About Me
Sono nato a Napoli il 14 Marzo 1967, in una famiglia di musicanti da tre generazioni.
Mio nonno Armando, tenore, passò 15 anni a Parigi (1925- 1940, se scanzaje Musellino) suonando con importanti orchestre di tango (Emile Carrara...), al Lido, Moulin Rouge, nonchè nell'Orchestra Musette de la Boite a Matelot di Guerino, fisarmoniscista Rom napoletano, insieme ai fratelli Django e Joseph Reinhardt.
Mio Padre Silvano cantava tra la fine dei '50 e metà '60 con il suo Moonlight Quintet tra le Arcate a via Aniello Falcone e i locali in costiera, finchè mio nonno materno gli "suggerì" di entrare in banca per poter sposare Luciana, mia madre.
Ho iniziato a cantare e suonare molto presto, subito: un vibrafonino, poi un piccolo piano giocattolo (ma vero, in legno, ne ho visto uno uguale due anni fa, ma non avevo i soldi per comprarmelo...) poi l'organo Bontempi rosso a tre anni, su cui facevo Regginella.
Guardavo mio padre aprire il piano la sera, e suonare "A chi", "Guantanamera", gli accordi con la destra e i bassi con le dita della sinistra "a corna", tonica e quinta geometricamente perfette- la tastiera mi arrivava al naso, ed aspettavo il momento che sarei riuscito ad aprirlo da solo. Ci sono riuscito più o meno a cinque anni, di nascosto, in punta di piedi e con un gran botto del coperchio, e non ho più smesso: giocavo a cambiare tutte le note lasciando la destra ferma su un accordo, scoprivo l'armonizzazione dei bassi.
A otto papà ha fatto la prima lezione di chitarra a me e Mario Capomazza (il mio, ad oggi, grande amico): giro di sol, la scoperta che quasi tutte le canzoni le puoi suonare con quello... la strofa del gatto e la volpe, Diana, e via dicendo...
Il primo concerto fuori al balcone per il pubblico del Parco Parva Domus, suonando "Ti amo" di Tozzi e "Miele" del Giardino dei Semplici, il secondo per la festa di fine elementari alla Quarati: da El pueblo unido jamas serà vencido a Laudato sì o mi signore; portammo batteria, bonghetti, Bontempi e due chitarre nella 500 di mia mamma, era solo la prima di infinite volte...
Era il 1976. Avevo appena visto, pochi giorni prima, gli Inti Illimani al Festival dell'Unità , ed ero rimasto scioccato: da loro, dal contesto; mamma mi aveva regalato Viva Chile alla Befana, imparavo le canzoni di Violeta Parra e Victor Jara e raccontavo a Mario, grazie ai testi nel disco (I dischi dello Zodiaco), la storia di questi ragazzi che non potevano più tornare a casa, perchè stavano uccidendo tutti i loro amici, tutti quelli che come i ragazzi al festival dell'unità , cantavano col pugno alzato.
(da allora mi sono reso conto di aver sempre guardato al mondo con occhi tristi.
Anche ieri sera avevo Vittime di Massimo Nava sul davanzale del cesso e mi dicevo: devi smetterla di leggere di morti, soprusi, guerre, abusi... ma anche quando leggo poesie d'amore leggo Hikmet, Benedetti... tutti esiliati, deportati... in fondo il mondo non è al 90% questo?)
Altrimenti, ascoltavo per ore i Beatles, all'infinito; finchè mi sono trasformato nei Beatles.
L'adolescenza è passata tra amori più o meno utili (Duranduran, le canzoni italiane, Cure, Sex Pistols e tutti i gruppi da "singolo" degli '80, Clash, Talkin'heads, e pure AC/DC!) alla mia formazione di uomo.
Chi ha lasciato un segno indelebile sono però XTC, Police e Peter Gabriel.
I primi per l'assoluta genialità pop, beatlesiani, punk, a volte storti sfiorando il progressive, poi bucolici e psichedelici da lacrime. I secondi- lo capisco oggi- per Stewart Copeland e la bella mescla tra dub reggae e rock, e ovest con sud e est. Il terzo per la bellezza assoluta delle armonie, la ricerca sui suoni mai fine a se stessa, la disciplina di mestiere, l'essere musicista pop, ma mai fuori dal mondo.
Il nostro primo gruppo, Heaven can Wait, cantava in inglese e ricalcava i maestri senza molta coerenza, alcune cose però, soprattutto alla fine, erano belle.
Provavamo a casa, al secondo piano; al quinto dello stesso palazzo provavano i Bisca, nell'appartamento a fianco gli Strike dei fratelli Dario e Paolo Ingrosso (mi addormentavo con l'orecchio attaccato al muro per sentire le prove), nel palazzo di fronte gli Psycoparty dei fratelli Parlati e Fabio Sorrentino. Napoli suonava, oggi nel Parco dove vive mamma regna il silenzio, manco più i ragazzini scendono a giocare a pallone.
Il secondo gruppo si chiamava, e si chiama, Gatti Distratti dalla Luce Negli Occhi, per la cui storia vi rimando alla relativa pagina di myspace...
A 24 anni, nel 1991, sono stato operato a un polipo alle corde vocali, e da allora ho notevoli problemi con la voce: i medici mi minacciarono che se avessi continuato a cantare mi sarebbe venuto un cancro, io gli risposi che un cancro mi sarebbe sicuramente venuto se avessi smesso di cantare. Vedremo.
Daniele Sepe, al Virgiliano, mi disse: nun fà niente, almeno mò te staje zitt' e te 'mpare nu poco a sunà ... e manco m'agg'mparate, nè a me stà zitto, nè a sunà .
Nel 1991 prendemmo in affitto un seminterrato a Bagnoli che funzionava come quartier generale dei Gatti e sala prove, e dove iniziammo ad attrezzarci per registrare sia il nostro lavoro che altrui: in quattro anni ho avuto la fortuna di registrare circa un centinaio di gruppi: quasi tutta la scena rock punk metal hardcore napoletana (Musty Whig, Brainers, The Real Swinger, Funereum e via dicendo...) nonché occuparmi più intensamente della produzione delle musiche di alcuni gruppi come Von Masoch, Nodomo, Bala Perdida.
E' qui che nasce, nel '93, l'associazione Orpheus.
Nel 1996 lasciai Bagnoli e presi in affitto, grazie al progetto di condivisione di convivenza e produzione artistica e alle garanzie di mamma Luciana, una casa assolutamente al di sopra della mia portata, dove poter coronare il mio sogno: lavorare e vivere nello stesso posto, per potere giocare a pallone, cucinare o farsi una doccia nelle pause di lavoro, nonché poter ospitare amici da ogni pizzo del mondo.
E così è stato: il posto è diventato conosciuto come CasaCuma, esperimento di casa condivisa che in 13 anni ha visto passare centinaia di persone diversissime tra loro, dal Guitarcraft alla famiglia rumena Lautaru che ci ha vissuto e suonato per tre anni..
Dal 1996 al 2000 ho suonato con la mia sorellina Ginevra Di Marco e suo marito Francesco Magnelli, realizzando il suo primo disco e qualche anno di concerti; poi, come spesso succede tra fratelli, tra cui non c'è mai indulgenza, ognuno per la sua strada.
Ciò anche per prendermi cura del progetto Mescla, iniziato alla fine del '99 (se volete saperne di più andate al myspace di ammesc).
Dirò solo che ho coinvolto un pò di amici in crisi o a vento in una storia di viaggio e musica; qualcuno partiva per scopare, qualcuno per soldi, qualcuno per suonare, e questo "corpo" viveva, partiva, suonava, e tra mille incomprensioni (normale quando metti insieme atei e chierichetti, sessuofobici e pansessuali, ricchi e poveri...) è arrivato al decimo anno, cambiando obbiettivi, persone, relazioni, arricchendosi per tanti aspetti, e sicuramente un pò impoverendosi, quanto gli sguardi di quasi tutti quelli che non ci suonano più.
Sempre nel 1999 ho dato vita, assieme al mio amico di infanzia Ettore De Lorenzo, al Napoli Strit Festival, con cui ho avuto sempre una travagliata relazione (più che altro coi compari dell'associazione e i politici napoletani), per cui, ripresa la collaborazione come organizzatore e direttore artistico nelle due difficili edizioni inglobate nella nottebianca (2005/ 2006), ho preferito sospendere quando il festival è tornato indipendente all'interno del maggio dei monumenti, essendoci troppi soldi e tensioni in ballo per poter restare.
Nel 2003 ho dato vita con Donpasta a Food Sound System, uno spettacolo in cui lui legge i suoi scritti di cucina e musica, e noi (io, la mescla ed oggi i miei vecchi amici Ringe Ringe Raja, con cui pure ho suonato per qualche anno, realizzando UNREAL BOOK VOL.1) suoniamo commentando le sue parole... se volete saperne di più, www.donpasta.com.
In tutti questi anni ho sempre, discontinuamente, scritto canzoni, e molta gente mi dice (da quando avevo 16 anni) che dovrei fare un disco; mi ero ripromesso di farlo entro i 40 anni, ma ho talmente destrutturato la mia vita e il mio sistema di pensiero che non riesco assolutamente a concepire perchè mai si debba fare un disco in un mondo dove escono 130 dischi al giorno: ma chi s'ò sente?
Trovo invece che mettere musica in rete sia una buona maniera non invasiva, rispettosa e sostenibile di dire al mondo che esisti. E anche non mi interessa nutrire questo mercato, mi piace molto come i Radiohead hanno distribuito In Rainbow.
Rimasi molto scioccato quando Francesco Magnelli ci disse che la Edel aveva mandato al macero le copie invendute di Trama Tenue, mi sembrava uno sputo a noi, a Gingia, alll'ecologia, potevano regalarcele, no? Le vendevamo ai concerti e gli mandavamo un euro a cd... Per questo il primo ed unico cd della mescla lo stampo io una copia alla volta e guardo bene in faccia la persona a cui lo dò; e sempre molto personale è la vendita del CD realizzato come Le Grand Osim Orchestra con le musiche originali per lo spettacolo del Circo de la Sombra: alla fine dello spettacolo chi ci chiede il disco ha il tempo di farsi una chiacchiera, scambiarsi sorrisi e contatti.
Da qualche anno il mio lavoro di studio sulle musiche tradizionali mi porta anche ad organizzare eventi, che partendo dal pretesto di uno stage di danza o musica, ed un eventuale concerto (sono invitato dal 2006 a condurre uno stage ai Suds à Arles), sono invece centrati sul fare esperienza del cerchio del villaggio, ancora vivo in luoghi come l'Aspromonte Grecanico (grazie ad Agata Scopelliti e gli amici a Cataforio ho scoperto il tesoro nascosto della nostra civiltà ) e in via di scomparsa nel Napoletano, annientato nel Salento e ovunque abbia attecchito il tarantaPOWER!
Oggi per me è fondamentale, per chiunque voglia agire in modo rivoluzionario e dare un senso civile al suo essere artista, azzoppare le gambe del sistema di mercato attuale, e l'unico modo è praticare quanto più possibile "altre vie": una delle migliori è cominciare dal boicottare ogni sistema di fruizione unilaterale e verticale, tipica della televisione, dei comizi e dei concerti, (soprattutto quando si lavora sulla musica tradizionale, il rituale religioso del rock ha ancora senso, per me, con audio e luci imponenti, benché poco sostenibili...).
Negli eventi che realizzo (dagli ultimi STRIT strozzati nella Nottebianca del 2005 e 2006, la Festa della Musica a Marsiglia del 2007, Serramezzana nel 2008...) piccoli e a misura d'uomo donna e bambino, cerco di ricreare o riattivare, a seconda di dove siamo, il villaggio; mettere tutti in cerchio; risvegliare memorie, di canto, di vino, di cibo; fare ri-imparare ad aspettare (per un minuto di ballo ho aspettato tutta una notte, dice un proverbio aspromontano); restando attenti anche quando balla un altro, e non solo quando sei al centro; utilizzare tutti gli spazi, anche quelli nascosti e meno accessibili ad occhi e gambe pigre.
Se posso, evito il centro, e lo cerco praticando le periferie.
Le grandi città non mi interessano più, né chi le abita; continuo ad informarmi a distanza, per puro dovere antropologico.
Poi, non metto mai un nome più grande di un altro sui manifesti (la miopìa non è selettiva in base ai valori di mercato) perché alla mia tavola i miei amici mangiano tutti uguale.
In questo senso si colloca anche l'impegno con il quale mi sono fatto promotore, nell'autunno del 2008, della creazione di una rete di produttori biologici autocertificati, con conseguente mercatino pirata che ha visto quattro edizioni realizzate a CasaCuma, poi battezzato Ragnatela, e che oggi viaggia autonomo grazie alla rete autorganizzata stessa: io ho ripreso il viaggio che oggi mi porta a conoscere tante realtà differenti, da cui c'è tanto da imparare, come la Comune di Urupìa, a due passi da dove ora scrivo.
Quest'anno sono dieci anni di Mescla, e dopo vari deliri di idee di produzioni celebrative, ho deciso di celebrarlo viaggiando, per ringraziare tutte le persone che ci hanno accolto in questi anni, e per conoscere chi non ci ha ancora accolto.