About Me
Aversa 7 novembre 1983 h 14 c.a parto cesareo. ho una gemella. sono mancina... SCUSATE IL DISAGIO... in cerca di altre infomazioni inutili per la mia presentazione.cresciuta a Sant'Antimo, periferia nord di Napoli.formazione artistica itinerante:
improvvisazione teatrale.
allieva della scuola dell'arte della medaglia dell'IPZS. (incompleta)
diploma di grafica per la pubblicità e fotografia.
animatrice cartoon: nel 2003 per la regia di Carlo e Victor (il figlio) Rambaldi
ho animato il protagonista del cartoon "Yo-Radh, un amico dallo spazio" ma ho fatto anche ritratti in piazza agli sconosciuti e agli amici, autoritratti etcc... adoro disegnarmi i piedi e le mani e quelle di tutte le belle persone che incontro.
diploma di FLAUTO presso il conservatorio di musica Santa Cecilia di Roma.ho suonato con l'orchestra Phanarmonicon nei centri sociali
con l'orchestra del Conservatorio Santa Cecilia e la neo Mu.Sa. Orchestra dell'Università la Sapienza di Roma
con l'Orchestra Regionale del Molise e l'Orchestra del Vaticano.ho frequentato corsi di perfezionamento dei maestri Raymond Guiot, Michele Marasco, Carlo Enrico Macalli, Davide Formisano e Andrea Oliva///////////////////////////////////////////////////////
/////////////////////////////////tra le cose in cui credo c'è questo mio racconto finalista del premio metronapoli del concorso subway 200819 novembre 2007
Sonia.
Tornando a casa ieri sera, il mio solito tram ad un tratto s’è riempito di una donna sola. E’ salita lì, dove sabato sera la polizia ha ucciso un uomo. E’ salita ed era ubriaca. E’ salita e si è messa lì, di fronte a me che siedo in modo opposto al sedile. E’ salita ridendo e barcollava. Aveva scelto di reggersi vicino a me. Mi stava davanti e i suoi pantaloni erano aperti. La osservavo inorridita, le guardavo il ventre e quella piega che sembrava un taglio cesareo. La guardavo attraverso quella spia aperta sulla sua persona; scura ma a tratti illuminata dalle luci del tram ai suoi movimenti. Era rossa, bianca, la sua pancia, era increspata dai segni dei pantaloni. La osservavo e un po’ temevo una sua reazione. La osservavo quasi di nascosto eppure si ciondolava ad un palmo da me. Il suo alito puzzava di vino, vodka, rhum. Era sporca come i suoi capelli. Pensavo, forse è una prostituta o viene da un letto d’amore dove è stata fin ora. Cercavo particolari che rendessero più viva la mia immaginazione. Vedevo lei e facce di amanti pregne di sesso. Vedevo camere disordinate, vestiti e indumenti ovunque. Immaginavo e passavano nella mia testa mille volti, coppie di fidanzati alle stazioni, vicini di casa. Sfacciata le ho detto: hai i pantaloni aperti. Lei rideva, parlava chissà quale lingua e rispondeva in modo incomprensibile farfugliando lacrimosamente ed allora ho perso la paura e ho chiesto:
- Cosa? Ma che dici? Il biglietto? Si! lo devo infilare in quell’affare lì.
Il ragazzo che era seduto accanto a me si alza - era la fermata della SNIA - le dico: “siediti dai, c’è un posto! Dove devi andare?†Lei mi dice: “a Venezia!†Rido e ridono tutti quelli che la osservavano. Ora è seduta davanti a me e si gira come mi giro io. Mi sembra di doverla proteggere da chi la osserva, la giudica, la canzona con il solo sguardo. Mi sta parlando spagnolo eppure non capisco molto. Le dico che con il bit di 75 minuti non ci può andare a Venezia o meglio che non ci arriva da quella parte. Poi un dubbio e credendo d’aver capito dov’è diretta le chiedo: “ma Venezia o via Venezia Giulia?†Risponde smarrita e senza memoria: “plaza Venezia, ah ah ah…†Comincia a ridere. Le parlo ma lei non capisce, poi arriva la sua disperazione, il suo: “come faccio?†Le sue mani in volto, sulla fronte poi sul viso. Mi ricordo di un tassista che una sera mi portò da piazza Vittorio Emanuele a via della Serenissima per soli 3€ e le dico: “segnati il numeroâ€. Ma non trova il cellulare in borsa e comincia a ripeterlo ad alta voce. Sbaglia, è ubriaca! E’ comico quello che sta succedendo. Tutti la guardano, qualcuno ripete con lei il numero e mi sento artefice di questo divertimento.
Chiacchiero con lei, si chiama Sonia e viene dalla Colombia, da Bogotà . Le consiglio come un’informatrice turistica, di scendere perché dopo mezzanotte c’è solo il notturno e ha poco tempo ma sta incollata alla sedia e non capisce.
Da quando vivo a Roma la cartina dell’ ATAC e la mappa della città sono sempre nella mia borsa. Continue ricerche di appartamenti, lavoro, ma mai una volta l’ho consultata per raggiungere un posto dove fossero le nuove persone che definivo facilmente amici.
Arriviamo alla IP e le ripeto il numero del tassista poi le dico di usare il distributore come riferimento, di scendere ma non conosce via Prenestina, questa parte della città penetrata dalla sopraelevata.
Sonia ride, ride, ridono tutti. Scende con me perché altrimenti sarebbe arrivata al capolinea. Ma scende e sta per morire. L’autista non aspetta che sia scesa e chiude le porte. Correva come un operaio verso la fine del turno.
A letto, ormai a casa, la casa dello studente, ho in testa la poesia di Pasolini che mi lesse Antonio poco dopo la mia partenza: (…) corro come un matto sulla Tuscolana, come un cane randagio sull’Appia... Mi mancavano i pomeriggi di maggio passati con lui e Gianni. Mi mancava Gianni. Mi mancava persino l’odore del sigaro che è diventato familiare così tanto da seguirlo come una traccia agli angoli delle vie, con l’illusione che mi porti tra le sue letture, tre le occasioni non ancora perdute e che porti sul volto di chi lo fuma le stesse speranze.
L’autista stava già partendo quando Sonia, ubriaca aveva un piede sulle scale e l’altro sul marciapiede. Le braccia le rimangono tra le porte e le gambe, le gambe non so dove. Urlo, l’afferro e con me altre persone. Urlo all’autista che è matto. Urlo: “che cazzo fai?†Tutti zitti dentro quel maledetto tram!
Sonia è ferma. Sola. Qui non è come in Espagña mi dice e le rispondo no, qui non è come in Espagña.
Ho perso il senso del rispetto o forse ho smesso di sentirlo negli altri. Ritorna la solitudine che mi rubava gli amici e me ne priva in questi anni a Roma. Ritorna il ricordo di quella sera quando il ragazzo che viveva nel mio stesso appartamento, che spacciava, rientrando mi versò sulla testa una birra, mi prese le chiavi che erano appoggiate sul televisore e cominciò a prendere a calci la mia porta perché dovevo andarmene. I colloqui con il proprietario, i soldi per una caparra che non avevo. Le dieci telefonate alla polizia che non arrivò mai, l’armadio dietro la porta, la tapparella abbassata in fretta prima che arrivasse correndo dal balcone. La notte in commissariato che raggiunsi da sola per denunciarli tutti come se servisse a riscattarmi dalla solitudine e valesse a correggere ogni cosa.
Era successo al terzo piano di un palazzo di via Prenestina, proprio lì, di fronte ai morti ed ora dove incontro Sonia.
Con un lenzuolo bianco e l’hanno fotografato. Rispetto per i morti. Rispetto per i vivi.
Io ero lì. Ero lì e la gente curiosa chiedeva. Ero arrivata a piedi da Porta Maggiore perché i tram erano fermi. La ragazza conosciuta da poco e che avevo incontrato in strada voleva avvicinarsi, guardare, sapere, magari alzare il lenzuolo e guardarlo in faccia quell’uomo che ora nessuno proteggeva. Mi dice: “facciamo le curiose?†Scappo sul primo autobus che arriva, neppure la saluto.
Sonia chissà , forse è rimasta lì per molto tempo, dove le ho indicato la fermata del notturno. Piangeva, diceva qui non è come in Espagña. Voleva venire con me. Chiedo scusa a Sonia perché non ho aspettato con lei che arrivasse il notturno.
Chiedo perdono a te e al tuo cadavere sul quale passo ogni giorno.IL PIEGHEVOLE CHE SEGUE è IL FRUTTO DELLA MIA COLLABORAZIONE CON L'ASSOCIAZIONE CULTURALE O.N.L.U.S. "LA STRADA" DI SANT'ANTIMO.