About Me
Mi chiamo Giovanni Agnelli ma tutti mi chiamano Gianni, meglio conosciuto come "l'Avvocato", per molti anni sono stato il vero e proprio emblema del capitalismo italiano. Sono nato a Torino il 12 marzo 1921 e i miei genitori mi chiamano con il nome del mitico nonno, il fondatore della Fiat, quella "Fabbrica Italiana Automobili Torino" che io stesso porteò ai suoi massimi fulgori dopo gli anni passati come apprendistato, in qualità di vicepresidente, all'ombra di Vittorio Valletta, altra grande figura manageriale che ha saputo guidare l'azienda torinese con sagacia ed eccellenza dopo la scomparsa del nonno fondatore avvenuta nel 1945.Non subito mi sono messo alla guida della FIAT, orima mi sono goduto la vita.
Poche persone al mondo si son godute la giovinezza come ho fatto io. Intanto già nel 1947 divengo Presidente della squadra di calcio che mio padre Edoardo aveva portato al ruolo di "prima donna" nel calcio italiano: la Juventus, squadra a cui rimarrò affezionato per tutta la vita. Giovane, elegante, affascinante, con tanto tempo libero e tanto denaro a disposizione, modestamente ero un tombeur de femmes. La mia irrequietezza era quasi patologica: viaggio in continuazione in tutto il mondo, frequentando i luoghi più mondani d'Europa, le persone più famose del jet-set internazionale: attrici, principi, magnati, uomini politici (i miei rapporti di amicizia con John Fitzgerald Kennedy risalgono a quegli anni).Il mio ingresso nella stanza dei bottoni, quello che mi conferirà il potere assoluto, è datato 1966, quando mi viene finalmente conferito l'incarico di Presidente della FIAT. Da quel momento in poi per molti, sono stato il vero monarca italiano, quello che nell'immaginario collettivo ha fatto le veci della famiglia reale esiliata da un decreto costituzionale.Ho carattere forte e comprensivo, tendente alla mediazione e alla ricomposizione delle contraddizioni, e nonostante le difficoltà riesco a traccheggiare la Fiat verso lidi sicuri. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e dal 1974 al 1976 sono eletto a gran voce Presidente della Confindustria, in nome di una guida che gli industriali vogliono sicura e autorevole. Anche questa volta, il mio nome è visto come garanzia di equilibrio e di conciliazione, alla luce della ingarbugliata situazione politica italiana, simbolo evidente delle più clamorose contraddizioni.Dopo le crisi in azienda degli anni '70 riparto di slancio e su nuove basi. Affiancato da Cesare Romiti, rilancio la Fiat in campo internazionale e, in pochi anni, la trasformo in una holding con interessi assai differenziati, che non si limitano più al solo settore dell'auto (in cui fra l'altro aveva ormai assorbito anche l'Alfa Romeo e la Ferrari), ma vanno dall'editoria alle assicurazioni.La scelta, al momento, risulta vincente e gli anni '80 si rivelano fra i più riusciti di tutta la storia aziendale. Mi consolido sempre di più come il re virtuale d'Italia. I miei vezzi, i miei nobili tic vengono assunti come modelli di stile, come garanzia di raffinatezza: a cominciare dal celebre orologio sopra il polsino, fino all'imitatissima erre moscia e alle scarpe scamosciate.Intervistato dalle riviste di mezzo mondo, mi posso permettere giudizi taglienti, a volte solo affettuosamente ironici, su tutti, dai politici in carica, agli amati giocatori dell'altrettanto amata Juventus, la passione parallela di una vita (dopo la Fiat, si capisce); squadra di cui, curiosamente, ho l'abitudine di guardare prevalentemente un solo tempo, il primo.Nel 1991 sono nominato senatore a vita da Francesco Cossiga mentre, nel 1996 passo la mano a Cesare Romiti (rimasto in carica fino al 1999). E' poi la volta di Paolo Fresco presidente e del mio ventiduenne nipote John Elkann consigliere d'amministrazione, succeduto all'altro nipote, Giovannino (figlio di Umberto e Presidente Fiat in pectore), scomparso prematuramente in modo drammatico per un tumore al cervello. Brillante e assai capace, doveva essere lui la futura guida dell'impero Fiat. La sua morte ha sconvolto non poco non solo me, ma tutti i piani di successione dell'immensa azienda familiare. In seguito, un altro grave lutto colpirà la mia vita, il suicidio di mio figlio Edoardo, vittima di un dramma personale in cui forse si mescolano (stabilito che è sempre impossibile calarsi nella psiche altrui), crisi esistenziali e difficoltà a riconoscersi come un Agnelli a tutti gli affetti, con gli onori ma anche gli oneri che questo comporta.Il 24 gennaio 2003 Gianni Agnelli, dopo una lunga malattia mi spengo. La camera ardente viene allestita nella pinacoteca del Lingotto, secondo il cerimoniale del Senato, mentre i funerali si svolgono nel Duomo di Torino in forma ufficiale e trasmessi in diretta da Rai Uno. Seguiti con commozione da un enorme folla, le cerimonie mi hanno incoronato definitivamente: Gianni Agnelli, il vero monarca italiano,l'ultimo re d'Italia.