Alì’nghiastrë, era da tempo che questo nome ritornava, scritto sui cartelli, sulle pagine di alcuni giornali, mi era capitato di vederlo stampato persino sulla copertina di un disco.Alì’nghiastrë, un nome a cui è difficile attribuire un significato, alì’nghiastrë, ho sempre pensato che fosse un insieme di errori di stampa, forse una parola onomatopeica.A pronunciarlo mi venivano in mente delle donne, legate ad un albero, che grattano con le unghie la corteccia e gridano il loro nome, "Alì’nghiastrë!", con tutto il fiato che hanno in corpo.Poi sono passati dei mesi interi senza che io ne sapessi più nulla, senza segni, arrivai quasi a dimenticarmene, mi occupai d’altro, a pensare di imparare una nuova lingua, a limare una mascella d’asino, coi denti a fare tic, tic ,tic.. mi si presentò una porta di vetro. Dietro, una scala scendeva in una stanza buia, colma di sedie rivolte ad un palco e sul palco li ho visti, tutti e quattro, a suonare.Delle donne legate all’albero ne era rimasta una in primo piano, che cantava parole in lingue diverse, come una sarta, cuciva vestiti su misura per ogni presente. Tre uomini seduti ai suoi fianchi suonavano strumenti a corde e mantice, impegnati a fornire a tempo i bottoni, gli spilli, il gessetto e la stoffa, si scambiavano sorrisi e sudore.Musica popolare a Sud. Musica di un luogo in mezzo al Mediterraneo dove tutte le anime dei Sud d’Italia si parlano, si guardano in trasparenza e tessono sottili tele turchesi. I suoni che galleggiano tra l’afa a levante e il vento d’Africa riportano echi di canti di lavoro, di serenate d’amore e di sonate improvvisate a festa, lasciando accanto all’ascoltatore sonorità legate al mare ed alla sabbia, avvinghiate alla storia ed alla profondità oscura dei sentimenti.
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