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Giuliano Ferrara

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L'inizio nel Partito Comunista

Figlio del senatore comunista Maurizio Ferrara (per molto tempo segretario particolare di Palmiro Togliatti e poi direttore de L'Unità), si avvicinò alla politica da contestatore "sessantottino" (partecipò infatti agli scontri di Valle Giulia, primo atto della contestazione studentesca italiana), e nel 1973 diventò "responsabile fabbriche" del PCI a Torino, e scrisse sul quindicinale Nuova società. In seguito diventò capogruppo del partito sempre a Torino, a fianco del giovane Piero Fassino.

Nel 1983 abbandona il PCI per protesta contro la decisione del partito di non dedicare un concerto alle vittime del massacro di Sabra e Shatila. Inizia a lavorare a L'Espresso, dove si occupa del suo ex-partito spesso parlandone in modo critico. Conquista così la simpatia del capo del governo e segretario del Partito Socialista Italiano, Bettino Craxi, tenace avversario dell'opposizione comunista.


Il passaggio al PSI

Inizia a lavorare per il Corriere della Sera (dove firma gli articoli con uno pseudonimo, "Piero Dall'Ora" e crea la rubrica "Bretelle rosse"); contemporaneamente, su indicazione di Craxi e Claudio Martelli, entra nella redazione di Reporter, giornale d'inchiesta di area socialista diretto dai due ex-leader di Lotta Continua, Adriano Sofri e Enrico Deaglio.

Per sua ammissione, in questo periodo è confidente retribuito della CIA. Egli stesso sostiene di considerare lauto il compenso che avrebbe ricevuto per le prestazioni informative, e giudica che l'incarico di informatore fosse compatibile con la professione di giornalista. Per quanto sia stato avanzato il dubbio sulla veridicità di questa collaborazione (taluni sostengono che il giornalista intendesse attrarre con quella notizia attenzione su di sé), Ferrara continua a sostenere che il suo racconto sulla collaborazione con la Central Intelligence Agency è del tutto veritiero.


Conduce due trasmissioni su Raidue: prima Linea Rovente e poi Il testimone. In seguito si trasferisce alla Fininvest, dove conduce su Canale 5 Radio Londra (passato poi su Italia 1), L'istruttoria e Il gatto, da cui tra l'altro (dopo lo scoppio dello scandalo politico-giudiziario Tangentopoli) esprimerà le sue posizioni, da lui definite "garantiste", ma in ogni caso assai critiche nei confronti delle inchieste delle Procure). Nel 1992 con la moglie Anselma Dell'Olio idea la trasmissione "Lezioni d'amore", incentrata sul sesso e ispirata idealmente al film "Comizi d'amore" di Pierpaolo Pasolini. Ma dopo alcune puntate il programma viene censurato dall'editore Silvio Berlusconi, su pressione di alcuni deputati democristiani.


In occasione delle Elezioni europee del 1989, è eletto europarlamentare del PSI.

Ministro del Governo Berlusconi I e la nascita de "Il Foglio".

Con l'ascesa di Silvio Berlusconi e di Forza Italia, Ferrara decide di lasciare, in compagnia di molti compagni di partito, un PSI ormai in disfacimento: diviene Ministro per i rapporti con il Parlamento del primo governo Berlusconi.
Nel gennaio del 1996 fonda il quotidiano Il Foglio (edito dall'omonima cooperativa editoriale della quale fa parte Veronica Lario, seconda moglie di Berlusconi) di cui è ancora oggi direttore.
Scherzando sul fatto che la proprietà del giornale viene sempre attribuita alla moglie di Berlusconi, Ferrara si è definito sarcasticamente una volta un berlusconiano «tendenza Veronica» per andare contro «questo malvezzo sciocco usato per degradare il Foglio».
Su questo giornale esprime posizioni definite neoconservatrici. È un sostenitore del centro-destra, e poi del secondo governo Berlusconi, anche se in maniera talvolta critica.
Su Il Foglio si batte anche a più riprese per la concessione della grazia ad Adriano Sofri.
Nel 1996 è per alcuni mesi direttore del settimanale Panorama, incarico che svolge senza lasciare la direzione de Il Foglio.

Candidato per Forza Italia e la Casa delle Libertà alle elezioni politiche suppletive (per il posto vacante del collegio elettorale del Mugello, in Toscana) per il Senato del 9 novembre 1997, è sconfitto dall'ex-pm simbolo di Mani Pulite, Antonio Di Pietro, candidato dell'Ulivo.


Otto e mezzo

A partire dagli eventi dell'11 settembre 2001, le sue posizioni hanno una svolta antilaicista e socialmente conservatrice: lui, dichiaratamente non cattolico, sostiene la necessità del rafforzamento dei valori giudaico-cristiani come baluardo dell'Occidente di fronte al pericolo crescente dell'estremismo islamico.
Oltre a dirigere Il Foglio conduce su LA7 la trasmissione Otto e mezzo di cui è anche autore: prima affiancato da Gad Lerner, poi da Luca Sofri, in seguito da Barbara Palombelli, giornalista del Corriere della Sera, e quindi da Ritanna Armeni, giornalista di Liberazione. Nel 2005 nella conduzione della trasmissione è ancora affiancato da Lerner che dopo poche puntate lascia per dedicarsi al suo programma L'infedele. A sostituirlo è ancora Ritanna Armeni che è l'attuale co-conduttrice del programma. Ferrara ha decisamente criticato nel rovente editoriale "Destra Cialtrona" il Governo Berlusconi per non aver mai concesso la grazia ad Adriano Sofri.
Ha recentemente pubblicato una raccolta di saggi dal titolo: Non dubitare. Contro la religione laicista (Edizioni Solfanelli, Chieti, 2005).
Il 7 luglio 2006 è stato condannato in primo grado per diffamazione ai danni dei giornalisti de L'Unità e al risarcimento di 135 mila euro. Nel corso di una trasmissione di Porta a Porta del 2003, in una discussione sulla giustizia disse: «No, no, non è un giornale libero, credo che l´unico modo di definirlo è un foglio tendenzialmente omicida!» [1] [2].

All'elezione del Presidente della Repubblica italiana 2006 Giuliano Ferrara ha ottenuto 8 voti al primo scrutinio, 9 voti al secondo, 10 voti al terzo e 7 voti al quarto e ultimo scrutinio che ha eletto Giorgio Napolitano al Quirinale. Sull'elezione del nuovo Capo dello Stato si era schierato col Foglio affinché venisse eletto Massimo D'Alema, che lo ringraziò per l'impegno profuso.

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