Giocavano contro la vecchiaia.
Erano quindi responsabili del rifiuto, dell’abbandono e spesso anche della soppressione dei vecchi, la scarsità di risorse e la mancanza di cibo. E’ facilmente comprensibile, infatti, la tendenza ad espellere dal tessuto sociale chi è improduttivo, per garantire la sopravvivenza del gruppo e quindi delle persone valide e dei bambini.
Questo fattore appare, nella maggior parte dei casi, determinante. L' emarginazione dei vecchi è ancora più comprensibile in società con una rigida e talora dispotica organizzazione gerarchica, nella quale gli adulti sono padroni di tutto, dispongono della vita e della morte dei figli, alimentando in questo modo sentimenti di odio e desideri di rivalsa.
Giocavano a favore dei vecchi.
Almeno fino a quando questi mantenevano vigore ed autosufficienza, la esperienza ed il patrimonio di conoscenza. In società primitive, in cui il tempo scorre immutabile, senza alcun cambiamento, diventa prezioso per la comunità chi, meglio di tutti, conosce i modi per procurare il cibo e le tecniche per coltivare e per cacciare. Il vecchio è testimone di avvenimenti lontani, conosce riti e canti tribali e lega pertanto la comunità al suo passato. Essere vecchi, inoltre, è un' eccezione, un grande segno di distinzione. Essi sono alle soglie della morte e sono quindi i migliori mediatori tra questo mondo e l’altro. Si trovano, in certo modo, oltre la condizione umana ed immunizzati dai pericoli soprannaturali da cui questa è minacciata.
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