Quelli che bruciano la frontiera,
è la traduzione di harraga, termine che in arabo designa i migranti clandestini, quelli che attraversano il Mediterraneo su scafi vecchi e stracarichi alla ricerca di fortuna sulle coste europee e che troppo spesso ci annegano in quel mare; è anche il titolo scelto per questo secondo progetto che unisce nuove musiche alle parole poetiche di Moncef Ghachem e mie.
Forse perché questi sono anni particolarmente difficili per le popolazioni che abitano sulle coste del Mediterraneo, questo lavoro è più duro, più ‘politico’, più compatto rispetto al precedente reading Dalle sponde del mare bianco, presentato con i Dounia in Italia e Tunisia in tempi recenti. Rimane sempre il canto palestinese di Faisal Taher, il calore acustico delle musiche, il respiro alto della poesia di Ghachem, declinata ancora una volta in francese e tunisino, che si incontrano con la musica dolente del siciliano.
Due lingue, due mondi che si guardano attraverso lo specchio del mare, del tentativo di conoscere e della disperazione, dell’amore e del sogno. Testimonianza di un’amicizia e di un dialogo ancor più che possibile necessario, in anni dove le ragioni del cuore e dell’intelligenza cedono quotidianamente il passo all’odio e alle armi.
Biagio Guerrera