About Me
Make your own map now! | Myspace Layouts | Myspace Graphics
Il sito ufficiale su Otranto e l'area ad essa circostante.
Una terra millenaria ricca di monumenti megalitici, chiese barocche, sterminati uliveti e spiaggie favolose.
STORIA:
In epoca romana Otranto era conosciuta come Hydruntum, dal nome del torrente Hydrus nella cui vallata sorge la città . Altre fonti [1] danno tuttavia come nome latino Odruntum, termine sempre tuttavia legato alla parola acqua, precisamente al termine messapico "Odra", appunto acqua.
Otranto fu centro bizantino e gotico, poi normanno, svevo, angioino e aragonese. Nel 1480 fu espugnata dai Turchi, che fecero strage della popolazione durante la Battaglia di Otranto, uccidendo 800 otrantini e distruggendo anche il Monastero di San Nicola di Casole (poco a sud di Otranto). In tale monastero, i monaci basiliani avevano costituito la più vasta biblioteca dell'allora occidente oltre ad aver istituito la prima forma di college nella storia, che ospitava ragazzi provenienti da tutta Europa che si recavano a Otranto per studiare. Fu uno di questi monaci (Pantaleone) l'autore del monumentale mosaico pavimentale (il più grande in Europa) contenuto nella cattedrale. I Codici prodotti in questo monastero sono ora custoditi nelle migliori biblioteche d'Europa, da Parigi a Londra, da Berlino a Mosca.
CATTEDRALE DI OTRANTO:
Eretta nel 1088, la Cattedrale misura m. 54 di lunghezza e m. 25 di larghezza ed è la più grande tra tutte le Chiese di Puglia. Costruita su 42 colonne monolitiche e tutte di riporto, diverse per qualità del granito e del marmo, per stile e tempo di produzione di cui si ignora la provenienza. Composta da 23 semicolonne che formano 45 campatele quadrate più tre dell'abside centrale suddivisi in 5 filari per 9. Alcune delle colonne sono lisce ed altre ricoperte da scanalature, per mezzo della disparità dei materiali, grazie ad una disposizione sapiente, creano l'effetto di grande omogeneità e non di confusione.
Sulla facciata a doppio spiovente spicca un portale barocco del 1764 e un rosone rinascimentale a 16 raggi con fini trafori gotici di forma circolare con transenne convergenti al centro, secondo l'arte gotico-araba della fine del XV sec. Il soffitto della navata centrale è formata a cassettoni in legno dorato e risale al 1698 mentre il paliotto dell'altare maggiore, in argento, è opera di oreficeria napoletana del '700.
Alcuni affreschi parietali situati all'interno del tempio e nella cripta, evidenziano tracce bizantine. Il pavimento a mosaico, in tessere policrome di calcare locale durissimo, è stato eseguito tra il 1163 e il 1166 da un prete dell'abbazia di S. Nicola di Casole. Questa vera e propria opera d'arte, unica nel Mezzogiorno, resistette all'invasione turca del 1480. Nella navata destra, racchiusa nell'abside, si conservano le ossa dei Martiri di Otranto, in sette grandi armadi e in parte anche nella Chiesa di Santa Caterina a Napoli. Sono i resti di ottocento e più cittadini sgozzati dai Turchi sul Colle di Minerva il 14 agosto 1480, per non aver voluto rinnegare la fede cristiana. Otranto, per questo evento glorioso, è chiamata anche la 'Città -martire'.
Sempre all'interno della cattedrale, un altro ambiente di grande valore storico e artistico che risale al secolo XI è quello della cripta, dalla forma semianulare, con tre absidi sporgenti e cinque navate. I meravigliosi capitelli risalgono ad ascendenze diverse, dal dorico-romanico, al corinzio e allo ionico. I moderni restauri la hanno liberata dalle soprastrutture barocche settecentesche.
CASTELLO DI OTRANTO:
Il Castello di Otranto è uno dei vanti della città e di tutta la Puglia. Le sue antiche origini ne fanno uno degli edifici più vecchi di Otranto. Fatto costruire da Ferdinando I d’Aragona tra il 1485 e il 1498, il castello fu ideato da Ciro Ciri con la consulenza di Francesco di Giorgio Martini. Al tempo in Piazza Castello, luogo dove si trova l’edificio, si ergevano delle fortificazioni risalenti al periodo della dominazione sveva con l’aggiunta dei ritocchi operati dai turchi intorno al 1480. Sotto la giurisdizione aragonese, il castello venne circondato da un alto fossato e Ciri vi fece aggiungere tre torrioni cilindrici angolari. Sebbene la pianta del castello sia pentagonale, essa risulta piuttosto irregolare soprattutto a causa dei successivi rifacimenti risalenti al secolo XVI. Nel 1578 infatti, sul lato dell’edificio che da sul mare, venne aggiunto un bastione a lancia con dei baluardi esterni per avvistare l’arrivo di navi e flotte nemiche. Sul bastione sono incisi gli scudi gentilizi di Antonio da Mendoza e di Don Pedro da Toledo, allora signori della città , mentre sul portone d’ingresso è scolpito lo stemma di Carlo V.
IL MARE E LA COSTA:
Pochi km a nord della città si trovano i Laghi Alimini e, sulla costa, la pregiata Baia dei Turchi. Tra i tratti di costa ancora incontaminati si segnalano inoltre la scogliera della Specchiulla e la spiaggia di San Giorgio.
Porto Badisco è una nota località balneare situata nel territorio del comune di Otranto. Meta turistica di notevole interesse storico-paesaggistico, essa si affaccia sul mar Ionio (trovandosi a sud di punta Palascia, convenzionale confine tra mar Adriatico e Ionio), dista 35 km da Lecce, 8 km da Santa Cesarea Terme e 15 km da Castro. Secondo la leggenda fu proprio Badisco il primo approdo di Enea, protagonista dell'Eneide di Virgilio: l'eroe vi avrebbe fatto scalo nel suo viaggio in Italia dopo la fuga da Troia. A Porto Badisco si trova inoltre la Grotta dei Cervi, che contiene importanti graffiti paleolitici ed è caratterizzata da numerosi anfratti e calette di rara bellezza.
Dall'ottobre 2006 parte del territorio di Otranto rientra nel Parco della costa di Otranto-Santa Maria di Leuca e del bosco di Tricase, istituito dalla Regione Puglia allo scopo di salvaguardare la costa orientale del Salento, ricca di pregiati beni architettonici e di importanti specie animali e vegetali.
EVENTI:
Otranto, luogo simbolo del Mediterraneo, crocevia di culture, intreccio di civiltà celebra il legame della Puglia con la civiltà mediterranea attraverso una rassegna di Arte, Cultura, Ambiente, Musica e Spettacoli denominata "Alba dei Popoli" (31 dicembre - 1° gennaio). "Alba dei popoli" è un’iniziativa che prende spunto dalla forza simbolica esercitata dal "primo sorriso del sole" del nuovo anno all’Italia. La luce che giunge dall’Oriente illumina proprio questa estrema frontiera dell’Europa con i suoi primi raggi. La storia antica e recente di Otranto, fondata sul dialogo tra le culture e sulla solidarietà , ha ispirato a partire dal 2000 questa iniziativa condotta congiuntamente dalla Provincia di Lecce e dal Comune di Otranto. Una serie di manifestazioni collaterali ispirate ai temi dell’ambiente, della solidarietà e del dialogo tra le culture accompagnano nel percorso che conduce all’alba del 1° gennaio del nuovo anno. Questa edizione vede la collaborazione di una serie di Enti e strutture da anni impegnate su questi temi.
800 MARTIRI:
Dopo aver raggiunto il suo massimo splendore nei secoli X-XV, Otranto rimase vittima della conquista di Gedik Ahmed Pascià , inviato da Maometto II. I cittadini resistono all’assedio dopo aver visto arrivare via mare l’armata turca composta da 90 galee e 18mila soldati. Per giorni le bombarde degli assedianti rovesciano sulla città centinaia di palle di pietra, e all’alba del 12 agosto 1480 riescono a sfondare aprendo una breccia sulle mura: «I cittadini resistendo ritiravansi strada per strada combattendo, talché le strade erano tutte piene d’homini morti così de’ turchi come de’ cristiani er il sangue scorreva per le strade come fusse fiume, di modo che correndo i turchi per la città perseguitando quelli che resistevano e quelli che si ritiravano e fuggivano la furia non trovavano da camminare se non sopra li corpi d’homini morti». Uomini, donne e bambini cercano rifugio nella cattedrale, ma anche qui i turchi sfondano il portale e si ritrovano davanti il vescovo Stefano Pendinelli, che brandisce la croce: «Sono il rettore di questo popolo e indegnamente preposto alle pecore del gregge di Cristo», dice. Gli invasori, dopo avergli invano intimato di non nominare più Gesù, lo decapitano con un solo colpo di scimitarra. Il giorno successivo, il pascià chiede la lista di tutti gli abitanti fatti schiavi, ad esclusione delle donne e dei bambini sotto i 15 anni. Sono circa ottocento. Un prete apostata, per volere del comandante turco, invita a tutti ad abbandonare la fede cristiana per abbracciare quella islamica. Se non lo faranno, verranno trucidati. Uno dei prigionieri, Antonio Primaldo, un vecchio sarto, risponde: «Crediamo tutti in Gesù, figlio di Dio, siamo pronti a morire mille volte per lui». E aggiunge: «Fin qui ci siamo battuti per la patria e per salvare i nostri beni e la vita: ora bisogna battersi per Gesù Cristo e per salvare le nostre anime». Il pascià chiede anche agli altri che cosa intendono fare, e questi, dandosi l’un l’altro coraggio, gridano di essere pronti a subire qualsiasi morte pur di non rinnegare Cristo. Vengono tutti condannati a morte, a cominciare proprio dal sarto che per primo aveva parlato.
Il 14 agosto ha inizio la tremenda carneficina delle decapitazioni: il colle della Minerva rimane rosso di sangue, coperto quasi del tutto dagli ottocento corpi. Tra i vari eventi prodigiosi che raccontano le cronache, c’è il fatto che nonostante la decapitazione, il tronco di Primaldo sarebbe rimasto fermo in piedi, al suo posto. Un fenomeno che provocherà la conversione di uno degli esecutori della strage, a sua volta impalato dai commilitoni. L’effetto psicologico dell’eccidio è devastante: il Papa Sisto IV, appresa la notizia, inizia i preparativi per fuggire ad Avignone. Ma il destino dell’Europa non è segnato. Otranto viene infatti riconquistata dagli Aragonesi un anno dopo, i corpi dei martiri sono ritrovati, sempre stando alle cronache antiche, incorrotti, con il volti sorridenti e gli occhi rivolti al cielo, e il 13 ottobre 1481 vengono trasportati all’interno della cattedrale cittadina e della chiesa di Santa Caterina a Formiello, a Napoli.
I fedeli cominciano quasi subito a invocare gli ottocento come santi martiri. Che secondo la tradizione si sarebbero impegnati per evitare alla città nuovi sbarchi di turchi.