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D di Domodossola

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Domodossola, l’antica Oscella dei Leponzi, capitale dell'Ossola Superiore, sorge su un piano alluvionale formato dal torrente Bogna sulla destra del fiume Toce. Centro fisico, politico e amministrativo della Ossola, Domodossola ha origine antichissima: fu fondata in epoca preromana dai Leponzi (Ossola Lepontiorum); nel 12 a.C. passò sotto il dominio romano. Caduto l’impero romano (476) anche l’Ossola subì l’invasione dei barbari, Unni, Goti e Longobardi; a questi successero i Franchi di Carlo Magno, dopo i quali inizia il dominio dei Vescovi Conti di Novara. Secondo la tradizione nel 917 Berengario 1° avrebbe concesso a Domodossola il mercato settimanale, che si tiene ancor oggi al sabato, attirando numerosi turisti e valligiani. Nel periodo delle Signorie, Domodossola fu sottoposta ai Visconti prima e agli Sforza poi. Dopo la caduta di Ludovico il Moro, il Borgo cadde sotto la dominazione spagnola che durò per due secoli. La spartizione dei domini spagnoli assegnò l’Ossola a Carlo VI d’Asburgo, poi a Maria Teresa. Dopo la rivoluzione francese (durante la quale l’Ossola appartenne alla Repubblica Cisalpina e al Regno d’Italia) e la caduta di Napoleone, Domodossola fu capoluogo di mandamento sotto i Savoia. Nel 1906 fu portato a termine il traforo ferroviario del Sempione, opera importantissima per l’economia della Valle. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, Domodossola fu il centro di una zona libera che, sottrattasi all’occupazione nazista, si autogovernò con strutture democratiche (Repubblica dell'Ossola – settembre/ottobre 1944), contribuendo con il suo esempio alla Liberazione nazionale. La Città è adagiata alle falde dello storico colle di Mattarella e delle colline di Vagna. La fisionomia del centro della città conserva tuttora il suo sapore medioevale nelle viuzze tortuose della Motta, nella torre di via Briona, nella piazza del Mercato, nei cimeli dell’antica chiesa e convento di San Francesco e nei ruderi delle mura sforzesche e spagnole che facevano di Domo un borgo fortificato. Negli ultimi settant’anni, specialmente in seguito all’apertura del Sempione, ed al sorgere di numerose industrie, Domodossola si è notevolmente ampliata. Centro delle valli ossolane e delle strade convergenti da ogni direzione, è luogo di passaggio frequentatissimo da italiani e stranieri e meta di numerosi turisti e villeggianti.

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IL TRAFORO DEL SEMPIONE VITTORIA DELL’UMANITA’ Quella del Sempione è stata, sin dal tempo dei Romani, un’importante via di comunicazione per commercio e spedizioni militari fra la Pianura Padana e l’alto Rodano. Nell’ XI secolo l'Ossola aveva ripreso importanza per l'economia dei Longobardi: Domodossola, punto di incontro dei sentieri del monte Moro, dell'Antrona, del Gries, dell'Albrun e naturalmente del Sempione, ebbe la facoltà di tenere un mercato settimanale. Anche l'opera di colonizzazione degli alti pascoli da parte dei popoli Walser di lingua tedesca servì ad aumentare i rapporti della Val d'Ossola con le genti d'oltralpe. Il primo passaggio documentato del Sempione risale al 1254 quando, nel mese di febbraio, vi transitò l'arcivescovo Odo di Rouen in viaggio per Roma. Nel 1267 il Vescovo di Sion garantì protezione ai mercanti italiani e, con i suoi successori, si adoperò per il mantenimento delle strade di fondovalle. Il valico era allora transitabile in circa dodici ore non senza difficoltà per i viandanti. Alla fine del XV secolo la travagliata storia del Vallese influì non poco sui traffici commerciali attraverso il Sempione che si ridussero drasticamente, ma nel XVII secolo il nobile barone Stockalper, commerciante avveduto, comprese l'importanza che il valico alpino aveva ancora per la zona, tanto da venire soprannominato "re del Sempione" per i suoi traffici commerciali, in modo particolare quello del sale, che gli permisero di accumulare in pochi anni ingenti ricchezze. Dobbiamo però a Napoleone l'impegno che avrebbe portato, dopo la pace di Campoformio nel 1797, agli accordi della Francia e della Repubblica Cisalpina con il Vallese per la costruzione di una vera strada fra i laghi di Ginevra e Maggiore attraverso la valle del Rodano ed il Sempione. Il progetto prevedeva la formazione di numerosi viadotti, giganteschi muraglioni di contenimento, oltre all’escavazione di cinquecento metri di gallerie. I lavori, avviati nel 1801, comportarono l’impiego di cinquemila operai che, nel tempo record di soli cinque anni, riuscirono a completare l’opera nel 1806. Milano, capitale della Repubblica Cisalpina, era così collegata direttamente, attraverso il Sempione, con Ginevra e quindi con Parigi, e Domodossola si qualificava come ultima stazione di posta per le carrozze che dovevano affrontare la salita alpina. Un ruolo importante che andava a sommarsi al riconoscimento di capoluogo di distretto. Queste le premesse che diedero vita fin dal 1850 all’idea di realizzare il Traforo ferroviario del Sempione per potenziare i collegamenti commerciali tra Europa e Italia quando ancora nessun valico alpino era stato perforato. La realizzazione dell’opera, in concorrenza con gli altri valichi alpini, dovette però attendere il 1893 quando la Compagnia Jura-Simplon accettò il progetto dell’ing. Dumur. I lavori iniziarono il 13 agosto 1898 e terminarono quasi otto anni dopo. Alla presenza del Re d’Italia, Vittorio Emanuele III e del Presidente della Confederazione Elvetica, il 19 maggio 1906 veniva inaugurata ufficialmente la prima galleria del Traforo ferroviario del Sempione, tre mesi dopo che il primo convoglio transitasse nel tunnel ferroviario su terraferma più lungo del mondo. L’apertura del Traforo del Sempione fu celebrata come una vittoria dell’umanità, ma la sua costruzione fu molto costosa in termini di vite umane, con 106 morti, 63 dovute a malattie, 21 ad infortuni e 22 a violenze o infortuni avvenuti fuori dal lavoro. STORIA DELLA REPUBBLICA DELL'OSSOLA "Repubblica dell'Ossola" venne chiamato, con definizione successiva, l'esperimento di autogoverno che ebbe luogo, nel settembre/ottobre del 1944, sul territorio delle vallate ossolane e della Cannobina liberate dalle forze partigiane che vi operavano. Tale rilevante episodio si inserisce nelle più complesse vicende della Resistenza in Ossola, una lotta di liberazione iniziata subito dopo l'armistizio dell' 8 settembre 1943, con la formazione delle prime bande partigiane composte da vecchi antifascisti e militari sbandati, che iniziarono a contrastare le unità tedesche di occupazione a cui, dopo la costituzione della Repubblica Sociale Italiana si aggiunsero quelle fasciste. Tra le vicende di spicco della storia partigiana dell'Ossola, è da citare l'insurrezione di Villadossola dell'8 novembre 1943, una delle prime sollevazioni popolari in Italia e subito duramente soffocata dai nazifascisti, con l'uso anche di aerei. Alcuni mesi dopo, il 13 febbraio 1944, ebbe luogo a Megolo la battaglia in cui cadde alla testa del suo reparto anche il capitano Filippo Maria Beltrami, uno degli iniziatori della lotta nell'alto novarese, che accettò lo scontro con preponderanti forze tedesche, tra cui reparti delle SS-Polizei, e della Repubblica Sociale italiana. Dopo il mese di maggio del 1944, salirono in montagna numerosi giovani che non avevano risposto ai bandi della neonata Repubblica Sociale Italiana, rafforzando numericamente le forze di liberazione, che facevano capo al C.L.N.A.I.. Contro le formazioni partigiane, sempre più attive in una zona strategica come quella dell'Ossola, prossima al confine svizzero ed attraversata anche dalla ferrovia internazionale del Sempione, vennero lanciati attacchi e rastrellamenti, anche imponenti, come quello che dal 10 giugno 1944 e sino a fine mese interessò la Val Grande - oggi Parco nazionale - con obiettivo principale l'eliminazione della Divisione "Valdossola". Il rastrellamento culminò nell'uccisione di molti partigiani e di alpigiani che collaboravano con la Resistenza, nella cattura di centinaia di prigionieri ed in diversi eccidi, fra cui quello di Fondotoce in cui furono passati per le armi 43 prigionieri, uno solo dei quali sopravvissuto; a Fondotoce è sorto un sacrario a ricordo dei Caduti della Resistenza delle provincie di Novara e del VCO e più di recente la "Casa della Resistenza", dove sono ospitati mostre, convegni e dibattiti e che costituisce un punto di riferimento culturale per iniziative di studio della lotta di liberazione. Nonostante il colpo subito, la Resistenza ossolana ricominciò ben presto a premere contro il nemico arrivando, il 9 settembre 1944, a liberare anche Domodossola, centro principale della zona; Dionigi Superti, comandante della "Valdossola", che insieme con la "Valtoce" e la "Piave", avevano costretto alla resa il presidio, ordinò anche a nome delle altre formazioni la costituzione di una giunta di governo per l'amministrazione del territorio liberato, designandone pure i membri, stante l'assenza di un CLN locale, disperso a causa delle precedenti persecuzioni. La zona libera si estendeva per circa 1.600 km quadrati, con una popolazione intorno ai 75.000 abitanti. La Giunta Provvisoria di Governo aveva sede in Domodossola presso il Palazzo di Città, mentre nei vari Comuni vennero ricostituite le amministrazioni locali; si riorganizzarono i sindacati e vennero dati alle stampe diversi giornali, favorendo il dialogo e la discussione democratici. La Giunta Provvisoria di Governo della "Repubblica dell'Ossola" affrontò una vasta mole di lavoro che, non limitandosi alla risoluzione dei problemi contingenti, spaziava fino a toccare argomenti e settori di rilevanza nazionali, proiettati nel futuro dell'Italia liberata. Dalla vicina Confederazione Elvetica arrivarono in Ossola numerosi fuoriusciti antifascisti italiani, alcuni dei quali nel dopoguerra divennero poi membri dell'Assemblea costituente, di Governi e Parlamenti della Repubblica Italiana. L'attività della G.P.G., formata da elementi di partiti anche assai diversi tra loro, andò ben oltre la semplice ordinaria amministrazione di una zona libera, destando l'attenzione di stampa ed opinione pubblica internazionale ed ancor oggi è ricordata per lo spirito democratico e profondamente legalitario che la caratterizzò. La Giunta Provvisoria di Governo era presieduta da Ettore TIBALDI (Rapporti col l'estero - Collegamento con il CLN - Giustizia) e dai seguenti Commissari: Giorgio BALLARINI (Servizi Pubblici - Trasporti - Lavoro), Alberto NOBILI (Finanze -Economia - Alimentazione), Don Luigi ZOPPETTI (Istruzione - Igiene - Culto -Beneficenza) poi sostituito da don Gaudenzio CABALA', Giacomo ROBERTI (Polizia e Personale) poi sostituito da Oreste FILOPANTI pseudonimo di Emilio COLOMBO, Severino CRISTOFOLI (Amministrazione della zona), Mario BANDINI (Stampa e Collegamento con l'Autorità militare) pseudonimo di Mario BONFANTINI, Luigi MARI (Affari tributari e finanziari) pseudonimo di Natale MENOTTI, Amelia VALLI (Assistenza e Collegamento con le organizzazioni di massa) pseudonimo di Gisella FLOREANINI, prima donna a ricoprire un incarico analogo a quello di ministro in una istituzione del territorio liberato. Funse da Segretario Generale della "Repubblica" anche Umberto Terracini, grande oppositore del fascismo, che in seguito divenne presidente dell'Assemblea Costituente della Repubblica Italiana dall'8 febbraio 1947 al 18 aprile 1948. Fra i numerosi esempi di zone libere o "repubblica partigiana" sorti in Italia durante la Resistenza - tra queste Montefiorino, la Carnia, l'Alto Monferrato e Alba per citarne alcune - quella dell'Ossola ebbe la caratteristica di unicità rispetto alle altre sia per la sua collocazione prossima alla frontiera con la Svizzera, con possibilità di contatti quasi diretti con il CLNAI, con Roma e con gli Alleati, e perché vi parteciparono anche personaggi che nel dopoguerra assunsero poi incarichi di responsabilità parlamentari, istituzionali e nei partiti della nuova Italia. La definizione "Repubblica dell'Ossola", ormai entrata nell'uso comune ed ampiamente utilizzata in documenti commemorativi ufficiali o in pubblicazioni storiche, in realtà fu una definizione successiva agli eventi. Nei documenti ufficiali di allora, quali i Verbali delle sedute della Giunta e poi ancora la Relazione ufficiale redatta dopo la rioccupazione della Valle, venne utilizzata esclusivamente la dizione "Giunta provvisoria di governo dell 'Ossola" o anche "della zona liberata". L'attività della Giunta Provvisoria di Governo si protrasse per sei settimane, dal 10 settembre al 23 ottobre 1944, quando l'Ossola venne rioccupata dalle forze nazi-fasciste impegnate nell'operazione "Avanti" e le forze partigiane, numericamente inferiori per uomini ed armamenti e non avendo ricevuto gli attesi rifornimenti a suo tempo promessi dagli alleati, dovettero ripiegare in altre vallate o sconfinare in Svizzera, spesso inseguiti fino all'ultimo dagli attaccanti e con scontri, come quello dei Bagni di Craveggia, che costituirono violazione della neutralità elvetica. Nell'inverno 1944-45 solo alcune formazioni, quali le "Garibaldi" e la "Valtoce", continuarono ad operare in zona, preparando l'insurrezione di primavera con costanti attacchi di logoramento contro le forze di occupazione. La definitiva liberazione dell'Ossola, nel corso della quale venne anche salvato da sicura distruzione il tunnel del Sempione, distruggendo l'esplosivo già portato a Varzo, ebbe luogo il 24 aprile del 1945, ad opera delle unità partigiane rimaste in zona dopo la rioccupazione dell'autunno precedente o rientrate dalla Svizzera ed il contestuale ritiro verso sud dei reparti tedeschi e della RSI, che per raggiungere Novara, dove si arresero, si congiunsero con la colonna Stamm partita dal Lago Maggiore. Nel 1945 venne concessa alla Valle dell’Ossola ed assegnata al Gonfalone della città di Domodossola, una Medaglia d'Oro al Valor Militare con la seguente motivazione: "Mentre più spietata infieriva l’oppressione germanica e fascista, con il valore e con il cruento sacrificio delle formazioni Partigiane e con l'entusiastico concorso delle popolazioni, insorgeva animosamente. Liberato il primo lembo di territorio alle frontiere, costituitasi in libero reggimento di popolo, l'uno e l'altro difendeva contro un nemico inferocito e preponderante per numero e per mezzi. Ravvivava così negli Italiani la fede nell’avvento della democrazia e additava la via alla insurrezione nazionale liberatrice". Valle dell'Ossola, 9 settembre - 15 ottobre 1944Dal 1979 un monumento, opera di Giuliano Crivelli, è sorto nel parco nei pressi della stazione ferroviaria internazionale, per ricordare con la metafora dell'araba fenice, ovvero la libertà che rinasce dalle ceneri della dittatura, l'esperienza della "Repubblica. Presso il Palazzo di Città di Domodossola, che nel settembre e ottobre 1944 fu sede della Giunta Provvisoria di Governo della "Repubblica dell'Ossola", è ospitata nella sala consiliare al primo piano una mostra permanente dedicata alla Resistenza ossolana ed all'esperienza dei "40 giorni di libertà". Nei pannelli alle pareti sono esposte, corredate da sintetiche didascalie, fotografie d'epoca e cartine dell'Ossola in cui sono ripercorse le fasi della sua liberazione ma anche le vicende storiche che interessarono la zona dall'armistizio dell'8 settembre 1943 - 24 aprile 1945 insieme a documenti originali dell'epoca e fra questi copie dei giornali, atti della Giunta Provvisoria di Governo, materiale propagandistico diffuso dalla Repubblica Sociale Italiana e dalle forze di occupazione tedesche.PALAZZO SILVA (monumento nazionale) Palazzo Silva è un raro esempio di casa nobile tardorinascimentale, uno degli edifici più significativi del Piemonte. Le vicende che riguardano l’origine del palazzo sono molto complesse e pare infatti che esistesse già nel 1348. Divenne in seguito dimora urbana della nobile famiglia Silva, la cui sede stabile era nel gran castello di Crevoladossola. Nel 1402 Palazzo Silva altro non era che una casa grande e nel 1476 le diede nuova forma Giovanni Antonio Della Silva. Nel 1520 il figlio Paolo, condottiero al servizio di Francesco I di Francia, aggiungeva verso nord un altro corpo di fabbrica, sempre a due piani, arricchito da finestre e porte finemente scolpite. Con questo intervento i Silva - il cui stemma rappresenta un leone d’oro rampante con doppia chiave d’argento e riporta sulla fascia il contrassegno del giglio francese - s’imposero come principale famiglia signorile in Domodossola ed il palazzo acquisì la dignità di residenza ufficiale. I lavori di rinnovamento furono poi completati verso la fine del XVI secolo da Francesca Arconati, moglie di un nipote di Paolo. Nel 1620 Guglielmo Silva completava invece l'originaria casa, costruendo l'ultimo piano ed uniformando il tutto. Rimasto in possesso dei Silva sino alla fine del XVIII secolo, dopo la morte dell’ultimo discendente il palazzo subì un progressivo decadimento. Nel 1882, venne acquistato dalla Fondazione Galletti per restaurarlo e adibirlo a sede delle proprie collezioni museali. Il restauro eseguito tra il 1882 e il 1886, comportò il ripristino dell’edificio all'assetto seicentesco, eseguito in modo estremamente attento ed innovativo per l'epoca: furono eliminate tutte le strutture e modifiche incongruenti, ricomposti soffitti, pavimenti, serramenti, rifatte le vetrate, risistemati gli interni e, a lavori ultimati, vennero subito poste le collezioni. Gli ultimi interventi che hanno interessato Palazzo Silva risalgono al 1996, anno in cui il Comune di Domodossola ha dato avvio ai lavori di recupero, operando una suddivisione razionale delle collezioni e individuando i pezzi maggiormente degradati in funzione di un loro successivo restauro. Molto materiale è stato accuratamente imballato e ritirato. Ed ecco l’assetto attuale del museo: Al pianterreno, nella Sala d'Armi figurano numerose panoplie con pugnali, spade, alabarde, ronconi e partigiane, un'armatura seicentesca, bandiere con gli stemmi delle famiglie nobili ossolane, Nella saletta di guardia, a fianco della sala d’armi, è visibile la raccolta di armi da fuoco (fucili e pistole) e di copricapi militari, oltre ad alcuni ritratti, in gran parte di personaggi in uniforme. La cucina è arricchita da sedie seicentesche e da due credenze della stessa epoca, una con una ricca collezione di peltri, un nutrito gruppo di utensili, delle misure ossolane, e altri quadri. La saletta successiva raccoglie finimenti da cavallo, serrature, chiavi, elementi di arma da fuoco, fibbie e cimeli vari, una portantina del XVIII secolo, due stipetti del XVI secolo, una sella ed un tabernacolo marmoreo proveniente dal castello dei Silva di Crevoladossola. Nell'andito si trovano sculture lapidee dal XII al XVI secolo, ed alcuni studi sei-settecenteschi per affreschi e sculture. Nell'ultima saletta, quella verso la scala, sono esposte armi della Prima Guerra Mondiale, una rara armatura giapponese da parata del XIX secolo, ed alcuni cimeli storici. Al primo piano il salone d'onore vanta due begli armadi settecenteschi con raccolte di vetri di Murano e ceramiche Veneziane e Savonesi; armi, magnifici vasi pseudopompeiani ed un singolare mobiletto con placcature di tartaruga; una vetrina contiene numerosissimi cimeli ed oggetti curiosi, mentre alle pareti sono esposti i quadri recentemente restaurati. Nella saletta delle udienze, una pregevole collezione di gioielli, di tabacchiere, di pettini ornamentali e di pipe è contenuta in una vetrina Impero, mentre al centro della sala un tavolino con piano in scagliola che riproduce carte da gioco fa da riscontro ad un divano "alla lombarda" del XVIII secolo; alle pareti opere di pittori vigezzini: Peretti (Lorenzo, Bernardino e Lorenzo junior), Sotta, Lupetti. La camera da letto vanta un bel letto vigezzino del XVII secolo, due inginocchiatoi scolpiti, un cassettone sormontato da uno stipetto in ebano ed avorio, un singolare comodino ovato; alle pareti una vera e propria pinacoteca con opere dal XVI al XVIII secolo. La cappella è dominata dall'altare con tabernacolo proveniente dalla Chiesa dei Cappuccini, ed è arricchita da uno splendido leggio in legno scolpito, cui si contrappone un tabernacolo dorato cinquecentesco; ancora quadri di soggetto sacro arricchiscono le pareti. Ad essa fa seguito la sacrestia, occupata da un grande armadio che contiene tutti gli oggetti d'uso sacro confiscati nel 1913 al parroco di Cuzzago e donati poi al Museo, oltre a reliquie ottocentesche ed altri oggetti di uso liturgico. Nell'ultima saletta domina un grande tabernacolo in legno, osso e tartaruga, contrapposto ad una magnifica porta scolpita seicentesca. Sulle pareti ancora opere di pittori vigezzini, tra i quali i ritratti dei due massimi benefattori del museo: Gian Giacomo Galletti e Giacomo Pollini. L'ultimo piano è per ora adibito a deposito delle rimanenti opere che compongono le collezioni del museo: archeologia, sculture lignee, pinacoteca, costumi ossolani, archeologia egizia, etnografia sudamericana.

Heroes:

Michele Marinello (ul sindic), l'Alfabeto, la ruota della fortuna (con mike buongiorno) e tutti i quiz in cui vengo nominata.

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Ecco qua. Il primo sondaggio by D di Domodossola!!! In risposta a questo post mettete un voto (da -10 a 10) all'amministrazione comunale del nostro bellissimo comune. Se avete voglia potete anche...
Posted by D di Domodossola on Mon, 04 Feb 2008 01:20:00 PST