"Una faccia simpatica, tanti capelli e baffi tra cui spuntano due occhi acuti ed inquisitori, una favella senza freni colorita da leggeri accenti romani che tradiscono la sua origine". Questo è Mario Panseri, a detta di Alberto Moravia con il quale collaborò per la realizzazione di un 33 giri sull'ispirazione del romanzo "agostino" dello stesso.
Nasce a Roma il 17 agosto del 1945, diventa ligure per adozione, Mario Panseri, colui che appartiene a quella generazione di cantautori che hanno preferito accumulare anni di esperienze musicali prima di prendere diretto contatto con il pubblico.
Dala mamma Teresa, insegnante di pianoforte, e dallo "zio" Nunzio Rotondo, affermato trombettista jazz, eredita un inequiparrabile talento musicale.
Panseri ha incontrato la musica prima ancora del sillabario: ha intrapreso corsi regolari di pianoforte studiando composizione e anche orchestrazione; enfant prodige, a soli 6 anni si aggiudica il primo posto al Festival del fanciullo, e a 23 anni si trova aul palco in auditorio con Philippe Leroy, Ingrid Schoeller e Nunzio Rotondo.
Per il canto è stato educato dal maestro Gianpiero Reverberi, e successivamente da Enzo Micocci con il quale ha stretto una viva amicizia.
Nelle canzoni - di cui scrive parole e musica - Mario Panseri cerca di tradurre le sensazione che prova mentre le compone: vede la realtà che lo circonda senza veli falsi e per questo i suoi brani possono apparire a volte un pò crudi, ma al fondo si avverte sempre la speranza che l'uomo. prima o poi, riesca a compiere uno sforzo per ritrovare se stesso.
Partendo da una cultura musicale basata su Oscar Peterson, Leo Ferré, George Bressen, Luigi Tenco alla fine degli anni '60 ha la svolta importante.
Il maestro GianPiero Reverbi riconosce in lui un'elevata sensibilità e promuove il suo debutto in RCA.
La critica lo ritiene sullo stile Tenchiano e prescursore di De Andrè: é del 1970 il primo album intitolato "MARIO PANSERI" e soltanto tre anni dopo esce poi il secondo LP, firmato sempre dalla stessa etichetta RCA, "ADOLESCENZA", tratto da "agostino", romanzo di Alberto Moravia.
Un incontro, quest'ultimo, tra musica e letteratura dove il protagonista era un bambino e il suo incontro con quel mondo nuovo, per certi versi sconcertante e fino ad allora assolutamente ignorato, che gli si prospetta davanti passando dalla fanciullezza all'adolescenza. Un'idea un pò distacato dalla consuetudine e abitudine, un'idea che per la prima volta portò Alberto Moravia in una sala d'incisione.
E dopo varie esperienze in campo teatrale, come la collaborazione con il Teatro Stabile di Genova, quale interprete dielle musiche del "Cerchio di Gesso del Caucaso" di Bertholt Brecht sotto la regia di Squarzina, arriva, nel '78 la grande occasione: esce per la Phonogram il terzo Lp "Sulla spiaggia d'inverno", che sarà però, anche l'ultimo. Un album questo, fatto soprattutto di parole, di quadri di vita comune filtrati attraverso una visione poetica delle cose, tra contemplazione e rimpianto, ma senza voler mai rinnegare una partecipazione attiva alla realtà .
Un album che vede il mare come un archetipo di vita senza il quale non si può vivere: "il mare è il compagno giornaliero; quando lo guardo avverto la sua immensità , la sua forza e nello stesso tempo quella sua voglia di non voler dimostrare tutto ciò, invece noi uomini che grandi e foti non siamo abbiamo consumato la nostra vita porpio nel tentativo di dimostrare agli altri che siamo forti, che siamo grandi. Se mi dicessero di scegliere tra il mare e le mie canzoni, sceglierei il mare, il pescatore: il mare non parla, però ti riempie lo stesso."
Mario Panseri, un uomo diviso tra due amori: la musica e il mare, un pescatore che attraverso il riflesso del cielo nell'acqua pensava alla vita, ad un turbillon di idee che poneva poi per iscritto su melodie diverse, uno studente di filosofia prima, un papà , un marito. Un uomo, abitante di un mondo di gente bambina.....che non c'è.
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