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Dasvidania

About Me



La musica dei Dasvidania è sospesa tra malinconia e gioia di vivere ed è colma di sentimento e percorsi immaginari. La loro sonorità, che trova radici nello stile classico, si caratterizza per la mescolanza di generi e segni di diversa derivazione quali la musica elettronica, i canti popolari e il "mod" inglese ed è espressione di una sicilianità colta e raffinata.

LA NOSTRA AVVENTURA


1994

My Interests

Music:

Member Since: 5/29/2007
Band Website: www.dasvidania.com
Band Members:
Davide Matera violino - computers
Marcello Matera voce - chitarra elettrica
Andrea Le Moli chitarre
Pietro Chiaramonte basso elettrico
Influences: [email protected]
Sounds Like:

Dèlivré nous du temps, music davide matera, dasvidania

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Luisiana

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Scozia live in Palermo

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Dasvidania: Scozia

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Certo è strano come stile e continuità possano anche significare corsa costante ad innovarsi, in certo modo vera e propria impossibilità fisica a restare chiusi in una forma stabile; ancor più strano come l’istinto anarchico e iconoclasta possa alla fine produrre un percorso unitario di attraversamento della forma-canzone che ha pochi referenti nella musica italiana di oggi. Eppure non è da oggi che Dasvidania è un modo di fare musica che non conosce regole di esclusione tra generi, ritmi, suoni e contaminazioni. Era il 1995 e “Leningrado” iniziava a stupire.

Stupisce ancora oggi per essere disco nordico, a metà tra elfico e celtico, con quel suono che attraversa come vento freddo e malinconico e intanto riempie, sostiene, tiene aperti spazi e lontananze. Attrae e respinge, “Leningrado”, come le sue parole tengono a distanza fino al punto in cui c’è almeno un verso ad ogni passo che è tuo, perché ti viene regalato al modo in cui forse non avresti creduto di poterlo pronunciare. E’ fusione ribollente di nostalgie e violenze, ritratto di un mondo ritmico dove le solitudini giocano libere e l’umanità si disperde e si ricompone secondo leggi di avvicinamento che non si possono ricostruire ma solo, forse, cantare e raccontare.

Certo in “Trentamila Leghe” cambia tutto. Siamo nel 1997 è la neve si è sciolta, lasciando emergere la pietra e la roccia. Il suono si apre, libero a distinguere cose, forme, colori; la solitudine si incrina e altre genti popolano la terra. La malinconia se c’è è affidata a ricordi che non smettono di bruciare.
Quasi inevitabile che il passo successivo sia un disco, “High Länder”, 1999, che racconta in simboli e musica epopee di popoli e singoli, esodi e ritorni, pellegrinaggi e colonizzazioni.

E che il suo spazio sia un confine mistico universale ma al tempo stesso una longitudine precisa, quella linea che taglia in due la Sicilia isola del vento, pietra eruttata dal ventre del mondo e abbandonata a bruciare al sole. Se “High Länder” parla la lingua dei kossovari, dei tibetani, dei profughi di tutte le guerre e racconta i nomadi di tutte le fughe è perché nasce in Sicilia, archetipo di tutti i paesaggi a venire e simbolo di ogni desertificazione possibile. Non stupisce che il siciliano sia per i Dasvidania l’autentica lingua franca, una liturgia laica che libera e affratella e che gli incisi dialettali di High Länder diventino paradossalmente il veicolo più forte e immediato di comunicazione con le altre tribù del mondo.

Forse stupisce di più il fatto che quello che segue, The extended play, 2004, sia un disco che è già simbolo perché sta per qualcos’altro, annuncio di un qualcosa di più grande che in esso si prepara.

Che si presenti in inglese e inizi in un siciliano che entra nel cuore, e che in lui si perpetui l’ennesima svolta: un ritorno, nei suoni, nei colori e nei ritmi, all’Europa, all’america, all’occidente. Ma The extended play è il gioco che non finisce, apparentemente il contrario di ogni autentico gioco eppure l’unico modo possibile di stare in esso. E’ il senso di una rappresentazione infinita, The extended play, “una finzione estesa a tutta l’esistenza, la maschera che non possiamo più staccare dalla carne, che brucia la pelle e ci costringe a incarnare sempre nuove versioni di noi stessi”. Certo che è un bel cambiare, dai suoni e dai colori di una volta. “Certo che così sembriamo più mimetici che riconoscibili, più altri che identici, e ancora più anarchici, sempre al di qua di ogni appartenenza e rivendicazione di parte (ma di qualsiasi parte)”. Certo che così la fine di un disco non è mai conclusa ma sempre, sospesa, e il congedo da un racconto quasi sempre l’inizio di un altro. “…Ma è il senso del nostro tornare comunque in Sicilia, a casa, rispetto al quale anche il passaggio a occidente è in fondo solo una tappa”.
Record Label:
Type of Label: Indie

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Posted by on Mon, 03 Nov 2008 10:41:00 GMT

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Posted by on Mon, 29 Oct 2007 10:41:00 GMT