumenti che prendono il posto della persona a cui appartengono. Vero e proprio oggetto di culto, la scarpa rappresenta dunque una metafora per tradurre i nostri desideri, un ponte verso una dimensione ideale, magica e fantastica. Per Cenerentola calzare la scarpetta di cristallo non significava forse ritrovare la felicità sognata?FRANCESCA FORCELLAA partire dal 2004, la neve è un elemento costante nella produzione di Francesca Forcella. Si spiega così il + del titolo, simbolo comunemente utilizzato in molti Paesi per designare la neve fresca. I dipinti dell’artista nata in Abruzzo, ma torinese d’adozione, raffigurano paesaggi di montagna e valli imbiancate. Sono fondali naturalistici, scenari silenziosi, immagini sospese nel tempo e nello spazio dove la presenza della figura umana non è contemplata. Nel candore assoluto si stagliano baite di legno dalla prospettiva illusoria e distorta. Nessuna coordinata spaziale contraddistingue i piccoli insediamenti anonimi. Nessun dettaglio è in grado di datare l’immagine. Ogni elemento potrebbe essere considerato a sé stante, dotato di valore percettivo indipendente. Il paesaggio diventa così pretesto per dipingere, frutto di reazioni emotive proiettate sulla tela. Lontana dall’intento narrativo, conoscitivo e documentaristico, la pittura di Francesca Forcella risulta quasi immateriale, in bilico tra figurazione e astrazione, sede privilegiata per sperimentare originali tendenze espressive. La gamma cromatica è limitata a pochi colori, il bianco, il grigio, l’ocra, declinati però in un’ampia scala tonale. Spazi psicologici, esterni “metafisici”, i luoghi di Francesca Forcella si ripetono con minime variazioni. Come i fiocchi di neve sono simili, ma mai identici l’uno all’altro.MARCO FERRARISDa Aristotele a Leibniz, da Newton a Bergson, la storia del pensiero si è soffermata a lungo sul significato del tempo. Ne esiste l’interpretazione in chiave gnoseologica, etico-religiosa e psicologica, la concezione lineare, circolare e a spirale. Che cosa è dunque il tempo? C’è chi sostiene che, analogamente allo spazio, sia un contenitore di eventi, chi un apparato concettuale per descrivere le interrelazioni tra gli eventi stessi. Per alcuni è una semplice illusione. Marco Ferraris (Genova, 1978) indaga la dimensione temporale e la sua percezione attraverso la fotografia. Per mezzo della manipolazione digitale, sullo sfondo dell’immagine - un campetto da calcio, una marina, uno scorcio urbano - l’artista distribuisce una somma di istantanee di soggetti in movimento. Se la mente suddivide le azioni in stati consecutivi, separati e distinti l’uno dall’altro, allo scopo di ordinare la realtà - altrimenti inafferrabile e incomprensibile -, la coscienza percepisce il passaggio del tempo come un flusso continuo. E’ impossibile congelare il presente in un unico istante definito poiché in uno stesso momento si fondono sia il ricordo del passato grazie alla memoria, sia l’anticipazione del futuro in virtù dell’attesa. I diversi momenti, pertanto, si compenetrano, annullandosi a vicenda in un perenne divenire. Nelle fotografie di Marco Ferraris passato e futuro convivono attraverso la coscienza dell’osservatore che li salda nel presente. Il tempo viene “spazializzato”, tradotto attraverso il susseguirsi di azioni consecutive. Lo straniamento provocato dal vedere uno stesso soggetto ripetuto su di uno sfondo fisso e immutabile favorisce la consapevolezza del fluire, l’illusione ottica evidenzia il concetto di cambiamento: necessario, inevitabile, incessante. Si tratta di un escamotage che Ferraris utilizza per catturare l’attenzione del pubblico, un trucco per indurlo a soffermarsi più a lungo davanti alle sue opere. Le architetture barocche della Sicilia, le piramidi del Messico, le spiagge dell’Isola d’Elba, il centro di Berlino diventano così il palcoscenico ideale della rappresentazione. La leggera sovraesposizione conferisce alle immagini un fascino particolare: i toni si fanno più morbidi, delicati e sommessi, le ombre tendono a dileguarsi. Marco Ferraris si confronta con un paesaggio irreale, con una dimensione altra, sospesa nel tempo e nello spazio. Attraverso la rielaborazione grafica digitale, le figure umane vengono estrapolate dal contesto originario per essere inserite in uno scenario nuovo. Con la precisione e la pazienza di un miniaturista, il giovane artista ligure ridisegna l’intera immagine, pixel dopo pixel. Tra documentazione e sperimentazione, i lavori di Ferraris indagano le forme e i limiti del corpo umano in rapporto al contesto in cui si trovano.CORPICRUDILei è Samantha Stella (Genova, 1971), background di danza contemporanea e teatro danza, lui è Sergio Frazzingaro (Genova, 1966), architetto e dj di musica elettronica (aka dj Faktor). In comune hanno la passione per il cinema e per la creatività contemporanea, dall’arte alla moda, dalla musica al design. Insieme hanno dato vita a corpicrudi, duo nato nel 2003 con base nel capoluogo ligure. In bilico tra performance e video arte, fotografia e installazione, tra convergenze e contaminazioni, gli artisti si rifanno al linguaggio del video clip musicale, dello spot pubblicitario, delle riviste patinate. Attraverso l’ibridazione dei codici espressivi corpicrudi crea atmosfere gelide ed eleganti, minimal e glamour. Nei video i gesti sono controllati, volutamente posati, mentre la narrazione è allusa, appena abbozzata. La ricerca estetica ruota intorno ai corpi(crudi) degli artisti/attori, che diventano l’unico elemento essenziale. Intorno solo qualche dettaglio e la musica. Filippo Fettucciari Arte presenta Study for Stella last ciak 01, video realizzato nel 2006 in occasione della mostra-workshop Cinema Infinito/Neverending Cinema alla galleria Civica d’Arte Contemporanea di Trento che per l’occasione si è trasformata in un vero e proprio set cinematografico. L’opera, insieme a Study for Stella last ciak 02 e 03, fa parte della last ciak trilogy. Per corpicrudi last ciak (ultimo atto) è l’interpretazione di un’ultima azione dichiarata finta che, in quanto tale, non è realmente ultima.SPIRITO DIVINODell'Indico Oriente Domator glorioso il Dio del vino fermato avea l'allegro suo soggiorno a i colli Etruschi intorno...Francesco Redi fu scienziato e letterato aretino, accademico della Crusca, medico di corte della famiglia Medici. Di tutte le sue opere poetiche è rimasto celebre il ditirambo Bacco in Toscana (1685), tripudiante elogio del vino, ritenuto un capolavoro della letteratura d’evasione, che conobbe enorme successo in tutta Europa. Bacco, immaginato ad assaggiare i vini della regione, offre un divertente catalogo dei vini toscani del tempo. Dioniso (Bacco per i romani), dio greco dell'ebbrezza e della pazzia, del vino, della musica, dei teatranti e della vegetazione, attorniato da ninfe e satirelli, fra vigneti e canti si è fermato anche a Montellori. Qui, terra di antichissime tradizioni, dal 1895 la famiglia Nieri si impegna con passione nel rinnovamento continuo di metodi di coltivazione e tecniche di vinificazione creando vini capaci di esprimere il vero carattere del luogo di origine. La linea è composta da otto vini - due bianchi (Mandorlo e Sant'Amato), quattro rossi (Chianti, Moro, Dicatum e Salamartano), uno spumante Metodo Classico e un Vinsanto. Eva e Alessandro Nieri sono inoltre molto attenti e interessati alla scena contemporanea dell’arte italiana e, in particolare, agli artisti più giovani. Da qualche tempo, presso la loro azienda, organizzano gli "Incontri a Montellori", vere e proprie mostre o interventi site specif . Dopo le personali di Daniela De Lorenzo e Antonio Catelani a cura di Laura Cherubini e quella di Luca Vitone, il 3 giugno 2006 inaugura Spirito divino, a cura di Luca Beatrice e Valeria De Simoni. La scuderia e la vinsantaia saranno il teatro per le opere di Gabriele Arruzzo, Stefano Cagol, Gea Casolaro, Francesca Forcella, Luca Francesconi, Caretto e Spagna, Donatella Spaziani. Innovazione e tradizione, alta tecnologia e antichi saperi: questo spazio industriale immerso nella natura, con i suoi contrasti, sembra perfettamente adatto ad accogliere il diverso modus operandi degli artisti in mostra. Le tele di Gabriele Arruzzo, ricche di simbologia e citazioni, sono animate da personaggi bizzarri e surreali. L’artista contrappone immagini tratte dalle fiabe, da antiche illustrazioni, dalla storia dell’arte, dando origine a costruzioni difficili da decifrare, coloratissimi rebus. I dipinti di Francesca Forcella raffigurano case e baite di montagna immerse nel silenzio. Sono visioni oniriche, scenari dalla prospettiva illusoria e distorta immersi nel candore del paesaggio innevato. Gea Casolaro attraverso l’uso della fotografia, analizza le infinite realtà racchiuse in ogni sguardo. Indaga il senso dell’immagine e della rappresentazione così difficilmente definibili. La serie esposta, Ricordando Constable, evoca i paesaggi ritratti dal pittore inglese caratterizzati dalla disposizione casuale e irregolare degli elementi. Gladio, di Luca Francesconi, è una sorta di meridiana realizzata con la punta di un pescespada. L’oggetto, che ricorda le corte spade usate in battaglia dagli antichi romani, nasce come riflessione sulla nostra storia così profondamente legata al Mediterraneo, bacino di origine di molte culture. L’artista mantovano espone anche alcuni disegni incentrati sul fenomeno naturale dell’innesto. Stefano Cagol, indirizzando la sua ricerca sullo studio dei punti di vista alterati, sulle influenze fisiche e mentali, sui valori sballati, ha realizzato un’insolita installazione consistente in un frigorifero che, curiosamente, diffonde strani rumori e inni nazionali: un abbinamento inaspettato al fine di deviare il nostro comune punto di vista sulla realtà. Donatella Spaziani, sia nelle fotografie che nei disegni, lavora sullo spazio inteso come distanza tra se stessa e il soggetto raffigurato, sullo spazio come dimensione mentale, frutto di sollecitazioni e stimoli esterni. Le installazioni di Andrea Caretto e Raffaella Spagna affrontano il delicato rapporto tra uomo e natura. Tra ricerca scientifica, azione collettiva e documentazione, tentano di recuperare il legame profondo che lega l’uomo al territorio in cui vive.

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